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Enel e Telecom, come e perché governo e Tim bisticciano sulla banda ultralarga

Flavio Cattaneo

Governo a Tim: concorrenza sleale e manovre di disturbo. Tim a governo: attacco dirigistico dell’esecutivo. E’ scontro al calor bianco tra il governo Gentiloni e i vertici dell’ex monopolista Telecom Italia. Oggetto del contendere: le gare per la banda ultra larga nelle aree a fallimento di mercato. Ecco tutti i dettagli della diatriba che sta assumendo toni inusitati.

IL NODO DEL CONTENDERE

Con una doppietta all’unisono sui due principali quotidiani del Paese l’esecutivo manda un messaggio preciso all’indomani dell’assegnamento a Open Fiber – alleanza tra Enel e Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro – della prima delle tre gare per portare la banda ultralarga pubblica nelle aree “bianche” a fallimento di mercato, in particolare in 3.043 piccoli comuni di Abruzzo, Molise, Emilia, Lombardia, Toscana e Veneto. Il vincitore della seconda gara verrà annunciato entro luglio mentre a settembre sarà emanato il terzo bando per le ultime tre Regioni. Intanto la prossima settimana sono stati convocati in audizione un rappresentante del governo e Telecom in commissione Lavori pubblici e comunicazioni e Industria, commercio, turismo al Senato.

IL MINISTRO DE VINCENTI SUL “CORRIERE DELLA SERA”

Ma torniamo a ieri mattina, quando su Corriere della Sera e Repubblica si mettono le cose in chiaro per Cattaneo&Co. “Se Telecom passasse dagli annunci alla realizzazione concreta della banda ultralarga anche nelle aree non redditizie, i piccoli Comuni, lo Stato dovrebbe valutare la concretezza e la dimensione dei danni”. Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno nonché presidente del Cobul ovvero il Comitato per la diffusione della banda ultralarga, esordisce senza tentennamenti ricordando che proprio in quelle zone “gli stessi operatori hanno detto di non voler intervenire perché erano zone non redditizie”. E ora una mossa considerata dannosa per lo Stato “per due motivi: prima ha dichiarato al governo, in due diversi round di consultazione, che non avrebbe investito inducendo così lo Stato a investire risorse pubbliche. Ora, un eventuale investimento, sottraendo domanda potenziale alla rete pubblica, aumenterebbe l’onerosità della gestione della rete per i cittadini. In secondo luogo, e conseguentemente, questa operazione ridurrebbe il valore della rete pubblica”. Per questo se Tim passasse dagli annunci ai fatti “il suo comportamento potrebbe causare un danno rilevante all’interesse pubblico che lo Stato persegue nel realizzare la banda ultra larga in queste zone”. Ma non è tutto: richiesto di un giudizio sul modus operandi dell’azienda, De Vincenti non si tira indietro: “Ha prevalso in questi anni un atteggiamento conservativo, di difesa della rete in rame, invece di un atteggiamento innovativo, al servizio del Paese. In pratica, Telecom ha scelto di frenare la diffusione della fibra, invece di essere protagonista dell’innovazione”. Insomma, un “freno” dimostrato anche dai ricorsi – tutti respinti dalla giustizia amministrativa – presentati da Telecom in occasione del primo bando assegnato a Open Fiber

IL SOTTOSEGRETARIO GIACOMELLI SU “REPUBBLICA”

Nel fuoco di fila contro Telecom l’altro protagonista è il sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, secondo cui l’azienda “sta cercando di difendere, magari con qualche tono improprio, la sua posizione di mercato”. Certo, le aree cui dedicare risorse pubbliche “sono state definite consultando gli operatori in merito alle intenzioni di investimento, facendo affidamento sulla loro correttezza. E’ chiaro che se Tim cambiasse idea in corsa rischierebbe di provocare un danno all’interesse pubblico. In quel caso il governo dovrebbe valutarne l’entità e le azioni necessarie a tutelare la collettività”. E’ vero, spiega Giacomelli, che “la rete pubblica crea proprio le condizioni anche nelle aree ‘bianche’ per una concorrenza tra privati ma su servizi e offerte”. Alla domanda perché il Mise non abbia tenuto conto dell’aggiornamento da parte di Telecom, a dicembre scorso, dei suoi impegni di investimento, il sottosegretario chiarisce che “le regole europee, e il buon senso, impediscono di interrompere un bando in corso. Il primo è stato pubblicato a giugno, il secondo ad agosto, la Ue è chiara su questo punto. Ma ripeto: penso che alla fine Tim si concentrerà sulle altre aree, ‘nere’ e ‘grigie’”. E dopo l’“uno-due” di ieri più che una previsione suona come un consiglio.

L’AD CATTANEO SUL “SOLE 24 ORE” E SU “REPUBBLICA”

Cattaneo però non ci sta a essere impallinato dall’esecutivo: il progetto Cassiopea per portare la fibra ultraveloce nelle aree a fallimento di mercato non si ferma. E al governo risponde attaccando: “Quello del governo è un attacco degno gli un Paese dirigistico. Noi siamo un’impresa privata e in Italia c’è libertà di impresa”, dice a Repubblica. Non solo: “Non esiste alcun divieto di investimento per i privati durante il periodo di intervento pubblico, né è vietato rivedere nel tempo la strategia rispetto alle cosiddette aree bianche. Semmai è un onere dello Stato, prima di investire denaro pubblico, verificare la volontà di investimento dei privati ed adeguare i propri piani di conseguenza. Le nostre intenzioni sono note dallo scorso anno, le conosceva il governo e chi ha partecipato alle gare pubbliche. Il danno semmai è nostro e per gli italiani che non potrebbero fruire del servizio in tempi brevi: noi possediamo già una rete in quelle aree, ora scegliamo di fare un upgrade per i nostri clienti”.

“Tutti sapevano tutto: non so che danni possano reclamare – afferma in un’intervista al Sole 24 ore -. Questa posizione non è comprensibile, ma non ci ferma. Abbiamo da tutelare l’interesse della nostra azienda e di tutti i clienti: un ritardo sarebbe un danno per Tim e per loro. I lavori sono già partiti, già appaltati e finanziati e nei primi mesi del 2018 saranno coperte tutte le aree dove abbiamo dichiarato di voler investire, due anni prima degli altri e a miglior prezzo con la formula dell’Fttc (fiber to the cabinet, ndr)”. Poi l’affondo: “Telecom rischia i propri soldi, non quelli pubblici. Buon senso vorrebbe che se un amministratore pubblico ha la possibilità di risparmiare denaro dei contribuenti lo faccia. Invece, anche a fronte della nostra comunicazione di dicembre, il secondo bando non è stato modificato, impegnando risorse che sarebbero state meglio spese nella realizzazione di infrastrutture per ridurre le tariffe elettriche che sono le più care d’Europa”. Peraltro, chiarisce il manager, il suo gruppo non sta costruendo una nuova rete ma solo migliorando la propria, che già esiste. “Nessuno può impedire a una società privata di fare investimenti nel suo core business, perché è il suo mestiere. Perché diamo lavoro a decine di migliaia di persone e perché porteremo la fibra a tutti”.


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