La proposta dei Female engagement team (Fet) impiegati nei teatri operativi internazionali rappresenta un capitolo poco noto e affascinante del ruolo, più ampio, esercitato dall’implementazione della prospettiva di genere, contenuta nella Dottrina Nato e nelle Risoluzioni Onu, a partire dalla capostipite “Donne, pace e sicurezza” (n.1325/2000). Tra le funzioni principali dei Fet, rientrano l’interazione con la popolazione civile, in particolare con donne e bambini; la raccolta di informazioni sulla popolazione locale e, nello specifico, sulla condizione femminile.
Attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia con la popolazione femminile locale, si riesce a svolgere più facilmente un’attività di coordinamento e supporto delle relazioni tra le forze militari presenti e le organizzazioni governative locali, con lo scopo di rafforzare gli sforzi comuni per un miglioramento complessivo dello sviluppo della governance, dell’economia locale e delle condizioni di vita. Il ruolo svolto dai Fet negli scenari internazionali si esercita attraverso progetti mirati di inclusione sociale ed economica della componente femminile.
L’attenzione specifica rivolta alla popolazione femminile nelle missioni di pace, si basa anche sulla consapevolezza che le donne rappresentano una fonte di informazione importante ed imprescindibile per contestualizzare le attività operative e di pianificazione. In Italia esistono, per il nostro personale militare femminile, corsi annuali di formazione per il Female engagment team, l’ultimo in ordine di tempo, è quello svoltosi a maggio scorso presso il Multinational Cimic Group di Motta Di Livenza, in provincia di Treviso. I corsi prevedono una formazione teorica, con lezioni frontali sulla Dottrina Nato, su quella Cimic e sugli asset Cimic, sulla prospettiva di genere e la cooperazione civilemilitare; nonché panel di discussione e simulazioni con Role-game.
L’impiego dei Fet italiani nei teatri, accanto agli altri dell’Alleanza, ha ormai una tradizione consolidata; dall’Afghanistan al Libano e non solo e, come non ricordare l’esperienza del “Team Delta” nel sud del Libano nel 2007, una “squadra” composta da soldati donna dell’Esercito italiano, impegnata in progetti di conoscenza e di collaborazione con il mondo femminile libanese. L’attività dei Fet si basa e conferma un concetto chiave: la prospettiva di genere vuole interpretare le differenze tra i due generi e investire su di esse; è un approccio trasversale che consente di individuare la soluzione migliore e più rispondente al bisogno. È utile, ad esempio, consultare le donne di un villaggio afghano per la costruzione di una scuola femminile, chiederanno muri alti intorno all’edificio per consentire alla ragazze di frequentarla! Ma anche nella costruzione di un’opera infrastrutturale come un ponte, è necessario considerare il punto di vista di genere: gli uomini lo attraverseranno in macchina, le donne a piedi e sarà quindi inevitabile prevedere anche la zona di transito pedonale.
Il punto di vista di genere, ad esempio, conta anche nella pianificazione delle operazioni di sminamento, in considerazione del tasso di alfabetizzazione femminile, di gran lunga inferiore a quella maschile, si richiederà l’aggiunta di foto ai segnali di pericolo nelle aree interessate. E gli esempi potrebbero continuare, infatti esiste, ormai, una letteratura scientifica e codificata di “casi” ed esempi concreti, utili al successo delle operazioni ed alle attività dei contingenti impegnati nei teatri; e il Fet rappresenta uno strumento ottimo per la necessaria analisi della situazione di contesto, per la programmazione e la pianificazione, basate sul punto di vista e sui bisogni diversi degli uomini e delle donne