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Intelligence, il governo decida. Giocare al Grande Fratello è da irresponsabili

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L’Intelligence è materia troppo seria per finire nel toto-nomi in stile reality show (Grande Fratello docet). Va detto perché la lettura dei giornali di oggi (Corriere della Sera e Messaggero innanzitutto) presenta una serie di ipotesi per i nuovi vertici del Dis e dell’Aise che non rappresenta di per sé nulla di male. Si tratta di nuove indiscrezioni che giungono dopo molti altri articoli apparsi su quotidiani e siti da ormai molte, troppe, settimane.

Ora, dalle parole si passi ai fatti. Il governo dovrebbe mettere mano a queste importanti decisioni nella riunione di domani, ma poiché una certa tendenza al rinvio sembra appassionare alcuni ministri (vedi Ilva, Tap e così via) occorre spendere parole chiare su un punto: la situazione d’incertezza non può essere ulteriormente mantenuta per elementari ragioni (anche) di sicurezza nazionale, pur essendo nota a tutti la professionalità e la indubitabile correttezza istituzionale dei vertici attuali e di quelli “in corsa”. In regime di proroga infatti le strutture faticano ad immaginare programmi di lungo periodo e gli uffici tendono ad occuparsi dell’ordinaria amministrazione: tutto ciò per la più elementare delle motivazioni, cioè il fatto che i vertici ed i decisori politici sono innanzitutto impegnati nella scelta dei nuovi capi.

Già, perché, per quanto possa apparire strano, anche i Servizi Segreti sono fatti di donne e uomini, con le loro preferenze, ambizioni, cordate e incompatibilità. Però il regime di prorogatio non è indifferentemente applicabile ad una federazione sportiva o alla direzione di un museo come alla guida di un’agenzia di Intelligence, poiché queste ultime maneggiano materie di enorme delicatezza, allergiche per intrinseca natura alla convivenza con catene di comando distratte o indebolite dall’evidenza di cambi imminenti. Intorno a noi accadono fenomeni di enorme rilevanza, non privi di minacce per la sicurezza nazionale.

C’è una situazione in Libia tutt’altro che sotto controllo, con esplicite dichiarazioni bellicose verso le autorità italiane. C’è una frontiera di sicurezza cyber che ogni giorno manifesta nuovi allarmi con tecniche sempre più raffinate, capaci di penetrare anche i sistemi meglio difesi tanto a livello istituzionale quanto nelle imprese. Ma c’è anche materia per lavorare sul terrorismo internazionale, che non mancherà di tornare a colpire dopo le disfatte dell’Isis in Siria ed Iraq, con progressivo ritorno nei paesi di origine di molti miliziani (in qualche caso mescolati ai profughi). E c’è infine un grande lavoro da fare per sostenere alcuni grandi investimenti italiani nel mondo, come quelli dell’Eni in Egitto (dove le vicende si intrecciano con il doloroso caso Regeni, su cui una parola di verità e giustizia attende da troppo tempo). Leggiamo nomi tutti autorevoli per gli incarichi “scaduti” ma non è certo il caso di fare il tifo per questo o quello.

Quel che conta è decidere subito, cioè a partire dal prossimo Cisr in concomitanza con il Consiglio dei Ministri, perché nessuna decisione è peggio di una decisione, essendo in lizza tutti nomi di grande professionalità. Si possono confermare gli attuali, si possono cambiare (magari premiando le competenze specifiche) e si possono anche indicare nuove leadership immaginando un cambio di testimone in tempi non immediati ma comunque definiti (il 31 dicembre?). Poco importa. Quello che conta è decidere subito nella certezza che, per quanto la situazione politica possa essere confusa, l’intelligence resta pilastro sicuro per le istituzioni della Repubblica. Lo capiscano Salvini e Di Maio, perché su questo terreno si misura non poca della loro credibilità di governanti di “nuovo conio”. E lo metta in pratica il premier Conte, anche a suggello del suo ruolo di guida del governo con forte vocazione istituzionale. In fondo è la ragione più importante per cui si trova a Palazzo Chigi.



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