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Perché la Cina non merita il Mes. Parla l’ambasciatore Luzzatto Gardner

L’ambasciatore americano Anthony Luzzatto Gardner è stato nominato nel 2013 dal presidente Obama a capo della missione diplomatica USA a Bruxelles, ruolo che ha ricoperto fino allo scorso gennaio, con l’insediamento del nuovo presidente Donald Trump. Fin dall’inizio del suo mandato aveva promesso di difendere il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) fra UE e USA. Oggi, con Donald Trump alla Casa Bianca, detrattore degli accordi di libero scambio fin dagli inizi della sua campagna per le presidenziali, gli Stati Uniti hanno abbandonato il Trans Pacific Partnership (TPP), vogliono rinegoziare il North America Free Trade Agreement (NAFTA) e non sembrano intenzionati a tenere invita il TTIP. Non sorprendono dunque i rilievi e le preoccupazioni dell’ambasciatore Gardner sulle politiche commerciali della nuova amministrazione.

Luzzatto Gardner ha partecipato oggi all’incontro al Centro Studi Americani dal titolo “The future of global trade. Which scenarios for a new EU/US dimension?” per chiedergli come si evolveranno le relazioni commerciali fra UE e Stati Uniti.

Ambasciatore Gardner, il comunicato finale del G20 di Amburgo condanna il protezionismo, ma fornisce l’impressione di una forte divisione interna sulle politiche commerciali. Il bilancio resta positivo?

Quello di Amburgo è stato un G20 più unito di quanto avremmo potuto sperare alcune settimane prima, c’era il rischio di un comunicato di 19 e non di 20 stati. Grazie ad Angela Merkel e al lavoro che lei ha fatto abbiamo potuto salvare la situazione, avere un accordo dei 20 sull’importanza di combattere il protezionismo, anche se il linguaggio non era così forte come speravamo.

L’amministrazione Trump apre al commercio di carne dalla Cina e a Bruxelles si preparano misure per difendere le imprese dalla concorrenza sleale cinese. La narrazione di un’America protezionista e di un’Ue aperta al commercio sta crollando?

Anche noi negli Stati Uniti stiamo considerando misure di ritorsioni per salvaguardare settori come quello dell’alluminio o della siderurgia. Con l’Europa stiamo lavorando strettamente su un tema essenziale, che è quello della sovraccapacità cinese, soprattutto nella siderurgia, dove i cinesi hanno capito che devono abbassare i volumi di produzione. Non è vero dunque che in tutti i campi l’Europa è contro gli Stati Uniti e viceversa. Ci sono ancora temi su cui condividiamo lo stesso punto di vista.

Il TTIP era già in stallo quest’estate con Obama alla Casa Bianca. C’è la possibilità che l’amministrazione Trump voglia riprendere i negoziati?

C’è sempre speranza, ma non accadrà subito. La realtà è che per temi di spicco come l’agricoltura, gli appalti pubblici o i servizi marittimi non vedo come possiamo fare grandi passi avanti in questo momento. Questo non vuol dire che tutto il lavoro è cessato, perché gli esperti continuano a lavorare sul problema degli standard divergenti su settori come le automobili, come i prodotti farmaceutici e quelli tessili. Questo è un lavoro lento, tecnico, ma importante, e può andare avanti anche senza un negoziato ufficiale.

Passiamo al NAFTA, che Trump vuole rinegoziare. È vero, come afferma il presidente, che la concorrenza messicana ha danneggiato i lavoratori americani nel manifatturiero?

Non è stato dannoso, tutti gli studi che sono stati fatti ultimamente, anche sotto il mandato di Obama, hanno dimostrato chiaramente che il NAFTA globalmente è stato un accordo positivo per il Messico e gli Stati Uniti: per la creazione di lavoro, per l’aumento dell’export verso il Messico e viceversa. Questo non vuol dire che l’accordo non possa essere cambiato. Obama stesso durante la sua campagna aveva detto che bisognava rinegoziare il NAFTA. Il TPP era un modo per inserire nuove discipline, per esempio nel mondo digitale, o come la protezione della proprietà intellettuale, che non appaiono nel trattato del NAFTA. Ci sono tanti modi in cui possiamo aggiornare questo trattato al ventunesimo secolo senza uscirne fuori.

L’Ue ha appena concluso i negoziati di libero scambio con il Giappone. Un allontanamento nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti?

Non direi di allontanamento. Semplicemente l’Unione Europea ha capito bene che il libero scambio serve agli interessi europei, serve agli esportatori verso il Giappone e il Canada. Quando c’è un vuoto, come quello che si è creato adesso dopo il ritiro degli Stati Uniti dal TPP, l’Europa ha fatto bene a presentarsi come lo sponsor degli accordi di libero scambio firmando nuovi accordi. Non credo però che questo rappresenti un allontanamento, spero invece che questo esempio possa spingere gli Stati Uniti a rientrare in campo e a giocare il gioco multilaterale e bilaterale.

A Davos la Cina di Xi Jinping è stata incoronata campione della globalizzazione, ma il mercato cinese rimane inaccessibile per le barriere interne e i sussidi statali alle aziende. La Cina merita lo status di economia di mercato (Mes)?

Secondo me no, gli Stati Uniti sotto l’amministrazione Obama hanno deciso che la Cina non è degna dello status di economia di mercato, e su questo siamo d’accordo con quasi tutti i governi europei e con la Commissione Europea. Siamo d’accordo anche sull’interpretazione del protocollo del Wto su questo fatto, che lascia lo spazio ai nostri governi per decidere se sia o meno un’economia di mercato. Non è dunque vero quello che stanno dicendo i cinesi, cioè che di fatto la Cina dopo quindici anni è nel protocollo un’economia di mercato.



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