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No Minsk, no party. Sì a sanzioni (anche da Italia) e no agli aiuti a pmi russe

Di Valeria Covato e Emanuele Rossi

Nessun passo in avanti per far cessare i combattimenti nell’Est dell’Ucraina? Avanti con le sanzioni contro la Russia. I capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, riuniti da ieri per il Consiglio, hanno trovato un accordo per un nuovo rinnovo semestrale delle sanzioni economiche contro Mosca per il suo intervento in Ucraina. Alla fine della giornata di riunioni di ieri, il presidente francese, Emmanuel Macron, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno presentato un rapporto sulla mancata attuazione degli accordi di deconflincting siglati a Minsk, attestando l’assenza di un cessate il fuoco in Ucraina. Motivo per cui le sanzioni devono restare in piedi (come spiegato con molta semplicità da  tre tweet dell’ambasciata americana in Italia pochi giorni fa).

Le sanzioni erano state decise per la prima volta nell’estate 2014. Fu il governo italiano nel 2015 ad ottenere che i prolungamenti del regime sanzionatorio fossero semestrali e direttamente collegati ad una valutazione politica sullo stato di attuazione degli accordi di Minsk che cercavano di porre fine alla guerra tra la Russia e l’Ucraina. “In una delle ricorrenti fasi di nostra irritazione nei confronti di Bruxelles, Renzi aveva inteso segnalare che eravamo intenzionati a far valere un “nuisance value”, se non adeguatamente considerati”, ha ricordato pochi giorni fa l’ambasciatore Giancarlo Aragona in un report per l’Ispi in cui prevedeva che il presidente del Consiglio, al Vertice Ue, avrebbe dovuto fare i conti con “equilibri ispirati a diffidenza, se non ostilità, verso Mosca”.

Merkel e Macron hanno spiegato nella loro relazione di essere pronti ad avviare il piano di eliminazione delle sanzioni, ma soltanto dopo aver ricevuto dimostrazioni pratiche sugli impegni russi sugli accordi di Minsk.

L’intesa sulle sanzioni è arrivata durante la cena di lavoro di ieri sera, ed è stata unanime tra i ventotto Paesi membri, Italia compresa, nonostante la posizione essenzialmente contraria del governo italiano, rinnovata dal premier Conte due giorni fa parlando alla Camera degli obiettivi di Roma al vertice europeo.

Un cambio di rotta preannunciato da Salvini nei giorni scorsi, quasi a voler giustificare l’imminente scelta del premier Conte in seno al vertice Ue. “Le sanzioni contro la Russia sono inutili e dannose. Siamo pronti a passare dalle parole ai fatti”, ha detto dalla Libia il ministro dell’Interno in un’intervista alla tv russa Rossija 24 ripresa dall’agenzia Tass, promettendo che il governo avrebbe mantenuto il punto sulle restrizioni economiche contro Mosca per poi, come a mettere le mani avanti, sottolineare di essere i soli “contro il mondo intero”. Ricordiamo che della rimozione delle sanzioni e di un nuovo corso delle relazioni tra Occidente e Russia in campagna elettorale e nei primi passi dell’esecutivo legastellato ne ha fatto la bandiera, fino ad imprimerlo nero su bianco nel contratto di governo.

Conte intervenendo alla Camera aveva spiegato che eliminare le sanzioni sarebbe stato necessario per aiutare la “società civile russa”, che però non è colpita dalle misure restrittive Ue (concentrate su banche, tecnologia militare ed energetica e su alcuni oligarchi russi); e che allo stesso tempo avrebbe rinvigorito l’export italiano, che però non sembra particolarmente rovinato dalla situazione (i dati Eurostat, per fare un esempio, spiegano che le sanzioni europee nel 2017 hanno toccato solo il 2% dell’export lombardo, il 2,4% di quello emiliano e il 2,2% di quello veneto).

Intanto il Consiglio europeo ha bloccato lo scatto in avanti del presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte sulla Russia: lo sblocco dei finanziamenti della Banca Europea degli Investimenti (Bei) e della Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo (Bers) per le piccole e medie imprese russe – che secondo quanto riportato dal giornale economico russo Kommersant intende chiedere l’Italia, forse già al vertice in corso – sarebbe dovuto essere approvato all’unanimità, spiegano fonti interne all’Agi.

L’idea di passare dalla società civile per riagganciare il contatto con la Russia è legata al piano Mogherini per i rapporti Bruxelles-Mosca, in cui si prevede al punto 5 la possibilità di riaprire un rapporto iniziando dal sostegno alle piccole e medie imprese russe in rapporto con le Pmi locali come quelle italiane.

In una dichiarazione, i leader dell’Ue hanno anche ribadito il loro “pieno sostegno” per una risoluzione delle Nazioni Unite sull’abbattimento di MH17 sull’Ucraina orientale nel 2014, che ha ucciso oltre 200 passeggeri. Un’inchiesta ufficiale guidata dall’Olanda (che è il Paese che ha subito più morti) ha concluso che un sistema missilistico Buk russo partito da una base militare russa è stato utilizzato per abbattere l’aereo probabilmente dai ribelli separatisti filo-russi. La Russia nega ogni responsabilità.

La dichiarazione dell’Ue invita la Russia ad “accettare le proprie responsabilità e cooperare pienamente con tutti gli sforzi per stabilire verità, giustizia e responsabilità” in risposta all’incidente. Lo stop dei finanziamenti di Bei e Bers (che è partecipata da Stati Uniti, Canada e Giappone) alle Pmi russe non è legata alle sanzioni ma all’abbattimento del volo della Malaysia Airlines del luglio 2014.



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