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Ad Helsinki Putin fa asso pigliatutto. Donald manca il deal

C’è stata “una partenza molto buona per tutti quanti” nel dialogo, è stato il principale commento del Presidente americano Donald Trump, appena uscito dalla sala gotica del palazzo presidenziale di Helsinki, dove ha discusso per più di due ore, faccia a faccia, con il suo omologo russo Vladimir Putin.

La Guerra fredda “è finita”, dobbiamo lasciarcela alle spalle, ha detto poi Putin nella conferenza stampa conclusiva – dove un giornalista con in mano un cartello di protesta contro il Cremlino è stato rimosso prima dell’inizio. “Iniziamo a capirci molto meglio”, ha replicato Trump, che prima aveva dichiarato che andare avanti con la Russia è “una cosa buona, non una brutta cosa” e di sperare in una “relazione straordinaria” tra i due Paesi, perché “il mondo vuole vederci andare d’accordo” nel breve incontro con i giornalisti prima del faccia a faccia.

Quello di oggi è stato il primo incontro organizzato tra i due, che in precedenza si erano invece visti a latere del G20 e poi dopo una riunione dell’Asean, ma, come ha detto Putin, era “arrivato il momento di avere una discussione approfondita su vari problemi internazionali e questioni sensibili”.

Sui contenuti della riunione gli stessi due leader non hanno voluto dire troppo: non c’è stato un ordine del giorno, un’agenda, una serie di talking point pre-concordati, e tanto meno qualche accordo – si sapeva già, per esempio domenica lo aveva definitivamente chiarito il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, alla Cbs – e i due Presidenti hanno parlato alla sola presenza dei rispettivi interpreti. Due ore, più del previsto (90 minuti), da soli, “un dialogo aperto, diretto e produttivo”, l’ha definito Trump.

S’è parlato a ruota libera, di commercio (abbiamo parlato “business-like” ha detto il russo, ossia come si fa negli affari, “siamo concorrenti sull’energia” ha ricordato l’americano, e noi siamo “fornitori più importanti, onesti e leali”), di nucleare e controllo degli armamenti, del generico tema della lotta al terrorismo (dove “come per la sicurezza informatica, i nostri servizi speciali stanno cooperando con successo con i servizi Usa, un esempio di questa cooperazione congiunta c’è stata durante la Coppa del mondo”, ha detto Putin), e del “nostro comune amico Xi“, come Trump ha chiamato il presidente cinese Xi Jinping; oggi in Cina una squadra di punta dell’Unione europea era in visita dal primo ministro, con in agenda contatti commerciali e strategici.

Poi la Siria: Putin ha detto che potrebbe essere la prima area dove testare la cooperazione per ristabilire la pace nel Paese, “Usa e Russia possono avere una leadership proattiva in questa crisi, e solo con la cooperazione si può raggiungere un successo”.

La “pace” è la chiave di lettura trumpiana: stabilità che porta prosperità, secondo il Presidente e non solo riguardo alla situazione siriana ma in termini generali. Un obiettivo, un senso complessivo del vertice, che però è “un traguardo ancora lontano”.

La giornata dell’incontro di Helsinki (hashtag globale #Helsinki2018, come fossero le Olimpiadi) era iniziata con Trump che affidava a un solito tweet l’ultimo messaggio distruptive prima del faccia a faccia col russo. Le “nostre” relazioni con la Russia “non sono mai andate peggio” per colpa di “molti anni di follia e stupidità degli Stati Uniti”, ha detto l’inquilino della Casa Bianca; e poi adesso, ha aggiunto, c’è pure quella “caccia alle streghe corrotta” (il riferimento va al Russiagate, l’inchiesta sulle interferenze russe alle presidenziali che negli ultimi giorni è arrivata all’incriminazione di 12 funzionari dell’intelligence militare di Mosca; si è parlato anche di questo).

Dunque per Trump non è colpa del Cremlino che ha per esempio studiato il piano di ingerenza contro il processo di voto americano scoperto dall’Intelligence Comunity Usa. L’interferenza elettorale è un capitolo a sé: Putin ha detto a Trump (che ha dichiarato di averne parlato “a lungo e molto francamente”, come promesso) che Mosca non è responsabile di interferenze, e Trump si fida e ha aggiunto che il russo ha “molto a cuore” quanto è successo e che Mosca ha “un’idea molto interessante” sui motivi dell’accaduto e Putin si è offerto di interrogare i 12 incriminati. Bonus: l’inchiesta americana condotta dal dipartimento di Giustizia e affidata a un procuratore speciale, il Russiagate, è “una disgrazia per il nostro Paese” ha detto il capo della Casa Bianca, mentre Putin la definiva “un non sense”.

Non si è parlato della politica avventurista del presidente Putin che s’è annesso la Crimea, che però sarebbe uno dei motivi che ha portato così in basso le relazioni con Mosca. Ma no, l’imprevedibilità di Trump aveva già consegnato agli osservatori mondiali che guardavano la Finlandia interessati per l’incontro tra i due leader una dichiarazione come minimo originale. Ciliegina sulla torta di quella stramba Twitter diplomacy, il ministero degli Esteri russo che retwittava il presidente americano col commento “We agree”, siamo d’accordo.

Gli aspetti di colore sono significativi – come spesso accade in certi incontri a cui la sostanza verrà data in futuro, con eventuali e successivi contatti diplomatici, come intanto il collaterale Lavrov/Pompeo, l’incontro tra i due ministri degli Esteri molto apprezzati dai rispettivi presidenti. Per esempio, in una foto immortalata dalla Reuters durante la stretta di mano prima di chiudere le porte, il leader americano è ripreso mentre allunga l’indice a toccare il polsino della camicia del russo: e chissà quale sarà stato il motivo, testare la manifattura e il cotone, s’è chiesto Stuart Hughes, senior produce di Bbc World (Trump è famoso per il modo in cui stringe la mano ai suoi interlocutori).

Il Presidente russo, arrivato con mezz’ora di ritardo (caratteristica per cui è famoso), mentre Trump parlava ai giornalisti prima della chiacchierata riservata, annuiva alle parole dell’americano mostrando la sua ottima conoscenza dell’inglese (in un’occasione ha piegato la testa verso le gambe allargate, e forse sono stati tutti messaggi con cui voleva dimostrare la sua scioltezza, o capacità, a gestire determinate situazioni).

Putin s’è mostrato più forte, più incisivo, anche sul passaggio che ha riguardato il Russiagate ha usato termini più secchi e ha strappato all’americano un apparente allineamento (sulla fiducia). “Avete visto forse una delle più vergognose performance da parte di un presidente americano ad un summit di fronte ad un leader russo, certamente tra quelle che ho visto. Una conferenza stampa straordinaria”, ha commento a caldo di Anderson Cooper, anchor di punta della CNN, alla conclusione della conferenza stampa.

La linea troppo accondiscendente, visti anche i presupposti e le preoccupazioni, è destinata ad aprire una lunga fase di critiche negli Stati Uniti. Prima dell’incontro i democratici avevano chiesto al presidente di non incontrare Putin, perché non sarebbe stato in grado di reggere il confronto; Hillary Clinton, usando la chiave retorica dei Mondiali, aveva chiesto ironicamente a Trump se sapesse “in che squadra sta giocando”.

 

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