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Perché Silvio Berlusconi è pazzo del proporzionale

Ovvio che farà decantare il confronto sulla legge elettorale e sui conseguenti assetti del centrodestra, che pongono la questione dirimente della leadership, insidiata dal leader leghista Matteo Salvini, fino ai ballottaggi per le elezioni amministrative di domenica 25 giugno. Ma nei dintorni di Silvio Berlusconi c’è già chi è convinto che il presidente di Forza Italia, anche nel caso di una vittoria a Genova, non intende scostarsi di un centimetro dal sistema elettorale proporzionale, rigorosamente senza preferenze, che mantiene salda la leadership nelle sue mani, e in quelle di Fi, di un centrodestra a trazione moderata. Altro che leghista, come Salvini aveva subito tuonato, salvo poi smussare, dopo la prima tornata delle Amministrative. E questo, ammesso sempre che, secondo lo schema di quella che Fedele Confalonieri, in una intervista a la Verità di Maurizio Belpietro, ha definito la “politica dei due forni”, Berlusconi propenda per l’alleanza di centrodestra. Perché poi ci sarebbe l’altro schema dell’alleanza, dopo il voto nazionale, con il Pd di Matteo Renzi. Ma in ogni caso l’ex premier è ben determinato a tenersi le mani libere e non farsi affatto schiacciare dalla morsa degli alleati sovranisti Salvini e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che scatterebbe con il maggioritario.

Del resto, che la via è il proporzionale, contemplato dal sistema tedesco, Berlusconi lo aveva ribadito subito dopo il naufragio del Germanellum a Montecitorio di una settimana fa. Quindi, ora lo schema sarebbe quello di rilanciare magari anche ripartendo stavolta dal Senato, a settembre, quando non ci saranno più ansie tra i parlamentari per quel voto anticipato che sembra essere sfumato. Uno schema che per Berlusconi sarebbe a maggior ragione valido anche dopo che proprio ieri è arrivata la notizia che la Corte europea per i diritti dell’uomo ha fissato per il 22 novembre prossimo la data per l’udienza della Grande Camera per il ricorso da lui presentato contro l’applicazione della legge Severino. Non perché l’ex premier sembra sia molto ottimista sul fatto che possa tornare eleggibile, ma perché, essendo prevista la sentenza dopo 6 mesi, potrebbe certamente fare campagna elettorale senza però neppure la palla al piede di un verdetto negativo. E chiaramente potrebbe trasformare in un’arma da campagna elettorale la situazione ballerina in cui in quei mesi si verrebbe a trovare. Ma in tutto questo il faro è il proporzionale, in nome del quale il Cav sarebbe disposto a concedere anche importanti modifiche come quella sul voto disgiunto e ad abbassare la soglia del 5 per cento, che avrebbe messo fuori dai giochi Alternativa popolare di Angelino Alfano, al 4 per cento. La formazione del ministro degli Esteri si sa ha un ruolo di primo piano nei numeri ballerini al Senato, da dove ragionano dentro Fi, si potrebbe ricominciare.

Intanto – seccamente smentita sia dai Cinque Stelle, che hanno annunciato querelato, che da Salvini – ad agitare i rapporti nel centrodestra c’è stata anche l’indiscrezione lanciata dal quotidiano la Repubblica (il cui direttore Mario Calabresi, invece, ha altrettanto seccamente confermato), su un presunto incontro segreto di qualche tempo fa a Milano tra Davide Casaleggio e il leader del Carroccio. Se poi, al di là di questa vicenda, nonostante tutte le turbolenze, e i sospetti reciproci di Lega e Fi di puntare su “due forni”, commenta maliziosamente un parlamentare azzurro, il centrodestra vincerà a Genova, “bene, vorrà dire che è stato perché c’era un candidato sindaco moderato”. “Ma – sottolinea – lo schema sulla legge elettorale non cambia”. Sembra con buona pace del governatore ligure, l’azzurro considerato più vicino alla Lega, Giovanni Toti, che ha rilanciato sulla “costituente di centrodestra”, se non sul partito unico. Che Berlusconi vede come fumo negli occhi. E quindi, Genova o non Genova, avanti tutta con il proporzionale. Anche rimpolpando le file centriste di FI, dove proprio ieri è tornato alla Camera Rocco Palese, ex fedelissimo di Raffaele Fitto, il leader di Direzione Italia, da sempre invece avversario dei “patti del Nazareno”. Che domani al suo primo congresso rilancerà con forza il maggioritario. Molto diversamente si ragiona dalle parti di Berlusconi, dove già si ipotizza che se alla fine non resterà che il Consultellum del Senato e la legge uscita dalla sentenza della Consulta alla Camera, “si potrebbero sempre fare modifiche per aumentare il numero delle candidature bloccate”.

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