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Chi è e cosa pensa Gian Carlo Blangiardo, il candidato numero uno alla presidenza dell’Istat

blangiardo

Il 15 luglio scorso è terminata la presidenza di Giorgio Alleva all’Istat e ormai sembra piuttosto chiaro che il successore, che dovrà essere proposto dal ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, sia stato individuato.

Le voci si fanno insistenti infatti sul nome di Gian Carlo Blangiardo, demografo, vicedirettore del dipartimento Statistica e metodi quantitativi dell’Università Bicocca di Milano. Esperto di immigrazione che nell’ottobre scorso aveva contraddetto le tesi di Tito Boeri, titolare dell’Inps, in riferimento all’affermazione secondo la quale gli immigrati pagano le nostre pensioni.

Sulle pagine di Libero infatti il demografo aveva dichiarato che solo se gli immigrati decidono di lasciare i loro contributi in Italia, una volta tornati nei Paesi di origine, possa reggersi il pensiero di Boeri, “ma non è così”, riferì al quotidiano, perché “nel nostro sistema pensionistico, quando paghi hai dei diritti e un giorno dovrai ricevere ciò che hai versato” spiega Blangiardo. “Nel bilancio complessivo c’è sempre questa brutta tendenza a considerare i versamenti previdenziali come se fossero lasciati in via definitiva al bilancio statale o comunque dell’Inps. Non è affatto così. Se vanno via, le norme sono tali per cui avranno diritto a riceverlo, ovunque siano andati. E comunque, non se ne vanno: non c’è nessuna evidenza empirica di soggetti che tornano a casa una volta diventati anziani”.

All’Istat sembrerebbe arrivare un “avversario” del presidente dell’Inps. Blangiardo, classe 1948, ha già fatto parte di commissioni scientifiche dell’Istat, come ad esempio nella task force conosciuta come “Oltre il Pil”.

Nel ricco curriculum del docente si legge che dall’anno accademico 1998-1999 è visiting professor presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia. Dal 2007 è membro del comitato direttivo del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Osservatorio Regionale per i minori della Regione Lombardia ed fa parte del Consiglio scientifico del Forum delle associazioni familiari presso la Cei e dal 1996 del comitato scientifico della Fondazione Ismu, Iniziativa e studi sulla multietnicità del quale è tuttora responsabile del settore monitoraggio.

In riferimento ai suoi studi e ai ruoli ricoperti è interessante anche il punto di vista del professore sentito lo scorso anno di questi tempi riguardo lo Ius Soli, proposta di legge sostenuta dal Pd, poi non andata in porto. In un articolo a sua firma su Il Sole 24 Ore Blangiardo, bocciò il provvedimento sulla cittadinanza. La legge prevedeva di espandere i criteri per ottenere la cittadinanza italiana, soprattutto per i bambini nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccoli.

Il professore in quell’occasione ricordava quanto non sia necessario intervenire su un sistema già molto buono in Italia. Nel 2016 gli stranieri che avevano ottenuto la cittadinanza italiana sono stati 202mila contro i 178mila dell’anno precedente. Nel 2015 l’Italia è stato il Paese europeo con il maggior numero di riconoscimenti, secondo dopo la Francia con la maggior percentuale di minori che aveva ottenuto la cittadinanza, attraverso l’articolo 14 della legge 91/1992, ovvero l’articolo che determina l’acquisizione della cittadinanza “per trasmissione”: se i genitori sono diventati italiani, automaticamente lo diventa anche il minore.

“Viene dunque da chiedersi se sia proprio così necessario rivedere radicalmente una legge che sembra funzionare piuttosto bene – scriveva il professore – per introdurre cambiamenti normativi che possono persino essere controproducenti per gli stessi potenziali beneficiari. Infatti, sul piatto della bilancia c’è, da un lato, l’obiettivo di garantire una parità di diritti che in teoria già esiste sul piano formale e per la quale occorre certamente insistere sul piano sostanziale, ma non è mettendo in mano il passaporto a un bambino che ciò potrà realizzarsi pienamente nei fatti e nei comportamenti. Dall’altro lato, c’è l’incognita legata al destino di un bambino che è diventato italiano, ma vive con genitori e fratelli di altra nazionalità. Che succede se la famiglia emigra altrove? Che relazione si instaura tra familiari di nazionalità diversa? Siamo sicuri che i genitori, cui peraltro è affidato il compito di attivare la richiesta, sia proprio questo che vogliono?”.

La partita sembrerebbe conclusa sul successore di Alleva, che in teoria dovrebbe rimanere fino a fine agosto alla presidenza dell’Istituto. Ma comunque il passaggio di consegna è delicato perché è necessario passare dal Consiglio dei ministri e poi dal Parlamento con maggioranza qualificata espressa dalle commissioni di Camera e Senato. Come ha sottolineato il Corriere il nome che circola si presta ad alimentare riflessioni, se non polemiche, al di là della professionalità indiscussa, sull’indipendenza delle authority nell’ottica degli scambi degli ultimi giorni tra titolare dell’Inps e i vicepremier Di Maio e Salvini.


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