Continua, a distanza ma senza sosta, lo scontro sul fondo Atlante tra le banche e il suo timoniere Alessandro Penati, sostenuto con tutte le sue forza dal numero uno delle Fondazioni, Giuseppe Guzzetti. Le cronache degli ultimi giorni lo dicono chiaramente. Vediamole.
LE SVALUTAZIONI
Un primo modo per capire quali siano gli schieramenti delle forze in campo è quello di guardare alle svalutazioni. Funziona così: chi tira una bella riga sul valore di bilancio della quota nel fondo di sistema nato nell’aprile del 2016 per salvare le banche italiane probabilmente non crede più nell’iniziativa; chi non lo fa, è ancora fiducioso. Rientrano nella prima categoria praticamente tutti gli istituti di credito italiani, guidati da Intesa Sanpaolo e Unicredit, che sono anche i maggiori azionisti di Atlante. Rientrano nella seconda le Fondazioni bancarie, capitanate dal numero uno dell’Acri Guzzetti, che di Atlante è stato il grande promotore, sostenuto all’epoca dal governo Renzi.
LE BANCHE
Per quanto riguarda le banche, scrive Luca Davi sul Sole 24 ore del 9 maggio con riferimento all’investimento in Atlante: “I conti per il settore si potranno fare solo al termine del periodo dell’investimento, ovvero tra cinque anni, più gli eventuali altri tre. Ma per il momento il bilancio è in forte rosso. Il comparto bancario ha virtualmente tagliato il valore storico (pari a 3,4 miliardi) di almeno 1,2 miliardi, secondo i calcoli del Sole 24 ore. Ai 547 milioni di svalutazione di Unicredit (banca che ha usato la mano più pesante sulla quota di 686 milioni versati), si aggiungono i quasi 700 milioni del resto del sistema. E questo – aggiunge il quotidiano di Confindustria – al netto delle ulteriori svalutazioni che potrebbero essere annunciate nel corso di questa settimana, in occasione delle presentazione dei conti”. Il Sole 24 ore fornisce l’elenco delle svalutazioni: Banco Bpm hanno tagliato la loro quota di 59,8 milioni, dimezzandola rispetto ai 121,7 milioni versati, Ubi Banca ha svalutato del 45% (-73 milioni su circa 162 versati), Bper del 34,8% (-28 milioni), Creval del 36% (-17), Banca Mediolanum del 42% (-17), Banca Popolare di Sondrio del 34% (-14 milioni).
LE PAROLE DI GUZZETTI
Dall’altra parte della barricata, ci sono le fondazioni, che pure hanno investito in Atlante ma hanno deciso di non svalutare. “La linea dell’Acri è stata decisa mesi fa e non c’è motivo di cambiarla”, ha di recente ripetuto Guzzetti, che a febbraio aveva già dichiarato: “Non vogliamo rimetterci nemmeno un euro, perciò non svalutiamo”. Dopodiché, il patron dell’Acri e della fondazione Cariplo è tornato alla carica sulla questione l’11 maggio: “Bisogna fare un monumento ad Alessandro Penati“, il presidente di Quaestio, la società che gestisce il fondo Atlante, perché ha “salvato il sistema bancario italiano. Adesso c’è chi cerca un capro espiatorio, ma non può essere Penati. E’ un gioco fin troppo scoperto e, se consentite, anche squallido e indegno”. Parole dure quelle di Guzzetti, in difesa di Penati, che negli ultimi mesi si era scontrato più volte con le banche. A febbraio, il timoniere di Atlante non era riuscito più a controllarsi ed era esploso: “Questa cosa della svalutazione mi fa imbestialire, c’è una lungimiranza pari a zero. Investi in una banca fallita e dopo sei mesi svaluti”.
LA QUESTIONE VENETA
Ma di cosa incolpano Penati le banche? Del fatto che Atlante, fondo nato per sgravare le banche delle sofferenze nei bilanci, in realtà sia riuscito “solo” a partecipare agli aumenti di capitale della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, tradendo così la propria “mission”. Lo stesso Guzzetti, l’11 maggio, ha ricordato che Atlante era nato per rilevare i crediti deteriorati ma poi, “non perché se lo è inventato Penati”, il fondo è stato “deviato da questo obiettivo” per salvare le banche venete. Non lo hanno deciso “gli uscieri dei palazzi romani – ha aggiunto Guzzetti – ma coloro che in quei palazzi esercitano legittimamente la loro funzione politica, economica istituzionale, sociale, bancaria” dopo che Unicredit “ha dichiarato che non era in grado di mantenere la garanzia” sull’aumento di capitale della Popolare di Vicenza. “Quindi quell’aumento sarebbe fallito, sarebbe fallita la banca, trascinando nella crisi tutto il sistema bancario”, ha detto Guzzetti.
L’EUROPA
In effetti, Unicredit ritirò la garanzia sull’aumento da 1,5 miliardi, costringendo di fatto Atlante a intervenire per partecipare a una ricapitalizzazione che altrimenti sarebbe andata deserta. E una cosa simile accadde con la garanzia di Intesa Sanpaolo per l’aumento di Veneto Banca. I due gruppi, in odore di fusione, ora sono in attesa del via libera della Commissione europea alle ricapitalizzazioni precauzionali (dopo che la Bce ha individuato un fabbisogno complessivo da 6,4 miliardi) che implicheranno l’intervento dello Stato nel capitale, ridimensionando fortemente l’attuale azionista di maggioranza Atlante.