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Salvini fa le prove generali da premier

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Tutto si può dire di Matteo Salvini tranne che sia un uomo incapace di stupire o se non altro di aprire improvvisamente nuovi e inaspettati scenari. Ieri ne abbiamo avuto una prova, nell’assistere in un solo giorno a una duplice, se non triplice, operazione politica. Puntellare una manovra ancora troppo ballerina, far calare (incredibile) lo spread e soprattutto esordire a pieni voti nella veste di supplente del premier Giuseppe Conte, assente dal Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio.

Il tutto senza tradire il Salvini che ben conosciamo, tutto muscoli e schiena dritta, a cominciare dal nuovo incendio libico. Anche questa è arte: rimanere se stessi mostrando al contempo ottime capacità nell’improvvisarsi, almeno per un giorno, qualcosa che fino ad ora non si è stato. Magari premier. A pensar male, si dice, ci si indovina sempre un po’ e per un attimo ieri si è avuta la sensazione di avere improvvisamente un nuovo capo del governo. Le ragioni di quanto scritto sono presto spiegate.

Con Conte (e Di Maio, impegnato a Foggia) lontani da Palazzo Chigi, il leader della Lega ha rubato un po’ la scena a tutti in Cdm, intervenendo sui fronti più caldi e sensibili del momento, vale a dire politica estera ed economica. Tralasciando per un attimo la prima, sulla quale Salvini ha fatto semplicemente il Salvini seppur con delle variabili che hanno giocato a suo favore, sulla seconda il vicepremier ha offerto un’interessante prova di senso della realtà.

Tanto per cominciare affermando apertis verbis che “la manovra d’autunno sarà rispettosa di tutte le regole di bilancio”. Detta così potrebbe sembrare la solita secchiata di acqua sul fuoco del defcit. E invece no. Il senso (e il risultato) delle parole di Salvini è doppio.

Da una parte ha fornito una sponda importante al ministro Tria, che da quando ha preso la guida del Tesoro non ha fatto altro che affannarsi a smentire via stampa chi invece il tetto del 3% lo vuole sfondare, persino con una certa disinvoltura. Niente di troppo cerebrale per carità, ma solo la volontà di rimarcare la differenza tra quel “sfiorare e sforare” coniata dallo stesso Salvini che in sede Ue può fare la differenza nei rapporti con la commissione.

L’effetto Salvini, secondo risvolto, non si è esaurito qui. Chi tiene giornalmente sotto controllo lo spread si sarà accorto che ieri il differenziale Btp/Bund ha chiuso a 282 punti base (era 290 in apertura) e oggi, dopo aver aperto a 276 viaggia sui 271 punti base: erano due settimane che non si registravano tali valori.

Va fatta anche un’altra considerazione. Salvini, realismo alla mano, sa bene che il grosso dei voti della Lega viene dal sistema produttivo, profondamente legato all’andamento dei mercati: un imprenditore su tre è legato a prestiti bancari e se lo spread sfugge di mano qualcuno si ritroverà a pagare una rata ben più pesante e la cosa potrebbe non andare troppo bene a un piccolo imprenditore del Nord-est. Senza considerare il fatto che lo stesso leader del Carroccio sembra essere sempre più un punto di riferimento per le banche e soprattutto le imprese. Un discorso legato a doppio filo alla spinta di Salvini alle infrastrutture (e all’indotto che esse generano, dunque le stesse piccole imprese) a cominciare dal Tap e la Tav.

Terza e ultima considerazione, ieri Salvini (che questa mattina riunirà al Viminale il suo staff economico per impacchettare le misure care alla Lega da inserire in manovra) sulla Libia è stato certamente muscolare ma sarà che l’assenza di Conte e Di Maio ha amplificato un po’ tutto, alla fine il suo ruolo nella politica estere ne è uscito ulteriormente rafforzato.

Quanto visto e udito ieri deve portare se non a una vera e propria riflessione, almeno a una domanda. E se il vicepremier si fosse concesso una prova generale e non prevista da premier? I mercati, almeno a guardare il contatore dello spread, dicono che al momento Salvini gode di buon credito (e pare che anche a sinistra qualcuno abbia apprezzato le uscite del ministro dell’Interno). Insomma, ce ne è abbastanza per chiedersi se sia inziziata, sottotraccia, la manovra d’avvicinamento a Palazzo Chigi. Magari per metterci piede la prossima primavera.

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