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La politica sia credibile e riformi l’Irpef

Si torna a parlare di riforma fiscale, finalmente. Si rimette sul tavolo delle cose concrete il problema della pressione fiscale che grava troppo su alcune categorie (lavoratori dipendenti e pensionati, in primis) e poco o nulla su altre. Un problema enorme, finito nel dimenticatoio o toccato in modo sostanzialmente ambiguo con l’escamotage del bonus da 80 euro. Ma la cui soluzione non è più procrastinabile perché il livello del prelievo fiscale è tale da drenare risorse al mercato, scoraggiare l’iniziativa economica ed incoraggiare, al contrario, evasione ed elusione. Le cronache ci riportano di convegni sull’Irpef, si leggono dotti editoriali su come impostare una revisione del fisco per renderlo più equo ed efficiente, si pubblicano ricerche che analizzano quanto l’attuale sistema sia produttore di sperequazioni, diseconomie e vere e proprie ingiustizie sociali.

Si pensi, ad esempio, alla proposta di riforma elaborata dall’Istituto Bruno Leoni e sintetizzata, sulle colonne del Sole 24Ore, dall’economista Nicola Rossi. Una sofisticata proposta che lancia l’idea della ‘flat tax’ al 25%, poi un ‘minimo vitale’ destinato ai non abbienti e, ancora, un intervento sulla spesa pubblica che taglia sprechi e distingue fra assistenzialismo e forme previdenziali, oltre ad un modo di finanziare la spesa sanitaria più trasparente ed efficiente. Insomma una vera sfida per il decisore politico.

Oppure si faccia riferimento alla ricerca del centro studi ‘Itinerari Previdenziali, presieduto da Alberto Brambilla, in cui si dimostra, cifre alla mano, quanto sia distorsivo l’attuale sistema di calcolo dell’Irpef. Quanto sia diventata perversa la prassi di drenare risorse insistendo sempre sugli stessi, i percettori di reddito fisso. Cosicché chi dichiara onestamente finisce per essere utilizzato anche come ‘tappabuchi’ di errate previsioni di spesa pubblica, o di un welfare spendaccione e alla mercé dei furbi.

Noi come confederazione rappresentativa di dirigenti, quadri ed alte professionalità pubbliche e private, ci siamo mossi per tempo per capire come avere un fisco migliore. Mossi sicuramente dalla doverosa tutela degli interessi delle categorie che rappresentiamo: i percettori di redditi medi e medio-alti sono quelli più penalizzati dall’attuale tassazione sulle persone fisiche. L’ammontare dei prelievi sulle buste paga o sulle pensioni è macroscopico, spesso supera il 50% e provoca disagio sociale, con sensibile riduzione di un tenore di vita che era stato faticosamente raggiunto con anni di studio, preparazione, impegno professionale, o che era stato previsto con il versamento di pesanti oneri previdenziali. Potevamo percorrere la strada della rivendicazione tout court, della protesta, della richiesta di qualche agevolazione o di nuovi benefit. Ma siamo andati oltre perché Cida svolge anche una funzione sociale e perché i manager si sentono classe dirigente di questo Paese e quindi si assumono la responsabilità di progettarne un futuro migliore. Quindi abbiamo deciso di lavorare anche noi ad un progetto di riforma in cui trovassero posto i temi centrali delle nostre piattaforme programmatiche: il welfare aziendale, la riforma della Pubblica amministrazione con il riconoscimento del merito, il superamento del capitalismo familiare, ecc. Ma che fossero incardinati in un progetto più grande, più strutturato e, perché no, più ambizioso.

Con un gioco di parole, Cida si è fatta portavoce di un ‘manifesto politico’ destinato alla politica, intesa come capacità di tradurre in atti concreti le idee di chi progetta il futuro. Il documento, una volta approvato dalla nostra assemblea, verrà consegnato al Governo, alla istituzioni, alle forze politiche e sociali perché noi crediamo nel dialogo, nei corpi intermedi, nella legittima rappresentanza degli interessi. Crediamo di offrire un grande ‘assist’ alla politica, che sembra persa in beghe da bottega e in tatticismi elettorali: lavorare insieme sui temi dello sviluppo economico, della crescita sociale, della maturità civile di un Paese. ‘Fare squadra’, innovare, porsi obiettivi sfidanti, credere nel successo: sono elementi tipici della cultura manageriale e Cida li mette al servizio del Paese attorno ad un progetto, condivisibile, di grande respiro e di forte impatto economico e sociale. Queste sono le cose di cui deve occuparsi la politica e noi non ci stancheremo di incalzarla su questo terreno.

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