Diciassette secondi. Tanto c’è voluto a Marco Carrai per clonare il telefono del deputato Pd Andrea Manciulli, previo consenso di quest’ultimo, ovviamente. Il tutto per dimostrare la vulnerabilità di uno spazio, quello cibernetico, su cui ormai c’è gran parte della nostra vita. La dimostrazione – ovvero la clonazione – è avvenuta nel corso dell’evento “Il pericolo corre in rete. La nuova frontiera della minaccia cibernetica”, organizzato ieri a Roma dalla delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato e dal Centro studi americani (qui il resoconto completo del convegno).
Fino a qualche mese fa, in vista dell’imminente nomina a consulente di Palazzo Chigi, Carrai era definito l’uomo di Renzi per la cyber-security. In seguito alle polemiche, la nomina è poi saltata, lasciando però a Carrai la fama indiscutibile di renziano doc. Attualmente, il manager e imprenditore è presidente di due società di consulenza in ambito cibernetico CMC Labs e di Cys4.
I DATI
Al centro dell’intervento di Carrai all’evento romano, i dati: “Uno dei beni più preziosi e più redditizi per ogni impresa e per lo Stato”, ed elemento centrale “della quarta rivoluzione internazionale”. Nel 2019, ha spiegato il manager , “i dati avranno un valore complessivo di 2,1 trilioni di dollari”, e un peso che verrà calcolato “in yottabite, ovvero in quadrilioni di byte”. Saranno, o forse già lo sono, il cuore della società, una società trasformata, secondo Carrai, in “un sistema interconnesso socio-tecnico”.
LA RIVOLUZIONE DIGITALE
È l’Internet of Things (IoT), l’Internet delle cose che connetterà tutti i dispositivi, dai cellulari alle lavatrici, dai tostapane alle fabbriche, per “una crescita annuale stimata del 30%”. “In 10 anni i sensori connessi alla rete saranno 150 miliardi, circa 20 volte la popolazione mondiale”, ha aggiunto Carrai. Ciò produrrà incredibili opportunità ma anche enormi rischi. A esperti malintenzionati è già possibile scagliare attacchi in grado di mettere in ginocchio interi Paesi, intromettersi nei sistemi sanitari e spegnere pacemaker, o penetrare i sistemi finanziari per destabilizzare interi mercati, cose che Carrai ha affermato di essere riuscito a fare attraverso i propri hacking team tesi proprio a mostrare le falle nei sistemi di difesa. In ogni caso, si tratta, “per la prima volta nella storia, di un monopolio della forza diffusa”, per cui la soluzione di Carrai è “la mitigazione produttiva del rischio”, cioè “la valutazione continua delle vulnerabilità dei sistemi, che sia produttiva attraverso intelligenze artificiali e preventiva”.
LA CLONAZIONE
Come rendere tutto questo più comprensibile a un pubblico non sempre consapevole della realtà di questi rischi? La risposta è semplice: clonando lo smartphone del democrat Andrea Manciulli. E così, alla fine dell’intervento, Carrai ha annunciato i fatidici 17 secondi necessari al processo e, in un tempo che è apparso ancora minore, è riuscito nell’impresa. Il tutto, parrebbe, grazie a un messaggio che lo stesso Manciulli aveva precedentemente inviato al cellulare del manager. Il presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato, Manciulli, vedendo che il contenuto del proprio cellulare si trovava dunque in quello di Carrai, non è riuscito a nascondere lo stupore. Stupore che impiega ancora meno di 17 secondi per trasformarsi in preoccupazione se si pensa a cosa potrebbe succedere nel caso in cui un attaccante prendesse il controllo non di telefoni, ma di centrali idroelettriche, di industrie, di sistemi d’arma o di dighe, come ad esempio avvenuto nell’ormai lontanissimo (in tempi cibernetici) 2013 alla diga statunitense Arthur R. Bowman, in Oregon.