I come industria, impresa, innovazione e infrastrutture. Quattro paroline magiche decisamente troppo defilate nel cosiddetto contratto di governo, pietra angolare dell’esecutivo legastellato. Un tempo, quando l’economia globale girava meglio, quasi quasi ci si poteva permettere di indugiare su questo o quell’investimento. Ma oggi no, oggi delle quattro I non se ne può fare davvero a meno. Soprattutto per chi, come Adolfo Urso (nella foto), il concetto di attività produttiva lo conosce bene. Senatore di Fratelli D’Italia, padovano naturalizzato romano, tra i fondatori di Alleanza Nazionale ma soprattutto ex viceministro alle attività produttive con delega al commercio estero nel governo Berlusconi II (2001-2006) e ancora dal 2009 al 2010.
ITALIA A MARCIA INDIETRO
Ieri l’Istat ha riportato per un quarto d’ora tutti coi piedi per terra. Produzione industriale ad aprile a -1,2% rispetto al mese prima. Dunque, fermi tutti, nessuna svolta strutturale dell’Italia e spumante rimesso in freezer. “La flebile ripresa che sembrava manifestarsi lo scorso anno si è arrestata”, sentenzia Urso, raggiunto da Formiche.net nel suo ufficio al Senato. “Lo dicono i dati. Siamo dinnanzi a una crescita assolutamente insoddisfacente, non abbiamo recuperato affatto il gap con gli altri Paesi eppure siamo la seconda manifattura d’Europa, dietro la Germania. Inutile girarci troppo intorno, l’emergenza in Italia resta l’industria, cioè la produzione e la competitività del nostro sistema economico. Siamo ancora oltre 20 punti sotto rispetto ai livelli precedenti la crisi del 2008”. La realtà insomma è una e una soltanto. Governo gialloverde o meno ad oggi “l’Italia non recupera quello che ha perso e perde ulteriore terreno”.
CI SERVE IL TAP (E LA TAV)
L’industria italiana non gode di ottima salute, non ancora almeno. E non lo dice Urso, ma l’Istat. In questo quadro, prenderne a picconate grossi pezzi non può che essere diabolico. Assolutamente sì, dice il senatore di Fratelli d’Italia. Stuzzicato sulle sorti di due cantieri chiave come il Tap e la Tav, Urso non si tira certo indietro. “Completare il gasdotto Tap è assolutamente indispensabile per l’Italia, non farlo significherebbe fare un favore alla Germania che compete direttamente con noi sulla distribuzione del gas. Senza considerare che questo Paese ha un disperato bisogno di una diversificazione energetica. Il gas del Tap viene dall’Azerbaigian e non dalla Russia e questo ci mette al riparo da possibili blocchi di fornitura di Mosca”. Stesso discorso sulla Tav, “infrastruttura essenziale per l’Italia senza considerare che ci sono impegni precisi presi con la Francia e con l’Ue che se non rispettati farebbero scattare penali altissime”.
MAI DIRE TARANTO
Non è finita qui. Nella panoramica di Urso c’è spazio anche per lo psicodramma dell’Ilva (qui l’approfondimento di Formiche.net). “Chiudere Taranto, bisogna fare attenzione a rinunciarvi. Come la mettiamo col fatto che la siderurgia è oggi uno dei pilastri della nostra economia? E noi andiamo a rinunciare all’acciaieria più grande d’Europa? Certo, bisogna parlare anche di risanamento ambientale, ma un conto è fare industria rispettando l’ambiente un conto è non farla proprio”.
IL PROBLEMA TRUMP
Fin qui i guai in casa. Poi però lì fuori c’è un mondo che gira e l’Italia volente o nolente ne fa parte. E qui gli spauracchi che rischiano di azzoppare l’operato del governo Lega-5 Stelle sono molti. “Bisogna ricordarsi che il nostro principale partner commerciale, gli Stati Uniti, sta scatenando una guerra a suon di dazi. E questo non ci fa bene. Così come non ci fanno bene le sanzioni alla Russia e l’aumento del prezzo del petrolio. Ecco sono tutti fattori che si scaricano inevitabilmente sul nostro sistema industriale. L’attuale governo ne deve tener conto, deve sapere che c’è una congiuntura internazionale più sfavorevole rispetto agli anni passati”.
SALVINI E LA GOLDEN SHARE SUL GOVERNO
Un pensiero però, non può che andare all’alleato Matteo Salvini, ad oggi motore di un centrodestra ancora troppo diviso. La domanda per Urso è questa: riuscirà alla luce di tutti gli ostacoli menzionati, questo governo a fare qualcosa di buono sull’industria? Cinque secondi di pausa e poi: “Sì, a una condizione. Che Salvini riesca a imprimere alle questioni industriali la stessa forza, lo stesso ritmo che sta dimostrando sull’immigrazione. La Lega, e le ultime elezioni comunali lo dicono, ha la golden share (tecnicamente, in gergo industriale, l’istituto giuridico, di origine britannica, in forza del quale uno Stato, durante e a seguito di un processo di privatizzazione di un’impresa pubblica, si riserva poteri speciali, ndr) sul governo. I Cinque Stelle sono ancora deboli, frammentati, Salvini sfrutti questa occasione e imponga la sua linea”.