Lo stile è quello sobrio e misurato tipico dei banchieri centrali. Ma il messaggio di sottofondo è piuttosto chiaro: la vigilanza bancaria deve ancora fare dei passi in avanti prima di potersi definire davvero completa. Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia, è intervenuto questa mattina a Modena nel corso di un convegno sull’unione bancaria e ha di nuovo segnato con la matita rossa tutte le piccole e grandi falle della vigilanza europea. Che è sì efficace e talvolta lungimirante, ma deve migliorare. Per Via Nazionale si tratta della prima uscita ufficiale dopo la pausa di agosto, che anticipa un autunno non facile per il governo italiano, alle prese con la stesura della manovra. Se davvero l’autunno in arrivo si preannuncia bollente per l’Italia, allora sarà meglio correre ai ripari e apportare ai meccanismi bancari europei tutte le migliorie necessarie. A cominciare dalla natura degli stessi istituti.
La prima annotazione Rossi l’ha riservato a un tema tra i più dibattuti negli ultimi anni. E cioè, se le banche del Vecchio Continente abbiano effettivamente cambiato la loro natura, traghettandola in una dimensione il più globalizzata possibile e sempre meno legata alla nazione di appartenenza. Non basta cioè essere solo sottoposti a un meccanismo di vigilanza unico targato Bce e sulla risoluzione imperniata sul bail-in.
LE BANCHE ITALIANE SOLE DAVANTI ALLA CRISI?
“Le banche sono divenute europee solo in un senso, ovvero in quanto vigilate e sottoposte a risoluzione a livello europeo”, ha ammonito Rossi. Il circolo vizioso tra settore bancario ed emittenti sovrani non è stato spezzato, tuttavia alle banche è stata imposta una camicia di forza volta a garantire che, in caso di fuga dai titoli di Stato emessi da un Paese sovrano, le banche di quel paese non verranno salvate dai contribuenti, di quello stesso Paese o di altri”. L’accusa è questa: se i titoli pubblici in pancia italiana a una banca prendono la via della Germania, non si potrà chiedere a Berlino di salvare la banca italiana. Che dovrà vedersela da sola. E infatti, ha spiegato lo stesso Rossi nel corso del suo intervento a Modena “in termini ancora più espliciti”a un contribuente tedesco non si potrà mai chiedere di finanziare il salvataggio di una banca italiana in crisi per il peso, nel proprio bilancio, di titoli di Stato italiani in rapida discesa sui mercati”. Perché, “in un caso simile, sarebbero i creditori della banca, prevalentemente italiani, a farsene carico. E non si pone neanche la questione dell’irreversibilità dell’euro, poiché il caso della Grecia dimostra che uno stato sovrano può fallire anche senza abbandonare l’euro”. Dunque, in caso di crisi del debito sovrano (le banche italiane hanno in pancia una cospicua mole di Btp) l’Italia rimarrebbe di fatto sola nell’affrontare il problema-banche. Non solo. L’euro non ne uscirebbe scalfito, nonostante si stia parlando di un Paese fondatore dell’Unione.
ISTITUTI PIÚ REDDITIZI PER PROTEGGERE I RISPARMI
La vera sfida, ha spiegato Rossi, sta nel rendere le banche più redditizie. Più lo sono, più sono al sicuro i risparmi dei correntisti. “Se desidero investire il mio denaro nelle azioni o nelle obbligazioni di una banca, o anche depositare una somma ragguardevole, devo essere consapevole sin dall’inizio che potrei perdere tutto e che nessuna istituzione pubblica mi verrà in soccorso”, ha premesso Rossi, citando il bail-in. Tuttavia “Non è più consentito alcun azzardo morale. Alle banche si richiede una dotazione di capitale decisamente maggiore rispetto al passato, ma gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati devono ora considerarsi più a rischio e pertanto esigere rendimenti più elevati. Le banche, di conseguenza, hanno la necessità di diventare più redditizie”.
NIENTE FORZATURE SUGLI NPL
Altro capitolo delicato, lo smaltimento dei crediti deteriorati, vera zavorra delle banche italiane, ma non solo. Rossi condivide la causa per un pronto alleggerimento dei bilanci, ma senza forzature che potrebbero casomai innescare un effetto contrario e dunque nefasto. “Più capitale e meno npl sono una politica sana e prudente per le singole banche ma supponiamo che, per assurdo, i requisiti patrimoniali siano innalzati al cento per cento del totale delle attività e gli npl ridotti a zero, in termini di stock e flussi: i supervisori sarebbero al sicuro al cento per cento ma l’attività bancaria cesserebbe di esistere, almeno nella forma che conosciamo da secoli”.
REGOLE RIGIDE MA NON TROPPO
L’avvertimento è dunque chiaro: sì a regole rigide che prevengano le crisi bancarie e mettano al sicuro il portafoglio dei contribuenti, ma attenzione a non stringere troppo il cappio. E questo per un motivo molto semplice. “Siamo tutti concordi sulla necessità di favorire un maggiore sviluppo dei mercati dei capitali nell’Europa continentale e una più elevata diversificazione delle fonti di finanziamento delle economie, ma il credito bancario continuerà ad avere un ruolo rilevante per molti anni ancora, soprattutto per le piccole e medie imprese, e il suo regolare flusso non dovrebbe essere irragionevolmente rallentato per l’ossessione dei supervisori di evitare accuse nel caso in cui un debitore sia in ritardo con i pagamenti”.
LA VIGILANZA CHE VERRÀ
La conclusione di Bankitalia è chiara. “La vigilanza bancaria deve essere costruttiva, non distruttiva”. Qualcosa cioè in grado di aiutare gli isitituti, senza strozzarli. “Le regole e le pratiche prudenziali devono essere severe ma proporzionate e assicurare sempre parità di condizioni. Dobbiamo anche garantire condizioni di parità concorrenziale tra le nostre banche e quelle esterne all’area dell’euro”. D’altronde, “nei tempi in cui viviamo l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria è soggetto a rapidi cambiamenti in tutto il mondo. L’applicazione della tecnologia alle banche e alle altre società finanziarie sta rivoluzionando il mercato. Le autorità di vigilanza devono essere il più possibile lungimiranti. Ancora di più devono esserlo le autorità di vigilanza europee, e i legislatori con loro, perché impegnati a far funzionare un sistema nuovo di supervisione e gestione delle crisi bancarie, unico a livello europeo. È loro dovere adeguarlo laddove emergano criticità e innovazioni”.