Sicurezza energetica e rivoluzione rinnovabili: i due temi sono ormai inscindibili, come dimostra il nuovo pacchetto Ue sulle politiche energetiche e come hanno indicato gli esperti di settore presenti al recente seminario a porte chiuse “Energy Perspectives in Italy and Europe _2017 and beyond” organizzato dal Centro Studi Americani e la rivista Formiche con la collaborazione di Enel.
Le politiche dell’energia dei paesi occidentali negli ultimi anni sono state caratterizzate da un filo conduttore: la necessità di reagire al cambiamento climatico, includendo quote sempre più consistenti di fonti rinnovabili nel mix energetico (e liberandosi nel contempo dalla dipendenza da nazioni politicamente instabili). Sono ovviamente i paesi “occidentali” a spingere su queste strategie, ma non va trascurato il fatto che la Cina, che inquina più di tutti, è anche il paese che investe di più in rinnovabili. In Europa e Italia la rivoluzione green non è ancora pienamente riuscita, soprattutto nel settore dei trasporti, ma le competenze che abbiamo, e i risultati già raggiunti, uniti all’innovazione tecnologica e a politiche Ue più armonizzate, ci permetteranno di centrare gli obiettivi.
IL DOMINIO DELLE FONTI FOSSILI
Per ora, come ha sottolineato Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, le fonti fossili continuano a fare la parte del leone nel cosiddetto energy mix. La crescita della popolazione mondiale e la necessità di alimentare le economie globali fanno sì che petrolio, gas e carbone siano ancora le fonti più usate; le altre allargano le loro quote ma restano marginali: “Nella generazione di energia elettrica, per il 2040 si calcola uno 0,5% del totale da fotovoltaico, 0,2% da solare termico, 0,9% da eolico, 0,3% da geotermico”, ha riferito Tabarelli.
L’Europa sta cercando un’inversione di marcia, con obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, del 30% entro il 2030, e dell’80-95% entro il 2050, di pari passo con un netto incremento dell’uso delle rinnovabili ed “è già riuscita a centrare alcuni obiettivi, grazie all’incremento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, ma queste restano solo il 2% del totale. E con uno squilibrio tra l’attenzione dedicata a eolico e fotovoltaico a scapito delle biomasse che invece hanno un ruolo importante”, ha notato Tabarelli.
Uno dei settori più difficili da convertire alla rivoluzione green è quello dei trasporti: più di un quarto dei consumi finali di energia nel mondo riguarda il trasporto, dove dominano i derivati del petrolio (93% del totale), solo un 2% in meno rispetto al 1971. Nel 2040 le politiche green e le innovazioni tecnologiche permetteranno di ottenere un risultato più rilevante ma la preponderanza dei derivati del petrolio resterà (85% del totale). “Difficile ancora pensare a una rete capillare ed efficiente dei trasporti che sia anche green”, ha commentato Tabarelli.
Difficile anche mandare in pensione definitivamente il carbone, molto inquinante ma low cost. “Parte della responsabilità va alle imprese occidentali che delocalizzano verso paesi emergenti dove la generazione elettrica è ancora in larga misura affidata al carbone, la fonte a più basso costo che esista, spesso sfruttata in impianti elettrici di bassa qualità”, ha osservato Tabarelli. “Purtroppo il carbone sarà ancora molto usato in futuro”: non lo usano solo i paesi emergenti, ma anche quelli più industrializzati, compresi Usa, Germania e Italia.
SCENARI GEOPOLITICI
Il ruolo del carbone è un elemento di cui tenere conto negli anni a venire per il successo delle politiche green, insieme ad altre e ancor più importanti variabili come l’uso crescente del gas naturale per la generazione di energia elettrica – gas di cui gli Stati Uniti sono il massimo produttore mondiale. “Quel che succede negli Usa è importante”, ha ribadito Tabarelli; “sono un paese che consuma moltissima energia, il secondo al mondo dopo la Cina, hanno avviato le pratiche di fracking con cui hanno potenziato la capacità produttiva nazionale, ma sono anche diventati leader nel gas e quindi sono riusciti a ridurre le emissioni di CO2”. Nell’attesa di vedere se il presidente eletto Donald Trump confermerà le politiche energetiche di Barack Obama, la nomina del numero uno di Exxon Rex Tillerson a Segretario di Stato potrebbe significare, secondo Tabarelli, che gli Stati Uniti cercheranno una politica di “accordi commerciali in Medio Oriente e favoriranno un periodo di stabilità e, possibilmente, pace in nome degli interessi economici”.
L’UE IN CERCA DI ARMONIZZAZIONE
Tornando in Europa e al pacchetto di misure presentato a fine novembre per sostenere la competitività europea nella transizione verso l’energia “pulita”, con l’ambizione di dare all’Ue la “leadership globale nelle rinnovabili”, Simone Mori (nella foto), direttore Affari Europei di Enel e presidente Assoelettrica, ha sottolineato come il pacchetto Ue miri ad armonizzare con maggiore efficacia gli strumenti e i target delle politiche energetiche in Europa. Ovviamente l’Ue vuole accelerare il processo di decarbonizzazione e diversificazione delle fonti, ma anche evitare che ogni Paese proceda individualmente coi propri obiettivi, che alcuni hanno raggiunto, come l’Italia, altri no. “Ora c’è un target unico, non 28 target diversi, per favorire gli investimenti e abbassare i costi mettendo insieme progetti di ampia portata che toccano più geografie”, ha detto Mori. “L’Ue ha dato tanti incentivi alle rinnovabili ma non è riuscita a creare un effetto filiera anche nell’hitech, che dà un contributo decisivo al raggiungimento degli obiettivi in ambito energia”.
“L’Europa deve implementare meglio le tecnologie per digitalizzare le reti e controllare la domanda, dando più strumenti al consumatore per fare scelte consapevoli, oltre che spingersi oltre nel creare concorrenza sul segmento retail e far entrare le rinnovabili a pieno nei meccanimi di mercato”, ha continuato Mori. “Tutto questo rappresenta un’opportunità anche per il sistema Italia, che già ha portato avanti con successo il processo di decarbonizzazione, usa molte rinnovabili e ha una rete elettrica in larga parte digitalizzata. Se l’Ue è integrata, gli anelli deboli dell’Ue sono più forti e ci è più facile negoziare con altri paesi, specialmente la Russia”.
ITALIA: PIU’ DIGITALE, PIU’ LAVORO DI SQUADRA
Anche per Diego Gavagnin, consulente, esperto di comunicazione e politica energetica, “è la tecnologia che garantirà il superamento della dipendenza dal petrolio e il successo della lotta al cambiamento climatico”. Ma Gavagnin ha indicato anche che “il gas è la fonte di energia del futuro, in grado di soppiantare il petrolio. Alcuni gruppi dell’energia lo hanno capito: Shell sta andando in questa direzione. L’Italia deve trovare un’efficace alternativa al gas russo”.
Mori non crede però che norme e politiche Ue siano “pilotate” dagli interessi di Germania, Francia e Uk; piuttosto, è l’Italia che ha bisogno di una politica più forte e decisa, capace di portare avanti gli interessi del paese in modo compatto; i “portatori in interesse” (governo, imprese, consumatori) devono diventare più bravi a “fare squadra” per sostenere le necessità del sistema paese: “Occorre saper allineare interessi anche diversi e superare conflitti e particolarismi in nome di un risultato comune che beneficia tutti”, ha concluso Mori.
“L’approccio multistakeholder è fondamentale per mettere in moto più investimenti nel mercato energetico”, ha confermato Andrea Gumina, esperto di innovazione e economia digitale dello Sherpa G7 Unit.
LE PECCHE DELL’EUROPA
La mancata armonizzazione degli strumenti di politica energetica, che il nuovo pacchetto Ue cerca di migliorare, è per Guido Bortoni, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, la prima grande pecca delle politiche energetiche comunitarie fino ad oggi: “C’è stata una proliferazione di strumenti, a volte confliggenti o comunque sovrapponibili”, ha sottolineato Bortoni. “La polis europea avrebbe dovuto puntare sullo sfruttamento della diversità delle risorse energetico-ambientali tra Paesi membri, che rappresentano un patrimonio prezioso per l’Europa”. Invece, il mancato dialogo a livello Ue sulla condivisione della diversità delle risorse ha finito per dar luogo a un mosaico di 28 tessere in cui “ognuno fa da sé con le proprie risorse ma con strumenti nazionali che non consentono ancora una vera integrazione e quindi con spreco di costi ed efficienza”. Più proficuamente, l’Europa dovrebbe ragionare in termini di “macro-regioni”: aree geograficamente attigue ed economicamente omogenee in cui l’armonizzazione degli strumenti e la condivisione di fonti diversificate sono più facilmente ottenibili anche se su un ambito geografico ridotto.
Quanto all’Italia, siamo un paese virtuoso nell’energia, allineato a tutti i macro-obiettivi posti dall’Europa, dalla sicurezza dell’approvvigionamento alla concorrenza di mercato alla sostenibilità, ma “anche noi abbiamo specificità che andrebbero riconosciute”, ha osservato il presidente dell’Autorità. Per esempio, un dualismo presente in Italia che si è creato con l’apertura del mercato e con gli incentivi alla sostenibilità ambientale è quello “tra i professionals dell’energia che da sempre operano nel settore e utenti diffusi che operano su piccola scala, anche locale o familiare, che ‘fanno energia da sé'”. Dati dell’Aeegsi rivelano che queste mini-centrali (alimentate quasi solo da fonti rinnovabili, per lo più solare) rappresentano oltre 30mila MW, un quarto della potenza installata totale nazionale, che per il 60% viene immessa in rete. In questo scenario assumono particolare rilevanza gli interventi di regolazione per promuovere l’integrazione della generazione distribuita nel sistema elettrico e garantire la sicurezza, innovando le modalità di gestione delle reti e degli impianti e promuovendo lo sviluppo delle infrastrutture tra cui le smart grids.
Bortoni ha infine invitato l’Italia a farsi “valere” in Europa: entro l’inizio del prossimo anno, per esempio, saranno pronte le prime linee dell’intervento sul capacity market, la riforma dei sistemi di remunerazione della capacità di produzione elettrica installata, e, ha indicato il presidente dell’Autorità, “il nostro modello sulla carta è migliore di quelli di altri paesi Ue, che però – a differenza nostra – hanno già ottenuto l’autorizzazione dell’Ue. Noi italiani dobbiamo lavorare sulla nostra capacità di delivery in Europa, oggi carente”.
UNA POLITICA “FORTE”
“Per investire abbiamo bisogno di stabilità delle norme e per l’efficienza energetica di un’azione politica più forte”, è intervenuto il senatore M5S Gianni Girotto. “Secondo noi occorre innalzare le tasse sulle fonti fossili, rendere più ambiziosi gli obiettivi di COP21 sul contenimento dell’innalzamento delle temperature e puntare di più sulla mobilità elettrica e sostenibile, che non serve solo all’ambiente ma anche ad avere un mercato elettrico più bilanciato sfruttando gli accumulatori dei veicoli elettrici quando non sono in movimento”.
Ignazio Abrignani (gruppo parlamentare “Scelta Civica verso Cittadini per l’Italia-MAIE”), ha sottolineato: “Politica forte e presenza in zone cruciali del mondo come Siria e Libia aiuterebbero l’Italia anche sui temi dell’approvvigionamento e della sicurezza energetica. L’Italia ha giustamente diversificato le sue fonti ma sulla mobilità elettrica deve spingere di più, stimolare la concorrenza di mercato e fare dell’efficienza energetica un obiettivo strategico”.
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