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Il nuovo risiko mediterraneo in Grecia, tra gas, Macedonia e basi Usa

Si sta plasmando un nuovo fronte di interessi e legami nel centro del Mediterraneo, con la Grecia che potrebbe diventare hub nevralgico di un risiko che si gioca (già da tempo) nel mare nostrum.

Al centro delle attenzioni delle super potenze la geopolitica, con il caso del nome “Macedonia” che inevitabilmente avrà delle ripercussioni sociopolitiche nei Balcani; la partita delle privatizzazioni elleniche che, dopo gli aeroporti regionali aggiudicati dalla tedesca Fraport, investe la società pubblica greca per il gas naturale; e infine l’assist di Washington ad Atene, che per bocca della Segreteria di Stato punta forte sull’Egeo per la stabilità nella macro area mediterranea.

MACEDONIA

Mentre è in pieno svolgimento il processo di ricerca di una soluzione alla “questione macedone”, con le varie posizioni su nome Macedonia per Fyrom e le conseguenti implicazioni geopolitiche, oggi in difesa dell’ellenismo di Macedonia ci sono manifestazioni simultanee in 24 città greche. Gli organizzatori, non solo partiti di destra ma anche filo cattolici, ortodossi e associazioni, hanno deciso di dire no all’uso del termine “Macedonia” per Skopje. Le ultime tre opzioni riguardo al nuovo nome per il Paese ex jugoslavo sono Macedonia del nord, Alta Macedonia, Nuova Macedonia. L’accordo definitivo è previsto entro un paio di giorni.

Secondo uno degli organizzatori, Michalis Patsikas, si farà di tutto per impedire commistioni con gruppi violenti che potrebbero generare comportamenti estremi, come l’aggressione al sindaco di Salonicco di due settimane fa. L’opposizione conservatrice di Nea Dimokratia attacca il governo Tsipras, reo di non avere “alcuna legittimazione politica per legare la Grecia ad un accordo internazionale che danneggia gli interessi nazionali” ha osservato il leader Kyriakos Mytsotakis.

E propone una soluzione che abbia al proprio interno tre elementi: cambiare la costituzione macedone eliminando qualsiasi elemento irredentista, in quanto “l’assegnazione di etnia macedone e lingua macedone non è accettabile”.

Il premier Tsipras, ricevendo in visita ufficiale il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, ha replicato che il governo greco è impegnato nel risolvere le divergenze che esistono da molti anni e prevenire che i due paesi confinanti abbiano una cooperazione irregolare: “Credo che la possibilità di risolvere la questione creerebbe un ambiente di stabilità e di sviluppo nei Balcani, di cui abbiamo bisogno, e una buona cooperazione tra i due popoli vicini. Questo è un elemento importante che non dobbiamo ignorare”.

PRIVATIZZAZIONI

Sullo sfondo permane il quadro di sviluppo finanziario legato al memorandum della troika, come il dossier privatizzazioni, che rappresenta un punto strategico del piano di prestiti elargiti ad Atene dai creditori internazionali. Dopo la concessione alla tedesca Fraport di 14 aeroporti regionali ellenici per 2,5 miliardi di euro ecco che si avvicina un altro passaggio molto significativo perché concerne il gas. Nel 2019 (in ritardo di un anno) partirà la fase operativa della privatizzazione della società pubblica greca per il gas naturale (Depa).

Uno scoglio su cui il governo Syriza aveva rischiato di impantanarsi più volte nell’ultimo biennio, per via della reticenza del gruppo più ortodosso del partito contrario alla cessione. Il tutto sarebbe dovuto partire già all’inizio del 2018. Un mese fa l’esecutivo ha presentato una proposta alternativa che prevede la scissione di Depa in due entità, una per la fornitura di gas all’ingrosso e al dettaglio e l’altra per la distribuzione e le attività internazionali.

Il ministro dell’Energia George Stathakis ha detto alla tv ellenica che verrà messo sul mercato il 50,1% di Depa. Il processo di vendita si concluderà nel primo trimestre del prossimo anno mentre l’altra fetta di Depa rimarrà sotto controllo statale. Nel mezzo però c’è il timing dei prestiti, perché il terzo piano di salvataggio internazionale della Grecia scadrà ad agosto e Atene avrà bisogno di più tempo per concludere le privatizzazioni concordate, compresa le vendite di un altro gioiello di famiglia come il polo della raffineria di petrolio Hellenic Petroleum.

Dal suo primo piano di salvataggio nel 2010 il paese ha raccolto solo 5 miliardi di euro dalle privatizzazioni e il governo punta a 3 miliardi di euro entro il 2019 anche se nel memorandum firmato da Tsipras si parlava di 50 miliardi di euro.

Ma ecco che tra le difficoltà finanziarie (creditori internazionali) e geopolitiche (le frizioni con Ankara si motiplicano esponenzialmente) si inserisce l’assist deciso di Washington in vista delle elezioni turche e dopo il disimpegno dalla base di Incirlik che è coinciso con la nuova logistica militare Usa che si è trasferita in 4 siti ellenici.

Ieri l’assistente del segretario di Stato Usa Mitchell ha detto ufficialmente che Atene è il nuovo polo di stabilità nel Mediterraneo e nei Balcani e gli Stati Uniti vi contano per la sicurezza nell’area.

twitter@FDepalo

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