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Tim-Telecom Italia, ecco perché Vincent Bolloré e Flavio Cattaneo non hanno più feeling

telecom Flavio Cattaneo

Per carità, non cercate spiegazioni ufficiali: meglio non dire troppe verità e lasciar correre indiscrezioni e ricostruzioni di tutte le fogge. Tanto prima o poi le spiegazioni formali arriveranno e ovviamente non faranno una grinza, salvo spiegare poco o niente.

Così per cercare di comprendere i veri motivi delle tensioni tra il maggiore azionista di Tim, Vivendi di Vincent Bolloré, e l’amministratore delegato dell’ex Telecom Italia, Flavio Cattaneo, peraltro nominato capo azienda del gruppo proprio dagli stessi francesi che diedero il benservito a Marco Patuano, si deve ricorrere a ipotesi, a ricostruzioni di addetti ai lavori e a brandelli di articoli giornalistici.

Il primo nodo del contendere? I rapporti tra l’ex monopolista e il governo. In questa fase – dopo che Vivendi aveva snobbato aspettative e auspici dell’esecutivo, nemmeno informato per il cambio ai vertici – il colosso francese ora gradisce avere buoni, o quanto meno non ostili, rapporti con l’esecutivo.

In effetti sono diverse le partite complicate in corso da parte di Vivendi in Italia. Non solo l’avvio la scorsa settimana dell’indagine Antitrust sulla condotta di Tim sui bandi Infratel, per verificare eventuali pratiche anti concorrenziali dell’azienda capeggiata da Cattaneo. Ma anche e soprattutto la diatriba legale con Mediaset per la mancata acquisizione di Premium. C’è poi la decisione in fieri dell’Agcom, che ha ingiunto al gruppo francese di scendere in Tim o Mediaset entro il 19 aprile del 2018 per risolvere la posizione dominante nel mercato delle Tlc e dei media.

Ma le ultime iniziative del capo azienda di Tim paiono in contraddizione con questi intendimenti transalpini. Prima la decisione a sorpresa di Cattaneo di far partecipare l’azienda alle gare nelle zone anche periferiche per la banda larga, facendo così imbestialire il governo che attraverso Open Fiber (la società di Enel e Cassa depositi e prestiti) punta proprio a realizzare la fibra ottica. La mossa di Cattaneo, secondo alcuni esperti del ramo, potrebbe far sorgere gli estremi per aiuti di Stato vista la competizione tra un soggetto privato (Tim) e uno in cui lo Stato (attraverso il Tesoro, che controlla Cdp). Per non parlare della sortita di Cattaneo sull’acquisto di Metroweb che ha provocato le ire dei vertici della Cassa depositi e prestiti presieduta da Claudio Costamagna e guidata dall’ad, Fabio Gallia.

Inoltre, Vivendi punta a un nuovo rapporto con Mediaset: “Bolloré – scrive oggi il Corriere della Sera – voleva tentare il riavvicinamento a Cologno schierando Tim, con una dotazione finanziaria importante, a fianco del Biscione in modo da garantire a Premium i diritti del calcio. Cattaneo si è spinto fin dove poteva, ma l’accordo è saltato. E Bolloré non avrebbe gradito. Secondo alcune voci, a suo tempo a Cattaneo sarebbe stato anche chiesto di focalizzarsi sul piano di convergenza con Mediaset, come previsto dai programmi di Vivendi”.

E pure le dichiarazioni di due giorni fa di Cattaneo non vanno lette solo in maniera distensiva. Dire in sostanza – dopo aver sottolineato le performance del gruppo – non me ne vado, ho un contratto fino al 2020, è un modo come un altro per sostenere: non mi vogliono?, mi cacciassero.

Tradotto in euro questo significa – in base al contratto e relativi bonus che all’atto della nomina di Cattaneo fecero sobbalzare taluni – che i francesi per accompagnare alla porta Cattaneo devono sborsare circa 40 milioni di euro.



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