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Il governo sia equilibrato e vincerà la partita del deficit. Parla Danilo Broggi

Sarebbe facile mettere in ginocchio l’Italia, proprio ora che il governo si appresta a scrivere la sua prima manovra di bilancio. Una crisi improvvisa di fiducia, la fuga degli investitori, cioè di chi ci compra il debito per 400 miliardi all’anno e il baratro si apre. Possibile evitare tutto questo? Sì. Il segreto, dice Danilo Broggi, ex manager di Consip e Atac, oggi attivo nei fondi di investimento (Eos) ma anche saggista e scrittore con Diario di bordo, presentato al Senato poche settimane fa, è nell’equilibrio.

Broggi, dica la verità, che autunno ci aspetta?

Dipende. Se si vuole mettere in serie difficoltà questo Paese il gioco è facile. Basta disertare le nostre aste per vendere i titoli pubblici e il nostro debito ci può fare del male, molto male. Ma non dobbiamo arrivare a questo.

Il governo questo lo sa?

Certo che sì. Lo sa lo stesso premier Conte, a cui Donald Trump ha assicurato in occasione della sua visita negli Usa (fine luglio) tutto il suo sostegno. Nelle prossime settimane sarà fondamentale dare segnali di forza, affidabilità e sicurezza. All’Europa ma soprattutto ai mercati.

E la manovra gialloverde? La preoccupa?

No se sarà capace di conciliare politiche espansive con il rispetto delle regole. Vede, questo Paese ha un disperato bisogno di crescere e questo è quanto di più economicamente accettabile, anche da Bruxelles. L’Europa non ci può negare di crescere e di portare avanti i nostri investimenti. Ma allo stesso tempo il governo non deve dimenticare che viviamo in un sistema di regole condivise e per questo deve fare attenzione a non spingersi troppo in là: è tutta una questione di equilibrio. Espansione, crescita ma anche rispetto dei patti.

In Europa a dire la verità un po’ in apprensione lo sono…

Il tema è politico ancor prima che tecnico. Io credo che l’Italia riuscirà a trovare un accordo con l’Ue. Deve andare lì e dire che vuole crescere. Non dobbiamo essere succubi dell’Europa ma nemmeno troppo disinvolti. Dobbiamo solo essere capaci di mettere in piedi una manovra equilibrata, che permetta alle nostre aziende di crescere, di farsi le spalle grosse, ma allo stesso tempo compatibile con i parametri Ue. Eccola la vera missione del governo.

La missione di Tria vorrà dire…

Non si può fare affidamento su un uomo solo. Ma su tutta la compagine che deve dare una risposta coesa.

Cambiamo argomento. Se le dico la parola concessioni?

Le rispondo che il governo ha stra-ragione a voler rivedere tutte le concessioni. Non è mai stata fatta una due-diligence vera in questo universo. Nessuno ne sa nulla. E poi trovo assurdo che sia stata secretata per anni una concessione autostradale della portata di quella italiana (nei giorni scorsi Autostrade, dopo i fatti di Genova, ha pubblicato l’accordo del 2008 per la titolarità della rete, ndr). Si secreta il militare e non il civile. E non mi pare che dal ponte Morandi partissero missili o ci passassero i carri armati. Detto questo…

Prego…

Sulle nazionalizzazioni bisogna separare i toni. Lo Stato deve fare lo Stato, il privato il privato. E possono andare d’accordo tutti e due. La cosa importante è la qualità dei servizi. Pubblico o privato, i cittadini ci devono guadagnare in qualità. Punto.

Alitalia è privata da anni. Eppure bilanci in utile non se ne ricordano

Su Alitalia bisogna essere sinceri: è stata quasi sempre uno strumento in mano alla politica. Avrebbe avuto bisogno di una cura da cavallo, di un commissario con pieni poteri in grado di dire dove e come risparmiare. E comunque io sono dell’idea che se la cura da cavallo non funziona, allora si fa come hanno fatto in Svizzera. Si prende un’azienda, si fa fallire e poi si rifonda (come nel caso Swissair, ndr).

Per cura da cavallo intende anche Cdp?

Non esattamente. Non è passando per uno strumento pubblico che si sanano tutti i mali. Nel caso Alitalia intendo un manager con pieni poteri. E anche per l’Ilva, la sostanza è la stessa.

Broggi, lei è stato in Consip. Se la ricorda la spending review?

Ne ho viste tre. E in Consip abbiamo fatto tanto. Però i risparmi sulla spesa sono solo una piccola parte nella ripresa di un Paese e la spesa in beni e servizi rappresenta il 5% del bilancio pubblico.

Eppure c’è chi dice che la spending review è un buon modo per non sforare il tetto del deficit…

Se si vuole tornare a correre bisogna lavorare sul Pil. Si cresce solo con quello. Senza Pil non diminuisce il rapporto col deficit, possibile che non si capisca? Siamo l’unico Paese in Europa che non cresce, ci sarà un motivo. Pensare che siamo la seconda manifattura d’Europa. Dobbiamo concentrarci sulla crescita, non possiamo pensare che la spending review o la riforma delle pensioni risolvano tutto. Chiaro no?

 

 

 

 

 

 

 



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