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Che cosa ha detto padre Antonio Spadaro al Meeting di Rimini

Di Andrea Mainardi
padre spadaro

Arriva all’ultimo giorno di Meeting padre Antonio Spadaro. Di rientro dalla Svezia dopo un breve periodo di vacanza e ritiro spirituale (e di probabile preparazione della visita del papa a Lund, a fine ottobre, per i 500 anni della Riforma di Lutero). È alla sua seconda partecipazione al festival riminese (la prima nel 2014), e il direttore di Civiltà Cattolica riceve l’investitura ufficiale del portavoce di Cl, Alberto Savorana, che al termine dell’incontro sulla “Diplomazia di Francesco. La misericordia come processo politico” sembra indicare il gesuita tra i contemporanei maestri del movimento fondato da don Giussani: “Seguendo te, seguendo come tu segui il papa, noi da oggi possiamo seguirlo di più”. Segnali importanti da registrare sul sismografo ciellino, che in questo 2016 ha costruito un Meeting molto bergogliano, e infatti ha invitato a coronare la kermesse il gesuita scrittore – uno degli uomini più vicini al papa – dopo, tra l’altro, avere promosso una mostra sull’immigrazione decisamente Francesco’s style e organizzato un incontro su Romano Guardini e don Giussani. Non sfugge che la tesi di dottorato, mai discussa, di Bergoglio, verteva proprio sul teologo italo-tedesco. E da quella tesi si ricavano i quattro principi cardine del suo pensiero: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte. La visione politica di Bergoglio si illumina a quei criteri.

Prendendo le mosse da un suo articolo di febbraio, Spadaro allarga gli orizzonti della riflessione sulla misericordia come stile dell’agire internazionale di Bergoglio. Un papa che se fa alzare il sopracciglio al fronte tradizionalista che lo accusa di magistero liquido; che spesso fa più immaginare ciò che vuol dire che esprimerlo chiaramente – consegnando tutti alla responsabilità del discernimento –, sul fronte geopolitico non fa mistero del suo disegno. Evidentissimo.

LE SFUMATURE DI GRIGIO DEL PAPA ARGENTINO

Nell’ultimo numero di Civiltà Cattolica, Spadaro riporta – con l’autorizzazione pontificia – il resoconto dell’incontro privato tra Bergoglio e i confratelli gesuiti polacchi a Cracovia. Un passaggio è illuminante: “La Chiesa – ha detto il papa a luglio – ha oggi bisogno di crescere nel discernimento (mentre) alcuni piani di formazione corrono il pericolo di educare alla luce di idee troppo chiare e distinte, e quindi di agire con limiti e criteri definiti rigidamente a priori, e che prescindono dalle situazioni concrete”. Potremmo battezzare con il linguaggio di Zygmunt Bauman – tra l’altro citato in altro contesto da Savorana, al termine dell’incontro riminese – l’affacciarsi di un cattolicesimo “liquido” che si tuffa nelle zone grigie: “Nella vita non è tutto nero su bianco o bianco su nero – ha detto ancora il papa – Nella vita prevalgono le sfumature di grigio. Occorre allora insegnare a discernere in questo grigio”. Il pensiero corre inevitabilmente all’esercizio del dubbio evocato a suo tempo dal card. Martini.

Anche alla luce di questo si comprende l’agire politico del papa militare della misericordia, che viene dalla Compagnia di Gesù e dalla fine del mondo. Un agire intessuto di una forte carica simbolica, di gesti più che di enunciazioni. Di una misericordia – chiarisce Spadaro – che non è un buon sentimento. Ma ha un valore geopolitico perché “Dio agisce anche dentro i processi storici dei popoli e delle nazioni”.

MISERICORDIA DI LOTTA CONTRO I FONDAMENTALISMI

Descrivendo gli aspetti della poliedrica costruzione geopolitica bergogliana, il direttore della più antica rivista italiana non risparmia una stoccata ai “neo-crociati” (anche a certi partiti italiani, fa capire) perché “il papa svuota di senso il millenarismo apocalittico che si vuol dire cristiano e che si pone come giustificazione della guerra” contro il Califfato, la cui macchina narrativa il papa argentino depotenzia all’origine, rifiutando di parlare di guerra di religione e definendo i terroristi “povera gente criminale”. Un’espressione di condanna e compassione insieme che, secondo Spadaro, rimanda al nucleo evangelico dell’amare il proprio nemico.

IL PAPA NON SI SCHIERA

Ne consegue il sottrarsi dalle teorie sullo scontro di civiltà e un no netto ai boots on the ground, a una guerra di terra che farebbe il gioco dell’Isis. Per questo davanti all’orrore – la Shoah come gli attentati – “la prima reazione di Francesco è quella dello sgomento, non dello schieramento. Anzi, egli tende a evitare la logica binaria che divide il mondo in vittime e carnefici”.

Qui Spadaro lega la geopolitica del papa alla spiritualità bergogliana. È il mistero del peccato nella storia, “un fiume di miseria” – ha detto Francesco nel 2013 – che però “nulla può contro l’oceano di misericordia che inonda il mondo”. Forte il riferimento a Pietro Favre, tra i primi compagni di Ignazio – canonizzato nel 2013 dallo stesso Francesco –, la cui visione era di mettere tutti insieme, non dare torti o ragioni. “Il papa è realista – analizza Spadaro – non è un pacifista astratto, sa che la conflittualità è un elemento ineliminabile nei rapporti umani, ma sa che la misericordia può cambiare il mondo”.

UN PAPA TOUCH. TOCCARE I MURI PER RISANARLI

“Bergoglio tocca: tocca i muri, che sono ferite, per risanarli, come ha ben capito un suo amico musulmano, Omar Aboud. La sua diplomazia non è dei trattati e delle dichiarazioni. Per lui è importante lo sguardo, il contatto dell’incontro”. Così è stato a Cuba con Kirill e in Armenia con il Catholicos. Sullo scacchiere internazionale “Bergoglio si comporta come il medico che ascolta il battito del cuore, che è al centro, sentendo prima il polso del paziente, che è alla periferia del corpo”. Ecco che così Spadaro rintraccia i segni dell’agire politico del vescovo di Roma seguendolo sul mappamondo del suo pellegrinare.

A Betlemme, un gesto imprevisto: fermare la macchina al muro che divide ebrei e palestinesi; non ha detto nulla, ha solo poggiato la testa in preghiera. Al muro delle esecuzioni di Auschwitz, in silenzio, ha steso la mano. Ha visitato Sarajevo (quando qualcuno consigliava la più cattolica Monstar) e la martoriata Bangui.

LO SGUARDO DI MAGELLANO

“Che fa il papa in Europa? La sta circumnavigando. Lampedusa, Albania. La viaggia visitandola in periferia – ricorda il direttore – e poi con un balzo è andato al centro, a Strasburgo. E da qui è tornato alle periferie. C’è uno spostamento ad Est molto visibile: è stato in Turchia e in Armenia. A fine settembre sarà in Georgia e Azerbaijan”, prosegue Spadaro, raccontando di una intervista di Bergoglio a La Cárcova News, un giornale di una villa miseria argentina. “Francesco ha chiarito che nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo di più. Fa un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa”.

LE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA? LA LAVANDA DEI PIEDI

Ricordando un’intervista del papa a La Croix, Spadaro evidenzia il disagio di Bergoglio a parlare di radici cristiane: “L’Europa, sì, ha radici cristiane. Il cristianesimo ha il dovere di irrigarle, ma in uno spirito di servizio come nella lavanda dei piedi”.

“Noi tendiamo a considerare l’Europa come uno spazio – conclude – Il papa la vede come un processo in atto, all’interno di un mondo in movimento. Allora occorre verificare non se la casa regge, ma se la sua realizzazione è in progress. Così l’identità si allarga. Lo ha detto chiaramente: l’identità non è fatta solo di contenuti dati, ma vive di una dinamica che ha il suo fuoco non nel passato ma nel futuro. Questa la domanda che Francesco pone all’Europa: non chi sei, ma che cosa speri”.

E in questa immagine di Europa, non come spazio ma come divenire, non come dato storico ma come futuro, riecheggia forse, e non casualmente, quello che poco prima dell’intervento di Spadaro il Meeting ha annunciato come titolo per l’edizione 2017: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”.



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