Come reagirà il M5S all’eventuale condanna in primo grado di Virginia Raggi con conseguenti dimissioni dall’incarico di sindaco di Roma?
La domanda inizia a farsi strada nei colloqui riservati, anche perché l’ipotesi di esito nefasto (per il sindaco) non solo non può essere esclusa, ma, udienza dopo udienza, appare quantomeno possibile.
Ecco allora spiegata la ragione di un certo attivismo sul tema, anche perché si tratterebbe di un voto a primavera 2019, con tutte le conseguenze a livello nazionale che sono facili da immaginare.
Sondando il terreno sul punto si raggiungono due conclusioni, che (per il momento) delineano uno scenario tutt’altro che ben definito.
La prima è che molti condividono una certezza: Alessandro Di Battista è la soluzione migliore, perché è romano e perché rappresenta l’anima più profonda del Movimento, quella a cui ricorrere dopo un traumatico stop come sarebbe l’uscita di scena della fragile sindaca Raggi.
La seconda è che lo stesso Di Battista non ne vuole sapere di questa ipotesi (per ora), pur essendo altrettanto vero che inizia a stufarsi non poco dell’esilio in cui si è messo da solo (incoraggiato da Beppe Grillo, va sempre ricordato).
Il “Dibba” infatti non vede l’ora di tornare a menare le mani, come sempre combattuto tra la rivalità/amicizia con Luigi Di Maio e la propria volontà di leadership, che egli stesso ritiene naturale e per molti versi più coerente con la storia e l’animal spirit del Movimento.
Il punto per Di Battista però è delicato, perché il suo ritorno sulla scena non può avvenire sbagliando modi e tempi.
La corsa a sindaco di Roma arriverebbe infatti dopo un fallimento duro da digerire per gli elettori, con una sindaca cacciata dal Campidoglio per effetto di una sentenza e un bilancio assai scarso dal punto di vista dei risultati ottenuti. Quindi in condizioni di vittoria non scontata, nemmeno per un “big” come Di Battista.
Ecco quindi le ragioni della sua forte perplessità, pur essendo noto a tutti (e quindi anche a lui) che il ruolo di sindaco di Roma consente un protagonismo a livello nazionale di prima grandezza, come accaduto in passato a Rutelli e Veltroni, tanto per fare due esempi recenti.
Tra un selfie e l’altro, questo sarà il pensiero ricorrente del giovane leader “congelato” durante l’estate, anche perché i giochi veri si apriranno in autunno (la sentenza è attesa per novembre).
In alternativa c’è la brava e combattiva Lombardi: ma questo è uno scenario del dopo, a cascata in conseguenza della rinuncia del Di Battista. Rinuncia contro la quale si batterà innanzitutto Di Maio, per numerosi e validi motivi.