Nel Vecchio continente sta andando in scena una partita a scacchi complessa e intricata. L’ultima mossa di Emmanuel Macron si chiama “European intervention initiative” e punta a creare una struttura estranea all’Unione europea e alla Nato che dovrebbe servire per garantire una risposta rapida in caso di crisi, militari e civili. Angela Merkel segue il presidente francese e conferma che, per quanto usurato, l’asse franco-tedesco è solido. Il nuovo governo italiano arrocca e attende che Parigi sveli l’ambizione alla leadership continentale nel campo della Difesa. Intanto, anche da oltreoceano spirano venti di scetticismo, a poche settimane dal Summit dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles e nel giorno in cui il consigliere di Donald Trump per la Sicurezza nazionale John Bolton è a Roma per una serie di incontri istituzionali. Ieri, nove Paesi hanno firmato una lettera di intenti sull’European intervention initiative, esplicitamente proposta dall’inquilino dell’Eliseo a settembre dello scorso anno. Delle ambizioni di Parigi, della posizione italiana e dei rischi per la Nato abbiamo parlato con il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai) e già capo di Stato maggiore della Difesa, e con il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica.
LE AMBIZIONI FRANCESI
A prevalere sembra essere una certa perplessità per un progetto che, ad ora, pare avere poca chiarezza sugli aspetti operativi. L’origine dell’iniziativa è da rintracciare dunque “nella delusione francese per quello che è accaduto alla Pesco”, ha spiegato Camporini ricordando come Parigi volesse una cooperazione ristretta a pochi Paesi, e non uno strumento che, con 25 Stati aderenti, rischia di restare piuttosto macchinoso. “La Francia voleva qualcosa di diverso, ma la Germania non ha voluto – ha aggiunto il generale – e così ora è arrivata una proposta al di fuori di ogni schema esistente, e che risponde anche al desiderio di tenere il Regno Unito legato al sistema di difesa europeo”. D’altronde, gli ha fatto eco Tricarico, “Parigi ci ha abituato a iniziative confezionate più per la platea e per i plausi di consenso che non per risolvere un problema vero; e non vorrei che ci trovassimo proprio in questa situazione”.
UNA NUOVA STRUTTURA CHE NON CONVINCE
Poi, ci sono i dubbi relativi alla capacità di garantire prontezza operativa con una cabina di regia che comprende nove voci diverse, dalla Spagna all’Estonia, dal Portogallo alla Danimarca. “Non si comprende bene al servizio di chi dovrebbe essere uno strumento così allargato, dato che non c’è una politica estera europea”, ha detto il generale Tricarico. “In passato, su tutte le principali questioni attinenti le aree di crisi, non mi sembra che, oltre a una condivisa preoccupazione, l’Europa abbia messo in campo un’idea comune che potesse essere servita anche con le armi. Sfogliando la storia più o meno recente – ha notato il presidente della Fondazione Icsa – pare che solo la questione legata al nucleare iraniano abbia fatto emergere un’intesa a livello continentale”. Dunque, “dal punto di vista operativo rimangono tutti i dubbi”, ha notato anche Camporini. “Quando si decide un’operazione, occorre coinvolgere tutti i partecipanti; questo è già difficile con due soggetti; con nove non si può sperare di avere reattività”, ha aggiunto il vice presidente dello Iai.
CONTRO-PROPOSTA OPERATIVA
Così, propone Tricarico, “sarebbe forse il caso che dall’intergovernativo, nel cui contesto si può collocare l’iniziativa francese, si faccia uno switch sul comunitario, visto che già l’Unione è dotata di un proprio organismo di pensiero che riunisce gli Stati maggiori di tutti i Paesi membri”. Proprio questo Comitato “ha ad esempio concepito la missione EuNavFor-Med Sophia; essa, a prescindere dal fatto che è stata un disastro, è un esempio di come l’Ue possa produrre un pensiero operativo”. In altre parole, ha aggiunto il presidente della Fondazione Icsa, “se si dovesse davvero procedere con un gruppo di intervento rapido, ciò sarebbe uno strumento in più da utilizzare in caso di necessità, ma sempre con l’assunto che ci sia condivisione sulle valutazioni del suo utilizzo, cosa che ad ora non sembra probabile”.
LA POSIZIONE ITALIANA
Considerando queste problematicità, la posizione italiana pare legittima. Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha espresso da subito le proprie perplessità alla collega francese Florence Parly, incontrata poco dopo l’insediamento nel corso della ministeriale della Nato. Tuttavia, ha notato Tricarico, “non ho visto nessuna manifestazione ufficiale o riflessione sull’argomento da parte del governo; e quindi aspetterei di sapere quali siano le motivazioni”. A tale scopo, tra l’altro, la deputata Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia nella commissione Difesa della Camera, ha già annunciato un’interpellanza al ministro della Difesa. Sulla stessa linea il generale Camporini, che si è detto “perplesso” della scelta italiana: “Per quanto l’iniziativa francese sia di carattere meramente politico, abbia contenuti piuttosto limitati e nasconda la volontà di Parigi di egemonizzare il dibattito in sede europea, non è non sedendosi ai tavoli che si può sperare di incidere sulle decisioni”. In altre parole, “non possiamo poi lamentarci di soluzione preconfezionate se non partecipiamo al confezionamento”, ha detto il generale dell’Aeronautica militare. D’altra parte, Camporini non crede che l’attendismo italiano sia da rintracciare nelle frizioni che, tra Roma e Parigi, stanno maturando su altri dossier, migrazioni in primis. “Se ci fosse da parte italiana desiderio di dare alla Francia un segnale di questo tipo, sarebbe molto idiota – ha chiosato il generare – anche se alcune dichiarazioni francesi restano assolutamente inaccettabili, e sarebbe il caso di chiedere delle scuse ufficiali”.
PROBLEMA DI COMPLEMENTARIETÀ CON LA NATO?
Ad ogni modo, scetticismo sulla proposta francese è emerso anche in ambito Nato. “Di fronte al semplice desiderio di Parigi di coagulare intorno a sé un certo tipo di consenso politico, l’Alleanza Atlantica già dispone di contenuti operativi con unità, squadroni aerei, battaglioni e altre forze concrete”, ha notato Camporini. Non intravede problemi di complementarietà invece il generale Tricarico: “I sospetti statunitensi che hanno sempre accompagnato le iniziative volte a creare uno strumento militare europeo – ha rimarcato – sono, oggi come allora, immotivate. Nel 1998, fu l’allora segretario di Stato americano, Madeline Albright, a coniare l’espressione delle tre D, secondo cui gli Stati Uniti avrebbero accettato la costruzione europea della Difesa purché avesse evitato il de-linking con l’Alleanza, duplication e discrimination. Ora – ha concluso Tricarico – le cose sono rimaste esattamente come allora, ma tutte le strutture potrebbero in realtà essere complementari e non confliggere tra loro”.