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Come e perché l’etica cattolica interessa il mondo laico. Parla Ettore Gotti Tedeschi

Le radici delle crisi sono morali e hanno a che fare con la perdita del rapporto con Dio. Anche quella economica è effetto della perdita di fede. Di più: le crisi mondiali non sono che crisi di santi. Ettore Gotti Tedeschi ha messo in pagina riflessioni urticanti e non di rado ironiche. Nel volume Dio è meritocratico (Giubilei Regnani, 2017) mette a fuoco la madre di tutte le eresie, la più primordiale: la gnosi. Quella predicata dal serpente che strisciava giulivo nel giardino dell’Eden spacciando ad Adamo ed Eva una conoscenza a buon mercato per farsi come dio e fare a meno del Creatore. Per l’ex presidente dello Ior, economista e banchiere, c’è lo zampino della gnosi nel neomalthusianesimo e nell’ambientalismo come nel pauperismo. Dove alla fine, allora come oggi, a rimetterci è sempre l’uomo. Entra in polemica pugnace, ma non risentita, con quelli che definisce “cattoluterani” e “cattoonlus”, “cattotiepidi” o “cattoambientalisti”. Non c’è nessun cantato mielismo verso l’attuale clima ecclesiale, eppure mai viene meno all’amore alla Chiesa e alla devozione al Papa. In un libro che si propone come “manuale per la salvaguardia della fede cattolica”, il professore piacentino individua attacchi interni ed esterni alla Chiesa e delinea delle strategie di reazione alle quali, sorprendentemente, oggi potrebbero essere più interessati i laici-laici di alcuni chierici.

Professore, lei che è economista e non teologo, chi è per giudicare?

È proprio per fare bene “economia” che devo essere certo che seguo la retta vita, che sono ispirato da veri buoni propositi, altrimenti che economia farò mai responsabilmente? Per “giudicare”, cioè valutare, non son certo si debba esser teologi. Si deve avere fede in Cristo.

Viene a mente il dilemma di Eliot: è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?

Né l’uno né l’altro. Il mistero della Croce si rinnova continuamente. La gnosi è riuscita a “corrompere”, all’interno della Chiesa, la fede di teologi che hanno aperto ai disordini del mondo. Pensando di riconciliarsi con il mondo hanno confuso se stessi ed il mondo, ma hanno anche spaccato il mondo cattolico in due: chi vuole il progresso teologico e chi resta attaccato alla tradizione. In realtà creando un falso problema. Il vero problema è la netta separazione tra chi ha ancora fede e chi non ha più fede.

“Dio è meritocratico”. Potrebbe apparire quasi una bestemmia…

L’espressione è provocatoria, per incuriosire chi si limita a leggere i titoli, sperando che vadano anche ai contenuti. Meritocratico non lo intendo nel senso “liberista” dell’espressione. Shakespeare fa dire ad Amleto, che si rivolge ad un amministratore che deve giudicare il lavoro dei servi: “Se si dovesse giudicarli secondo i meriti, tutti meriterebbero la frusta”. È evidente che i nostri meriti sono talmente insufficienti che, senza la bontà misericordiosa del Creatore, meriteremmo “la frusta”. Ma Dio vuole che lottiamo contro il peccato e i disordini. È la lotta, quasi più della vittoria, che ci dà meriti.

Si insiste molto su una Chiesa Madre e consolatrice. Lei rivendica l’urgenza di una Chiesa che sia anche Maestra.

Noto che negli ultimi tempi chi comincia a preoccuparsi dell’educazione cattolica che non viene più data sono i laici-laici, perché si rendono conto che, come diceva Voltaire, “è meglio avere una moglie, il medico e il servo, cattolici”. Altrimenti si rischia di esser cornificati, malcurati, derubati.

Sostiene che il vero economista è un santo. La santità oggi interessa ancora?

L’economia dovrebbe preoccuparsi della soddisfazione dei bisogni dell’uomo. Ma quali sono questi bisogni? Sono solo quelli materiali? No di certo, sono anche intellettuali e spirituali. Chi meglio di “un santo”, esperto di umanità, ispirato dalla Verità, può pertanto discernere come soddisfare integralmente l’uomo? Forse oggi la santità non interessa quasi nessuno. Ma si sente la mancanza di chi cerca la santità nelle proprie attività quotidiane che influenzano la società intera, proprio in questo mondo, non nonostante questo mondo. Può il cattolico rinunciare a concorrere alla costruzione della società? Partendo dalla costruzione di sé stesso, della sua famiglia?

È molto in sintonia con Papa Francesco quando fa nome e cognome del padre della gnosi. Anche questo però sembra inattuale. A detta dell’attuale generale dei gesuiti, ad esempio, il demonio è più che altro un simbolo.

Penso che Crozza tra poco farà l’imitazione del generale dei gesuiti, modello senatore Razzi, per intenderci. Lo dico con rispetto assoluto per la mia amatissima Compagnia di Gesù. Sa che io ho avuto la cosiddetta “conversione in età matura” grazie agli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola?

Nutre un franco scetticismo verso i cattolici organizzati in politica. Perché?

Il vero scetticismo è sulla politica e la democrazia. Entrambe finite, estinte. Oggi i governi sono cooptati, non eletti. Se venisse eletto per governare un partito che non rispetta le “norme imposte” questo governo durerebbe 100 giorni. I cattolici potrebbero aver esito in politica solo se dichiarassero che la religione universale di riferimento che salverà il mondo è centrata sulla salvaguardia dell’ambiente, non tanto sulla dignità dell’uomo creatura di Dio. Scommettiamo?

Dal Concilio Vaticano II la Chiesa sta vivendo un tempo di grande attenzione ai laici. Francesco denuncia spesso la tentazione del clericalismo. Eppure, paradossalmente, sembra una stagione in cui i laici, se nutrono un pensiero critico, quando va bene sono messi tra parentesi.

Domando: è clericalismo chiedere/implorare che la Chiesa aiuti noi laici a santificarci nella vita quotidiana? Semmai dire al Papa come fare il Papa potrebbe esser una forma di clericalismo. Noi laici siamo “utenti”, persino “clienti” della Chiesa, la cui missione è assisterci, sostenerci nella certezza della Verità, chiarirci i dubbi di fede, indicarci la strada in questo confondente mondo globale. Possiamo solo chiedere, rispettosamente e devotamente, risposte a dubia quando siamo confusi da un magistero interpretabile.

Cosa intende per “confondente”?

Il mondo globale è così “segno di contraddizione” poiché ci propone benessere e soluzioni tecnico-scientifiche, ma nello stesso momento confonde i valori morali, ciò che consideriamo Verità, valore di riferimento per orientare il senso della nostra vita e delle nostre azioni. Se lo perdiamo, gli strumenti – economici, scientifici, politici… – prenderanno autonomia morale. Sappiamo che se perdiamo il senso della vita gli strumenti “ci sfuggiranno di mano”, coma già aveva scritto san Giovanni Paolo II. E ciò avverrà perché l’uomo di questo secolo ha investito molto in tecniche e poco in sapienza, diventando “immaturo” per gestire dette tecniche.

E qui entra in gioco “l’economia che uccide”…

Sono un economista, so che l’economia dovrebbe essere una “scienza” – che scienza non è – destinata a soddisfare i bisogni dell’uomo, materiali, intellettuali e spirituali. In tal caso come può l’economista fare vera economia per l’uomo se si spiega che la “inequità è l’origine di tutti i mali”? Oppure che “questa economia uccide”? A me, economista pratico, non accademico, che cerca di vivere unità di vita e, oltre a pregare, studia, queste considerazioni confondono. Mi confondono perché son certo che non esiste “una economia che uccide”, perché l’economia è uno strumento neutrale che di per sé non è né bene né male, dipende da come l’uomo lo usa.

Può dettagliare?

Esistono, diciamo, operatori economici che non dando più senso allo strumento economico, perché hanno perso il senso della vita, trasformano le decisioni economiche in decisioni che creano un contesto in cui i più deboli e vulnerabili soccombono. Ma è la miseria morale di costoro che crea miseria materiale di altri. È la miseria morale che permette all’uomo di esser egoista, avido, indifferente al prossimo. E questi vizi si vincono con merito, lottando contro il male, il peccato. Non ripartendo i beni materiali in modo equo per vincere l’inequità nella ripartizione delle risorse. Poiché se l’egoismo, l’avidità, l’indifferenza permangono, l’equa ripartizione delle risorse dura 24 ore. È il peccato l’origine di tutti i mali, non l’inequità. Queste cose le avevo scritte per un libro, scritto da altri, dedicato alla dottrina sociale di Papa Francesco, ma mi son state “censurate”, perché considerate inopportune. Francesco dovrebbe guardarsi dai “leccacalzini” che gli stanno intorno. Io prego ogni giorno per questo.

L’impressione è che ci sia un mondo laico, non religioso, più preoccupato di alcuni uomini di Chiesa di quanto sta avvenendo. È così?

Alcuni, pochi in realtà, ma molto appariscenti, di quelli che lei definisce “uomini di chiesa”, si preoccupano più della propria carriera e del proprio potere che del bene dell’umanità, già convertita (da rafforzare e confermare nelle fede) o da convertire. Questa parte della chiesa sembra esser disposta a facilitare l’uniformizzazione delle morali. Ma ecco che emerge una “realtà” che mi pare più intrigante.

Quella dei laici che auspicano un ritorno cattolico secondo tradizione?

Il mondo laico, quello laico-laico, voglio dire, quello ateo-agnostico e via dicendo, ma saggio, comincia a preoccuparsi “volterianamente” perché, notando il crollo dell’insegnamento dell’educazione cattolica, fondata sui comandamenti e precetti, sui doveri prima dei diritti, su concetti utili per l’etica sociale – quali lealtà, onestà, rispetto – prevedono e già sentono il crollo dei valori morali, che magari loro praticano ogni tanto opportunisticamente, ma da cui traggono vantaggio se son praticati dagli altri e si preoccupano se non venissero più praticati. Qualche giorno fa, un influente e prestigioso intellettuale laicissimo, mi commentava che, pur apprezzando l’attuale Pontefice, rilevava sempre più un’attitudine nel suo magistero a relativizzare il bene e il male. E questo lo trovava molto inquietante.

Quindi è conveniente pure al laico che il cattolico sia cattolico senza sconti? Dalla testa ai piedi?

Sono memori di un assioma chiave nel mondo laico: “Se Dio non c’è e non mi impone i suoi comandamenti e scopro che fare il male mi dà più vantaggi che fare il bene, perché dovrei fare il bene?”. Ma se tutti la pensassero così, sai che casino! Allora il mondo laico più furbacchione comincia a chiedersi se non si sia esagerato un po’ troppo nel processo di laicizzazione.

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