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Mafia curda e Pkk. I traffici e legami in Italia spiegati da Dambruoso e Conti

Di Stefano Dambruoso e Francesco Conti

Il traffico di sigarette finanzia il terrorismo internazionale. L’indagine milanese sul gruppo curdo vicino al Pkk: criminalità di stampo mafioso e finanziamento all’organizzazione terroristica. Indipendentismo o terrorismo? L’analisi di Stefano Dambruoso, magistrato, e Francesco Conti, cultore della materia

A fine maggio, una complessa operazione di polizia ha portato allo smantellamento di un’organizzazione di origine turca, ritenuta dagli inquirenti di stampo mafioso, attiva nel nostro Paese. Il gruppo era guidato da Baris Boyun, un curdo noto nel suo Paese per essere passato dal capeggiare una gang di strada a Istanbul a dirigere traffici illeciti transnazionali.

L’organizzazione di Boyun in Italia era di natura complessa, con diverse cellule specializzate nel compimento di reati sia nel nostro Paese che all’estero. I reati contestati dalla Procura di Milano sono il traffico internazionale di migranti (attraverso la rotta che passa per i Balcani), quello di droga (principalmente cocaina ed ecstasy), e anche la finalità di terrorismo. Grazie alle intercettazioni, gli investigatori hanno appreso che alcuni membri del gruppo di Boyun si stavano preparando a compiere attentati con l’utilizzo di esplosivi. Inoltre, l’organizzazione era anche attiva online, dove provvedeva al reclutamento di nuove leve. Come riscontrato nel corso di indagini sullo Stato Islamico il gruppo di Boyun come i jihadisti, utilizza la rete, e soprattutto i social media, per attirare i più giovani, facendo presa sul desiderio di rivalsa e sulla realizzazione socioeconomica. Entrambe le organizzazioni, consapevoli dell’importanza della propaganda online, usano TikTok e Instagram, le due piattaforme più usate dai giovani. Lo stesso Boyun gestiva alcune pagine social, dove faceva attivamente proselitismo.

Il terrorismo curdo del Pkk in Europa e Italia

Boyun, capo del gruppo criminale curdo indagato, era infatti in contatto con i vertici del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in Turchia. Per quanto riguarda l’Italia, il terrorismo di matrice curda ha storicamente sempre avuto legami con i movimenti antagonisti e i gruppi militanti di estrema sinistra. Ciò a causa di punti di contatto ideologici, primo fra tutti il marxismo, uno dei cardini del Pkk. Tali organizzazioni nostrane comprendono ora anche alcuni esponenti con esperienza di combattimento maturata al fianco delle milizie curde Ypg, affiliate politicamente al Pkk (Partito del Lavoratori del Kurdistan), che per anni hanno eroicamente contrastato lo Stato Islamico in Siria. Il Pkk ha negli anni organizzato in Europa diverse attività criminose gestite da affiliati del gruppo, oltre a raccogliere fondi, tramite donazioni, dalla numerosa diaspora curda. La relazione annuale di Europol sul contrasto al terrorismo (Terrorism Situation and Trend Report) del 2023 ha evidenziato come il Pkk sia principalmente attivo nel traffico di droga e in vari tipi di frodi. Soprattutto gli stupefacenti sono di importanza vitale per il gruppo, garantendo introiti fino a 2 miliardi di dollari l’anno, così come desumibile da informazioni della Direzione centrale per i servizi antidroga del 2022. Il Pkk utilizza poi i proventi delle attività illecite per finanziare la sua pluridecennale lotta armata contro lo stato turco in nome dell’indipendenza del popolo curdo. Un attentato suicida a Istanbul, presso una sede della polizia, a ottobre 2023 ha confermato l’attivismo del gruppo contro il governo turco di Erdogan. Contemporaneamente, la Turchia è anche impegnata in operazioni oltreconfine, contro le basi del Pkk nel Kurdistan iracheno, con attacchi mirati dell’aviazione e raid delle forze speciali. Nonostante sia un conflitto molto spesso ignorato, soprattutto dai media europei, vi sono stati più di settemila morti, fra militanti curdi, forze di sicurezza turche, e civili, in meno di dieci anni (la recente ripresa delle ostilità è infatti del luglio 2015).

Nonostante non vi siano al momento riscontri su elementi materiali o operativi di collegamento fra l’organizzazione di Boyun e il Pkk, è stato accertato che la prima poteva comunque contare in Italia su un arsenale che includeva anche armi da guerra, di cui lo stesso Partito dei Lavoratori ne ha disponibilità in diversi Paesi europei. Il conflitto in cui è coinvolto il Pkk evidenzia ulteriormente il delicato rapporto fra principio di autodeterminazione, sancito dal diritto internazionale e tutelato in sede Onu, e la lotta armata. Scopo ultimo del Pkk è infatti quello di ottenere una patria indipendente per il popolo curdo e portare a termine l’oppressione dello stato turco, equiparato, dai fautori dell’indipendenza curda, a un vero e proprio regime coloniale. Tale questione si sta attualmente riproponendo anche in Terra Santa. Sebbene non si neghi la natura terroristica di Hamas, che ha compiuto un massacro paragonabile alle violenze dello Stato Islamico, le rivendicazioni politiche del conflitto devono indurre a una riflessione sugli strumenti di contrasto al terrorismo a livello internazionale. Sia Hamas che il Pkk sono entrambi inserite nelle black list emanate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, istituite su impulso degli Stati Uniti, principale finanziatore dell’organizzazione internazionale. Di conseguenza l’Unione europea, conformandosi alla linea politica americana, emana proprie liste sanzioni per contrastare la presenza terroristica su suolo europeo. In alcuni Paesi, dove è più forte l’influenza della diaspora curda (come nei Paesi scandinavi), vi sono però interpretazioni contrastanti, che fanno leva sulla legittimità politica della lotta armata del Pkk, scindendo le attività di promozione, anche propagandistica dell’indipendenza curda, da quelle più propriamente terroristiche. Stessa cosa sta accadendo, mutatis mutandis, anche per quanto riguarda la questione palestinese. Soprattutto al di fuori dell’Europa, le definizioni di terrorismo non sono spesso condivise, poiché’ riflettono interessi di natura geopolitica, anche in contrasto con quelli Occidentali. Due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Cina e Russia, hanno posizioni politiche differenti sia per quanto riguarda il Pkk sia su Hamas, così come l’India, nuova potenza emergente sulla scena internazionale, che non condivide le liste di proscrizione su cui si basa la strategia antiterrorismo di Stati Uniti e dei Paesi europei.

L’importanza del traffico di sigarette

Ritornando all’organizzazione smantellata in Italia, questa era coinvolta anche nel contrabbando di sigarette. Boyun coordinava una complessa rete che vedeva coinvolti, oltre alla Turchia (da dove proveniva la merce), anche Belgio e Paesi Bassi. Secondo gli investigatori, l’organizzazione di Boyun poteva contare sul supporto di impiegati delle dogane corrotti che operavano in diversi porti olandesi. Tale attività criminosa è spesso gestita anche da gruppi terroristici. I traffici di tabacchi lavorati sono prima di tutto un’ingente fonte di guadagno. Infatti, secondo dati Onu, il commercio illegale di sigarette garantisce più di settanta miliardi di dollari all’anno. Solo in Unione Europea si è accertato che i 500 milioni di sigarette sono state contraffatte nel 2022, come riscontrabile dai reports dell’Olaf (l’ufficio antifrode dell’Unione europea, organo che ha anche competenza sulla lotta al traffico di tabacchi). Inoltre, questa forma di contrabbando spesso appare meno visibile rispetto ad attività come il traffico di droga o il contrabbando di esseri umani (attività dove l’organizzazione di Boyun era comunque coinvolta).

Non sorprende infatti che organizzazioni come al-Qaeda e Hezbollah abbiano puntato anche sul traffico di sigarette per finanziare le proprie attività terroristiche. Nel primo caso, la branca magrebina di al-Qaeda era nota per annoverare fra i suoi capi Mokhtar Belmokhtar (deceduto in Libia nel 2015), conosciuto anche come “Mr Marlboro” per le sue molteplici operazioni di contrabbando. Egli, sfruttando la cronica disoccupazione giovanile, flagello di quasi tutti i Paesi del Maghreb e del Sahel, utilizzava manodopera locale, attratta dai facili guadagni, per i suoi traffici illeciti. Le reclute, che decidevano di rimanere per la stabilità economica garantita dalle attività illegali, venivano poi gradualmente introdotte all’ideologia jihadista. I proventi così ottenuti da Belmokhtar sono stati usati per finanziare diversi sanguinosi attacchi, come gli attentati di Bamako, Mali e Uagadogou, Burkina Faso (dove perse la vita anche un bambino italiano di 9 anni) fra 2015 e 2016. Per quanto riguarda Hezbollah, l’organizzazione terroristica libanese ha spesso utilizzato membri fedeli della diaspora libanese per intraprendere traffici illeciti. Negli Stati Uniti, una complessa indagine di polizia alla fine degli anni Novanta (Operation Smokescreen) riuscì a smantellare una cellula di Hezbollah che utilizzava i proventi del contrabbando di sigarette negli Stati Uniti per finanziare le operazioni terroristiche contro Israele. Una simile articolazione criminale di Hezbollah è stata nuovamente smantellata negli Stati Uniti nel 2013, a conferma dell’importanza del traffico di sigarette per il gruppo terrorista sciita.

Il ruolo chiave della collaborazione internazionale

L’operazione di polizia che ha smantellato l’organizzazione capeggiata da Boyun in Italia rappresenta un importante esempio della collaborazione fra forze di polizia di diversi Paesi. Oltre all’Italia, dove si è visto un coinvolgimento sinergico fra Polizia di Stato e Guardia di Finanza, la complessa indagine ha visto anche l’importante contributo delle forze dell’ordine turche. La polizia turca ha collaborato con agenti del Kom, la sezione specializzata nella lotta al crimine organizzato e al contrabbando, che opera quotidianamente contro la mafia turca a Istanbul. La Turchia è uno dei principali punti di transito del tabacco illecito (verso i mercati europei), e anche un Paese dove continuano a operare finanziatori del terrorismo jihadista, in primis dello Stato Islamico, nonostante i frequenti arresti a opera dell’antiterrorismo (Tem) e dell’intelligence turca (Mit). Inoltre, l’operazione ha visto il coordinamento di Europol, che ha inviato due esperti in intelligence. L’organizzazione di polizia europea, tramite Empact (European multidisciplinary platform against criminal threats) coordina gli sforzi dei Paesi membri nella lotta a ogni tipologia di crimine transnazionale, da quello cyber, fino al traffico di esseri umani e il terrorismo jihadista, fornendo intelligence strategica e rafforzando la cooperazione fra le diverse forze di polizia. L’indagine, in conclusione, ha fornito un’ulteriore conferma sulla indispensabilità della collaborazione fra i Paesi dell’Unione europea nel contrasto al crimine transnazionale. L’Europa più unita è senza dubbio più forte contro ogni aggressione agli interessi dei singoli Stati del continente intero.

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