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In Libia il petrolio non trova pace. Caos negli impianti dopo il rapimento di due ingegneri

petrolio

La spinosa questione del petrolio libico si aggiunge di un nuovo capitolo. La Compagnia petrolifera libica (Noc) ha oggi nuovamente dichiarato la causa di forza maggiore sulle esportazioni di petrolio dal porto di al Zawiya, nella costa occidentale del Paese. Una notizia che arriva dopo che, nelle ultime settimane, in diversi stabilimenti della Mezzaluna la produzione si era fermata a causa dell’intervento dell’esercito del generale Khalifa Haftar, che aveva consegnato i terminal nelle mani del governo non riconosciuto di Al Baida.

La ragione alla base di questo nuovo annuncio risiede, come afferma la Noc in un comunicato, nell’interruzione del giacimento di petrolio di Sharara a seguito del rapimento di due ingegneri della compagnia Acacus. “Le unità 186 e 115 sono state chiuse e quindi la produzione di petrolio è scesa a 125 barili al giorno, sufficiente solo a coprire la domanda locale di carburante, ma non le esportazioni”, si legge nel comunicato della Compagnia libica.

Il presidente della Noc, Mustafa Sanallah, ha inoltre specificato: “Ci preoccupiamo della sicurezza dello staff e dopo i recenti attacchi e rapimenti abbiamo evacuato tutti i lavoratori dai siti si produzione”. Si fa riferimento appunto, in ordine di tempo, al blitz di sabato scorso, quando un gruppo armato ha attaccato l’Unità 186 del giacimento di Sharara e ha rapito quattro ingegneri prima di rilasciarne due e continuare, invece, a tenere in ostaggio un libico e un romeno.

L’impianto 186 era già stato bersaglio di un assalto armato nel novembre dello scorso anno, anche se in quel caso nessun lavoratore era stato rapito o ferito ma furono rubati diversi device tecnologici. In ogni caso c’è da dire che nessuno degli attacchi agli impianti sono stati fino ad ora rivendicati.

In Romania, intanto, si è riunita l’unità di crisi del ministero degli Esteri di Bucarest che ha avviato le pratiche d’urgenza relative al rapimento del cittadino romeno, ribadendo che “la trattazione pubblica degli aspetti relativi a questo caso dovrebbe avvenire con cautela, data la situazione di sicurezza in Libia”.

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