(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)
Potrebbe essere definita una simpatica scenata di gelosia l’articolo col quale Giuliano Ferrara in groppa al suo elefantino rosso ha mostrato di non gradire, contestandone in dottrina la validità, la clamorosa promessa che Eugenio Scalfari, in un incontro svoltosi giovedì scorso a Santa Marta e riferito due giorni dopo ai lettori di Repubblica, ha strappato all’amico Papa Francesco, sino a piangerne durante il ritorno in auto a casa. È quella di beatificare prima o poi Blaise Pascal.
Si tratta dello scienziato e filosofo morto nel 1662 in voluta e orgogliosa povertà dopo essere stato – ha ricordato il fondatore del Foglio – “un giansenista che si mangiava i gesuiti a colazione”, per cui se fosse stato allora già in vita Papa Bergoglio, gesuita oggi felicemente regnante col nome di Francesco d’Assisi, sarebbe finito a polpette sul desco del futuro beato.
Con dieci lettere, note come “provinciali”, Pascal “aveva messo alla berlina – ha ricordato sempre Giulianone agli ignoranti e sprovveduti che ormai sono non solo al di qua ma anche al di là del Tevere – le deviazioni dei gesuiti dal rigore morale” del cristianesimo militante e ufficiale. Di queste “deviazioni” il mio amico, o ex amico Giuliano, non so più come dire perché non ci sentiamo né ci vediamo da tanto tempo, ha colto un po’ il segno sarcasticamente nella famosa domanda che Papa Francesco si pone ogni volta che si trova a giudicare un comportamento a lungo criticato da Santa Romana Chiesa: “Chi sono io per giudicare?”.
Confesso di non avere la stoffa teologica, culturale e quant’altro per dire chi abbia più ragione tra Giuliano Ferrara ed Eugenio Scalfari nell’approccio con Papa Francesco, ma soprattutto su ciò che il fondatore della Repubblica di carta riesce abitualmente a strappare al Pontefice, a cominciare dall’autorizzazione a fare un uso pubblico dei loro incontri privati: un uso tanto più utile al giornale ora diretto da Mario Calabresi, che sta perdendo – mi dicono – tante di quelle copie da avere in qualche modo contribuito alla decisione dell’editore Carlo De Benedetti di non interessarsene più in prima persona, passando la mano al figlio Marco. Al quale l’informato ed ex collaboratore del gruppo editoriale Giovanni Valentini ha fatto le pulci sul quotidiano diretto da Marco Travaglio rimproverandogli, fra l’altro, le passate inclinazioni a intese commerciali e finanziarie con Silvio Berlusconi, mai abbastanza odiato dal pubblico vecchio e nuovo di una certa sinistra.
Ma, se non ho la stoffa teologica, credo di avere il naso per sospettare che la scenata di gelosia intravista nell’intervento di Giulianone nasca dal confronto che egli è costretto quotidianamente a fare fra i risultati della frequentazione tra Scalfari e Papa Francesco e quelli della frequentazione, a suo tempo, fra lo stesso Giulianone e l’allora Pontefice regnante Benedetto XVI, e ancor più il cardinale Joseph Ratzinger prima di succedere a Giovanni Paolo II.