Skip to main content

Brexit, ecco gli effetti su Leonardo e sull’industria della difesa

Brexit

La Brexit preoccupa e non poco il settore della difesa. Nel caso non si raggiungesse un accordo sull’uscita del Regno Unito dall’Ue, gli stretti rapporti nel campo verrebbero messi a dura prova, con il ritrovato asse franco-tedesco che si lecca i baffi e l’Italia che rischia di ritrovarsi marginalizzata nel contesto continentale. Il Paese si sta comunque attrezzando, a partire da Leonardo, il campione nazionale del comparto, che guarda con attenzione all’evoluzione di scenari che tuttavia, ad ora, appaiono piuttosto incerti. È quanto emerso dall’evento tenutosi a Roma per la presentazione dell’ultimo studio dell’Istituto affari internazionali (Iai), realizzato con il contributo di Chatham House proprio per Leonardo. Al convegno hanno preso parte i presidenti di Iai e Leonardo, Ferdinando Nelli Feroci e Giovanni De Gennaro, il direttore generale per la promozione del sistema-Paese per il Maeci Vincenzo De Luca, il direttore generale per la produzione industriale del Mise Stefano Firpo, il generale Pasquale Montegiglio direttore del III Reparto Politica industriale e relazioni internazionali del segretariato generale della Difesa, e l’ad di Leonardo Alessandro Profumo.

TRE SCENARI POSSIBILI

Nel momento in cui i negoziati sulla Brexit sembrano avvicinarsi a un punto di svolta, mentre la difesa europea procede spedita tra Pesco e Fondo europeo per la Difesa (Edf, che potrebbe dotarsi di 13 milioni di euro per il 2021-2027), lo studio (a cura di Alessandro Marrone, Michele Nones e Paola Sartori) identifica tre scenari possibili. Il primo scenario (“Una partnership ampia e profonda”) prevede che Ue e Gran Bretagna si accorderebbero per mantenere l’unione doganale o un accordo di libero scambio difatti equivalente, mantenendo sostanzialmente la situazione attuale e permettendo a Uk di partecipare ai progetti Edf e Pesco. Nel secondo scenario (“Una partnership su misura e complicata”), ha spiegato Marrone presentando lo studio, non si prevede un’unione doganale, ma un accordo di libero scambio piuttosto blando, paragonabile all’Efta o al Wto. Probabilmente, sul fronte della difesa, visti i forti legami, Londra e Bruxelles troverebbero un accordo mirato per permettere alla Gran Bretagna di partecipare alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico e ai progetti di cooperazione europea in ambito Edf e Pesco. Nel terzo scenario (“Competizione aperta”) i negoziati si concluderebbero senza un accordo tra le due parti, neanche nel campo della difesa, e dunque con una relativa chiusura del mercato Ue per le importazioni britanniche e di quello del Regno Unito per l’export europeo, e più in generale una divergenza commerciale tra la Gran Bretagna e l’Unione. Ciò escluderebbe Uk da Pesco ed Edf, favorendo un consolidamento industriale e militare sull’asse franco-tedesco. Preferibile, hanno concordato tutti gli intervenuti, è senza dubbio il primo scenario.

LE PAROLE DI PROFUMO

“La situazione è particolarmente complessa”, ha riconosciuto l’ad di Leonardo Alessandro Profumo. “Siamo un’azienda che ha sviluppato tantissimi programmi con il Regno Unito”, ha aggiunto ricordandone “uno per tutti: l’Eurofighter”. L’azienda di piazza Monte Grappa ha “settemila persone nel Paese e una catena del valore complessa; pezzi dei nostri elicotteri vanno e vengono più volte dall’Italia al Regno Unito”. Di conseguenza, ha rimarcato, “lo scenario del no deal sarebbe estremamente preoccupante”. Tra gli aspetti più allarmanti, ce n’è uno che sembra preoccupare in maniera particolare e riguarda gli standard. In caso di un mancato accordo tra European aviation safety agency (Easa) e la Civil aviation agency (Caa) britannica “non voleremo più nel Regno Unito”, un problema che riguarda soprattutto l’aviazione civile (e il monito di Airbus è già arrivato nelle scorse settimane, accompagnato più di recente dalla Federal aviation authority americana).

PROSPETTIVE STRATEGICHE E IL RISCHIO DELL’ASSE FRANCO-TEDESCO

Oltre agli aspetti prettamente di business però, “c’è un discorso strategico: l’industria della difesa in Europa è costituita da un’azienda inglese molto grande e altre più piccole, da una serie di grandi aziende francesi ben supportate dal proprio governo, da una grande azienda italiana che ha 12 miliardi di euro di fatturato, con un’altra grande che si occupa di navi (non solo sul lato Difesa) e altre più piccole come Avio, e da alcuni operatori in Germania, soprattutto nel campo terrestre e dell’elettronica”. Stando così le cose, ha aggiunto Profumo, “se venisse a mancare l’interlocutore inglese, noi corriamo il rischio di andare sott’acqua”. A preoccupare in modo particolare c’è l’ipotesi che la Brexit lasci campo libero alle ambizioni dell’asse franco-tedesco, già palesatosi negli ultimi mesi con, su tutti, l’avvio della collaborazione per il nuovo caccia. “Se viene a mancare il Regno Unito, il nostro Paese si troverà in una situazione di particolare debolezza; potremmo finire per diventare un Paese nel quale si fa solo off-set”, ha rimarcato l’ad di Leonardo. Di fronte al rischio di un asse franco-tedesco, devono esser fatte “scelte da autorità che non sono l’industria – ha rimarcato – ma l’obiettivo è un unico sistema europeo al quale l’Italia partecipi come ha partecipato all’Eurofighter, da principale e non da gregario”.

DA GALILEO A COME SI STA ATTREZZANDO LEONARDO

Ne consegue la forte preferenza di Leonardo per il primo scenario, soprattutto per quello che riguarda il settore della Difesa. “Dobbiamo fare di tutto perché il Regno Unito faccia parte della difesa europea”, ha spiegato Profumo. “L’elemento catalizzatore – ha detto – è il programma Galileo (il sistema europeo per la navigazione satellitare, ndr) utilizzato da Uk come strumento negoziale; nel momento in cui l’Unione europea dovrebbe fare approvare 16 miliardi di euro per lo spazio nel nuovo Quadro finanziario pluriennale (Mff) vedo un po’ complicato rinunciare al contributo britannico”. Così, si dovrebbe lavorare per trovare “uno status speciale nel quale il Regno Unito non sia trattato come Paese terzo”, ha detto il manager. Su tutti questi punti, ha concluso, “Leonardo si sta attrezzando con gruppi di lavoro interni”, nonché cercando “di intensificare i rapporti con le strutture di supporto all’esportazione inglese per massimizzare il beneficio” della attività che l’azienda ha nel Paese, concentrate soprattutto nelle divisioni elicotteri ed elettronica per la Difesa.

UN MOMENTO CRUCIALE

“Man mano che ci avviciniamo alla scadenza, i tempi degli accordi si riducono e cresce una sorta di nervosismo”, ha aggiunto il presidente di Leonardo Gianni De Gennaro. Ci troviamo “di fronte a uno scenario che mette in evidenza un concetto nuovo: la reversibilità del processo di adesione dall’Ue”, ha aggiunto. Eppure, dati i forti legami, “il Regno Unito difficilmente può rimanere fuori dalla collaborazione nell’ambito del sistema di difesa e sicurezza”. Per questo, ha detto il presidente di Leonardo, “non vogliamo rimanere imparziali ma essere partecipi, essere consapevoli e avere idee da proporre nei vari tavoli del contesto comunitario”. A mancare, gli ha fatto eco il presidente dello Iai Ferdinando Nelli Feroci, è soprattutto “la chiarezza”, rispetto a quello che è stato “un trauma senza precedenti che ha messo in discussione il principio di irreversibilità della membership dell’Ue”.

L’APPROCCIO DEL SISTEMA-PAESE

Per l’Italia la situazione richiede un’attenzione particolare, ha riconosciuto Vincenzo De Luca della Farnesina. “Nel Regno Unito abbiamo una quota di mercato del 3,9%, pari a un punto in più rispetto alla quota globale di mercato (intorno al 3%); l’interscambio tra Italia e Regno Unito genera per noi un surplus commerciale di 11 miliardi di euro, pari a un quarto del surplus totale che abbiamo”, ha detto il direttore generale per la promozione del sistema-Paese del Maeci. Così, ha aggiunto, “nel caso dello scenario peggiore le conseguenze per il nostro Paese sarebbero molto gravi”, e questo vale anche per il settore della difesa e dell’aerospazio: “il principale asse tecnologico che abbiamo”. D’altra parte, ha spiegato Stefano Firpo del Mise, “l’hard Brexit può aprire scenari disarticolanti per il settore industriale italiano ed europeo”. Di conseguenza, ha detto il generale Montegiglio di SegreDifesa, “come Difesa stiamo cercando di avere un approccio appoggiato su più dicasteri, ma l’unico ente multi-disciplinare per quanto riguarda la politica è la presidenza del Consiglio”. La priorità, ha ribadito, è “formare il pensiero”, primo passo su cui poi occorre “decidere la strada da seguire”, per la quale il contesto migliore “è rappresentato probabilmente dalla presidenza del Consiglio con cabine di regia, tavoli tecnici o team ad hoc”.


×

Iscriviti alla newsletter