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Tutta l’attesa per l’incontro fra Trump e Putin (possibilmente non da soli)

Il presidente americano Donald Trump vorrebbe che almeno la prima parte dell’incontro previsto il 16 luglio a Helsinki con l’omologo russo Vladimir Putin fosse completamente riservata. Trump vuole stare da solo con Putin, guardarlo negli occhi, creare un’empatia provata col leader russo, perché crede che quello sia il modo migliore di approcciarsi alle situazioni, pure quelle che riguardano le relazioni tra due tra le principali potenze del mondo.

La volontà trumpiana l’ha rivelata una fonte alla CNN, ma da un po’ circola tra gli sherpa diplomatici questo modo di vedere le cose del capo della Casa Bianca. Quello a Helsinki sarà la prima volta che Trump e Putin si vedranno appositamente per incontrarsi: i due contatti personali precedenti, infatti, erano avvenuti in via privata ma nell’ambito di due meeting multilaterali, il G20 e al vertice dell’Asean.

Con la chiacchierata a tu per tu il Presidente americano vuol distillare al massimo la sua preferenza per i bilaterali, così come fatto per almeno un’ora durante il vertice col satrapo nordcoreano Kim Jong-un il 12 giugno a Singapore; un’ora che Trump commentò a caldo con i reporter presenti con un “very, very good”. Con Putin, con cui ha già sperimentato la chimica personale, vuole ancora più spazio per costruire il rapporto leader-to-leader, spiega la fonte della CNN.

Il punto è che, come già successo nel caso di Kim, in molti sollevano dubbi sulla bontà di questo genere di faccia a faccia, che senza la presenza dei collaboratori e qualcuno che possa verbalizzare quel che accade, non hanno una registrazione ufficiale e dunque rischiano di diventare uno strumento di diplomazia e contatto troppo aleatorio.

A bordo dell’Air Force One, Trump ha detto ai giornalisti di aver l’intenzione di parlare “di tutto” a Putin, “parleremo dell’Ucraina, parleremo della Siria, parleremo delle elezioni e non vogliamo che qualcuno attacchi le elezioni, parleremo di eventi mondiali […] di pace, forse parleremo di risparmiare miliardi di dollari sulle armi, e forse no”.

C’è un punto che non viene trattato apertamente dai funzionari, ma che è il vero motivo per cui politici, uomini dell’amministrazione ed esperti temono sul faccia a faccia solitario: Putin è molto più forte dal punto di vista diplomatico di Trump, e si teme che il russo possa superarlo in qualche modo.

Putin è un politico con un’esperienza forgiata in due decenni di guida di una potenza globale, Trump è arrivato alla politica soltanto nel 2016, senza la minima competenza in materia di affari internazionali e sull’onda di una grande campagna elettorale. Putin è un meticoloso cultore del dettaglio, Trump è un istintivo a cui – anche nei briefing in preparazione dell’incontro di Helsinki – gli vengono proposti temi della lunghezza massima di due righe per non perdere la sua attenzione.

C’è poi un precedente: quella volta che ospitò nello Studio Ovale il ministro degli Esteri e l’ambasciatore russo e che, quando preso dalle circostanze si lasciò sfuggire alcuni dettagli che mandarono a monte una poderosa operazione di intelligence con cui Israele era riuscito a infiltrare degli operativi tra le linee dell’Isis. In questo caso, visto che è noto che stia cercando di costruire attorno all’incontro con Putin “un evento monumentale”, il rischio di qualche altro scivolone c’è.

Curiosità geografica: Trump, che si vanta continuamente di rappresentare qualcosa di anomalo (con accezione positiva) e diverso (con accezione: migliore) dei suoi predecessori, ha scelto la capitale finlandese che ha fatto da scenario agli incontri di George W. Bush e il leader sovietico Mikhail Gorbaciov, e del presidente Bill Clinton e il russo Boris Eltsin.

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