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Cosa pensano Minniti, Sala e Gori su migranti e richiedenti asilo

Di Elena Porcelli
Minniti libia

Al convegno “Governare l’immigrazione”, organizzato al Palazzo delle Stelline di Milano, il 29 giugno, sono state dette diverse verità che in precedenza non avevamo sentito da esponenti della sinistra. I quattro relatori del convegno, infatti, erano il ministro dell’Interno Marco Minniti; il sindaco di Milano, Beppe Sala; il sindaco di Bergamo e aspirante governatore della Lombardia, Giorgio Gori, e Claudio Martelli, ora giornalista e scrittore, ma che è stato vice presidente del Consiglio all’epoca della prima grande ondata di sbarchi, quella del 1991, quando arrivarono in massa gli albanesi.

Tutti hanno parlato di “immigrati” e non di “rifugiati”, in riferimento a coloro che le navi delle Ong stanno continuando a scaricare nei porti italiani. Gori è stato particolarmente chiaro: “Il 90% delle domande d’asilo viene rigettato. Queste persone non hanno i requisiti per essere considerate profughi. Vengono qui per cercare lavoro”.

Il sindaco di Bergamo appoggia la proposta di legge di iniziativa popolare ideata da Emma Bonino, che punta a superare la Bossi-Fini e l’ipocrisia delle finte richieste d’asilo. I punti fondamentali della proposta sono due. Il primo è consentire, ai migranti che hanno un po’ di soldi di venire legalmente in Italia, in modo che quei soldi possano usarli per mantenersi mentre cercano lavoro, invece di darli agli scafisti. Il secondo è permettere di trasformare le richieste di asilo in richieste di permesso di soggiorno per “comprovata integrazione”. “I richiedenti asilo – spiega Gori – vanno obbligati a lavorare e a studiare, premiando chi lo fa con il permesso di soggiorno. Con le attuali regole, non hanno nessun motivo per impegnarsi a fare nulla” . Questo avrebbe un altro vantaggio: “Vedere che i migranti lavorano” secondo Gori, ma anche secondo Sala “rassicurerebbe i cittadini”.

Secondo Martelli “il nostro Paese è al limite dell’equilibrio tra accoglienza e sicurezza ed “espulsione” è una parola vuota, perché i cosiddetti “espulsi” non vengono rimpatriati, ma restano qui come clandestini”. L’ex ministro vede una soluzione nei RAV (rimpatri volontari assistiti). “Non tutti i progetti migratori riescono – spiega  – e chi fallisce nell’integrazione può essere convinto a tornare al proprio Paese, con un biglietto aereo e i soldi per aprire una piccola attività”. Si tratta di un’opzione che esplicitamente prevista dalla legge europea e ampiamente utilizzata da Paesi come la Germania e l’Olanda. Secondo Martelli un ritorno assistito, nella maggior parte dei Paesi del Terzo Mondo, costerebbe meno che mantenere un profugo in Italia per un anno.

Beppe Sala ha sottolineato la debolezza italiana rispetto all’Europa: “Un Paese che cambia un governo all’anno è meno forte di uno che è stabile”. E ha contestato la cosiddetta “chiusura dei porti” annunciata da Minniti. “In questo modo – ha spiegato il Sindaco di Milano  – il Governo viene percepito come più prudente rispetto a noi sindaci, che pratichiamo l’accoglienza sfidando una parte del nostro elettorato”.

Secondo il ministro dell’Interno, “il destino non solo dell’Italia, ma di tutta l’Europa, per i prossimi 20 anni, si decide in Africa. È necessario stabilizzare la situazione in Libia, per bloccare il traffico di migranti. E l’Europa ci deve aiutare, vorrei vedere almeno una delle navi che stanno arrivando approdare in un porto non italiano. Sarebbe un segnale di vera solidarietà”. In pratica, ha ammesso che se i flussi migratori verso l’Italia non calano, la situazione diventerà presto ingestibile.


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