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Così Trump è pronto a negoziare con Putin il sud della Siria

Due fonti ben informate hanno raccontato alla Cnn che durante l’incontro che il Presidente Donald Trump ha avuto col re giordano Abdullah II (è stato nello Studio Ovale il 25 giugno), l’americano ha annunciato al sovrano alleato di avere in mente di negoziare un accordo sulla Siria con Vladimir Putin, e lo farà durante il faccia a faccia previsto per il 16 luglio a Helsinki.

L’idea di Trump, per quel che dicono quelle fonti è questa: gli Stati Uniti permetteranno ai russi di aiutare le forze di Bashar el Assad a riconquistare la fetta di territorio che va da Daraa a Quneitra, nel sud del Paese, ma in cambio Mosca darà rassicurazioni sulle sorti dei civili e faranno in modo di tenere il più lontano possibile gli iraniani dal confine israeliano (cosa che crea tensione a Tel Aviv). A quel punto l’intesa che vuol negoziare Trump dovrebbe diventare un piano politico strategico, perché il Presidente americano assicurerà al russo di lasciare il Paese, ossia di tirare fuori le truppe statunitensi che si trovano in Siria essenzialmente per attività di counter-terrorism contro l’Is, e dunque con un compito laterale alle dinamiche della guerra civile.

La sintesi a cui arriva l’idea di Trump segue un suo long-standing: per la Casa Bianca è necessario ridurre l’impegno militare all’estero, e da tempo il suo inquilino si dimostra ansioso sul ritiro siriano, anche se i suoi militari dicono il contrario. Trump intende uscire dalla crisi siriana e così facendo lasciare tutto in mano a Putin — da qualche tempo gli analisti che seguono la situazione in Siria dicono che siamo arrivati al punto in cui gli Stati Uniti hanno tolto qualsiasi interesse dal futuro della crisi, e questo accordo sembra un segnalibro concreto per certe analisi.

C’è però un altro aspetto, con più sfaccettature, che va tirato in ballo, ma richiede un minimo di contesto e di storia. In quelle aree del sud siriano infatti, da due settimane le forze assadiste (quel mix eterometrico di milizie sciite comandate dall’Iran, truppe regolari e copertura aerea russa) hanno ripreso i combattimenti per strappare ai ribelli una delle ultime strisce di territorio. Con l’accordo con Putin, Trump darebbe il beneplacito a queste operazioni. Qua il contesto: quando invece si scrive “ripreso” è per l’aspetto storico della vicenda. La fascia Daraa-Quneitra è quella su cui vige già (o vigerebbe a questo punto) un’intesa per il de-escalation siglata da Trump e Putin, e dalla Giordania, dopo il rapido incontro che i due presidenti hanno avuto più o meno un anno fa a latere del G20 a Berlino.

E dunque adesso Trump vorrebbe negoziare con Putin un accordo per tirarsi fuori dall’empasse creata (anche tra giordani e israeliani) dal non rispetto di un accordo simile chiuso l’anno scorso e di cui Putin sembra aver tenuto conto solo finché gli è convenuto. L’obiettivo del piano di Trump però è più che altro rassicurare i fan che lo hanno votato anche perché criticava gli impegni militari americani: un messaggio da bilanciare con quello sulla lotta al terrorismo, prima delle Midterms; un modo potrebbe essere sostenere il ritiro in funzione di una cooperazione anti-terrore con la Russia, qualcosa di cui però s’era già parlato dopo l’incontro del G20.

 

 


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