Un gioco ad incastri, che si snoda sull’asse Berlino-Ankara, ma che tocca anche Mosca e Washington per i riverberi legati da un lato alla partita dei dazi e dall’altro al dossier idrocarburi, con dietro l’angolo la cosiddetta guerra finanziaria. La Germania sta pensando di ridurre i contratti di armi verso Ankara (anche per proteggersi sul versante sinistro), mentre la Spd chiede un ponte finanziario con Erdogan.
Fatti, scenari e prospettive.
PAURE
Berlino, che si appresta a festeggiare per il terzo anno consecutivo il surplus commerciale, teme per i conti di Ankara e per gli effetti della nuova geopolitica mediterranea? Sì, ma anche per gli effetti che potrebbero concretizzarsi verso i rapporti commerciali con la stessa Germania. Le migliori destinazioni di esportazione della Turchia sono Germania (16,2 miliardi di dollari), Regno Unito (15,2), Italia (8,26) e Stati Uniti (7,69). Di contro i primi tre partner commerciali della Turchia (dati del 2016) sono la Germania con 2,3 miliardi di interscambio (6,9%), la Cina con 2,1 miliardi (-8,3%), e la Russia con 1,5 miliardi (-34,7%). Al di là del calo di circa il 20% rispetto al 2015, spicca il ruolo tedesco nell’economia complessiva della questione.
Nel secondo trimestre del 2018, in concomitanza con i primi mesi del governo federale, sono stati approvati sei contratti di esportazione di armi. Cinque per un valore di 418.279 in Turchia, e uno da 28.563 euro in Arabia Saudita. Un crollo rispetto al semestre precedente, quando erano stati ben 34 per Ankara da quasi 10 milioni di euro e quattro per i sauditi da 160 milioni.
SCENARI
La mossa merkeliana di vendere meno carri armati Leopard ad Ankara, osserva più di un analista, sarebbe anche una specie di “tassa” che il governo potrebbe pagare alla sinistra in cambio di un appoggio per evitare di compromettere la stabilità del governo, dopo aver incassato dal fronte russo un appoggio sul gasdotto mescolato ad uno stop su altri due fronti.
In primis l’Ucraina, su cui Putin ha fatto mostra di non gradire la svolta tedesca di sostenere una missione Onu in Ucraina per giungere ad una pseudo pacificazione. L’accordo di Minsk appare ancora debole, sia nel merito che nel metodo, e le parole del Presidente russo lo dimostrano quando dice che “purtroppo in Ucraina non riusciamo ad andare avanti” e “sottolineeremo come la realizzazione di Minsk non abbia alternative”.
Anche sui migranti Mosca, dopo aver ribadito a Merkel la richiesta di affiancamento sul fronte siriano, è stata chiara con Berlino ricordando che vi sono un milione di rifugiati in Giordania, un milione in Libano e tre in Turchia. Come dire che l’interesse tedesco di “creare un sistema che impedisca una crisi umanitaria” va in secondo piano proprio per via di quei numeri. La risposta della Merkel è stata che non esistono al momento le condizioni per un ritorno dei rifugiati.
Screzi, con sullo sfondo il progetto North Stream 2 “solo economico” secondo Putin e sgradito a Trump e a mezza Europa. Si sussurra infatti che la Casa Bianca sarebbe pronta ad innescare altre sanzioni al fine di bloccare i lavori del gasdotto.
STRATEGIA
Mosse e direttrici di marcia che ingrossano il partito di chi vede Berlino preoccupata da Mosca quasi quanto da Ankara. Ma dal lato dei popolari la parola d’ordine è prudenza, oltre che apertura tattica. In questo senso va letta la possibile candidatura a sindaco di Amburgo della turco-tedesca Aygül Özkan, nata nel 1971 ad Amburgo da genitori immigrati dalla Turchia.
Dopo la laurea in giurisprudenza ha collaborato con primarie compagnie come Telekom per poi fare il balzo in politica (anche se alcuni problemi di salute potrebbero farle fare marcia indietro). L’allora Primo Ministro della Bassa Sassonia Christian Wulff la nominò nel 2010 ministro degli affari sociali. È stata la prima donna musulmana e tedesca di seconda generazione ad aministrare un ministero in Germania.
Uno scenario in cui spicca la proposta della leader della Spd, Andrea Nahles, che chiede al governo federale di creare un ponte finanziario con Erdogan. Replica lo speaker del governo Steffen Seibert secondo cui la questione degli aiuti tedeschi alla Turchia “non è attuale per il governo federale”.
Forse un modo di lasciare aperta la questione che comunue resta sul tavolo, anche perché è alle porte la visita di Stato di Erdogan in Germania (28 settembre).