Imprese, migranti, innovazione, lavoro, Donald Trump e la Cina. Menù decisamente ricco e al passo coi tempi quello dell’edizione numero 3o del seminario economico internazionale Villa Mondragone (25-27 giugno) organizzato dalla Fondazione Economia Tor Vergata. Il titolo scelto per quest’anno sarà Yearning for Inclusive Growth and Development, Good Jobs and Sustainability.
La prima giornata si terrà a Villa Mondragone (Monte Porzio Catone) e ad aprire i lavori sarà il Rettore di Tor Vergata, Giuseppe Novelli. Prevista la partecipazione di ospiti nazionali e internazionali, tra cui l’attuale Ministro dell’Economia Giovanni Tria, che presiederà la sessione China and sustainable global development e del premio Nobel Edmund Phelps terrà la lecture Will China out-innovate the west?. Presenti inoltre Elisabetta Belloni, Segretario Generale del Minstero degli Affari Esteri, e Luigi Paganetto (nella foto), presidente della Fondazione Economia e Gruppo dei 20 dell’Università Tor Vergata. E proprio Paganetto (qui una recente intervista a questa testata) spiega a Formiche.net il senso dell’edizione 2018 e le linee guida lungo le quali si muoverà il dibattito.
“Il tema centrale della nostra tre giorni saranno i cambiamenti delle politiche, economiche e sociali, indotte dalla crescente domanda di sicurezza delle famiglie e di protezione da quella parte del sistema economico che si sente minacciato dalla competizione internazionale e non trova la reazione necessaria. Intanto c’è la questione demografica e quella dei flussi migratori. Sono fenomeni di lungo periodo drammatizzati oggi dalla difficoltà dell’Europa di dare una risposta chiara nell’immediato e di spiegare che non c’è una relazione tra flussi migratori e peggioramento delle aspettative di reddito dei lavoratori meno qualificati”, spiega Paganetto.
Il cuore della kermesse di Villa Mondragone è però il lavoro. “Il mercato del lavoro sta cambiando, non c’è dubbio. La quota di occupazione presente nel manufatturiero sta calando. I salari monetari non crescono come accadeva in passato mentre crescono domanda e salari del lavoro più qualificato. Cresce la domanda del lavoro meno qualificato e non altrettanto quello delle qualifiche intermedie che rappresenta la quota maggiore del manufatturiero”.
Altro tema caldo su cui si cimenteranno i relatori, la guerra commerciale ingaggiata dalla Casa Bianca dell’era Trump. “La risposta giusta non è la politica dei dazi, che tende a diventare una guerra che se appare concentrata in alcuni settori come acciaio e alluminio finisce per essere legata, come emerge dal conflitto Usa-Cina, al dominio delle competenze tecnologiche negli scambi internazionali. Il fatto è che il sistema delle regole, quello degli accordi di scambio e l’atteggiamento verso l’etica del commercio non si sono adattati al nuovo peso dell’economia digitale. E la competizione per l’innovazione vede vincitori e perdenti con i paesi del sud est asiatico e la Cina che fanno grandi progressi verso attività produttive a maggior valore aggiunto nella catena internazionale del valore”.
E l’Europa? Che cosa dovrebbe fare il Vecchio continente mentre il mondo sembra sempre più polarizzato tra Usa e Cina? “La governance europea stenta molto a prenderne atto e varare le contromisure. Ciò è tanto più importante per i paesi come il nostro che crescono ad un ritmo più basso rispetto agli altri anche per aver adottato politiche anticicliche trascurando quelle strutturali”, chiarisce Paganetto.
La via d’uscita potrebbe essere ancora una volta il lavoro. L’economista spiega come “occorre investire sulle competenze e la loro riconversione, vista la crescente domanda di high skills (competenze specializzate, ndr) a discapito delle competenze intermedie che invece sembrano perdere valore e peso specifico all’interno del mercato del lavoro. Bisogna pensare a politiche per i giovani e per il Mezzogiorno che si concentrino su startup innovative, vera e propria leva per questo Paese”.
Un ultimo tema, conclude Paganetto, “riguarderà gli investimenti, di cui l’Italia ha disperatamente bisogno. Non dobbiamo trascurare che abbiamo a disposizione un volano potenziale rappresentato dal risparmio nazionale che continua ad avere una dimensione considerevole e una destinazione prevalente oltre confine. Gli investimenti hanno non soltanto un effetto moltiplicatore che agisce su domanda e pil, ma sono, soprattutto il vero veicolo dell’innovazione di cui abbiamo un gran bisogno visto che siamo nelle ultime posizioni per investimenti in ricerca e sviluppo, specialmente per la parte privata”.