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Cosa si dice (e cosa si bisbiglia) tra gli ex Ncd dopo l’uscita di Enrico Costa

alfano

Il piano di Silvio Berlusconi sta emergendo con una certa evidenza. Svuotare Alternativa popolare, raccogliere gli esuli da tutti i partiti e partitini di centro e costruire una nuova formazione alleata con Forza Italia, Lega e Fdi. La quarta gamba del centrodestra, l’ha definita qualcuno. In questo quadro s’innesta l’uscita dell’ormai ex ministro Enrico Costa dal governo Gentiloni e dalla formazione guidata da Angelino Alfano. Il suo approdo al momento non sarà Forza Italia, ma andrà nel gruppo Misto dove lui stesso dice “farò il deputato semplice”. In realtà sarà lui a guidare, coadiuvato da Niccolò Ghedini (che si muove come vero coordinatore unico di Forza Italia) questa lista centrista dove dovrebbero, o potrebbero, approdare altri esponenti. Come Gaetano Quagliariello e i suoi parlamentari di Idea, Flavio Tosi e gli ex leghisti, Raffaele Fitto e i conservatori e riformisti, parlamentari sparsi di Ala di Denis Verdini timorosi di ritrovarsi senza un seggio nella prossima legislatura, una parte dei senatori di Gal, pezzi del Misto di Camera e Senato.

Il problema parte dal fatto che Berlusconi, tornato nuovamente appetibile sul piano elettorale, non ha posto per accogliere tutti, a meno di far insorgere tutti i forzisti che vedrebbero a rischio la loro rielezione. Così l’idea del Cavaliere è quella di una lista esterna, che però sia in grado di superare lo sbarramento del 3% a Montecitorio. “Il centrodestra c’è, manca solo Berlusconi. Immagino una formazione che vada da noi alla Meloni. Se il Cavaliere rompe gli indugi, andiamo di corsa al governo”, ha spiegato Gaetano Quagliariello su La Verità. Naturalmente sono possibili anche ulteriori smottamenti in Ap. Perché se è vero che la maggioranza del partito, in primis gli ex socialisti Fabrizio Cicchitto e Sergio Pizzolante fino ai giovani come Rosanna Scopelliti, non ne vuole sapere di tornare con Berlusconi e immagina una forte alleanza di centro che possa prendere voti a Forza Italia e al Pd renziano (ipotesi che avrebbe tratto vantaggio dall’accelerazione imposta dalle elezioni anticipate in autunno e che invece ora rischia di perdere pezzi per strada, vedi Stefano Parisi), è anche vero che una fetta del partito alfaniano spinge invece per ricostruire il centrodestra. Maurizio Lupi, per esempio, ma non solo lui. Per loro il banco di prova saranno le elezioni regionali in Sicilia: se Ap sosterrà il candidato di Berlusconi, varrà come prova generale del grande spettacolo elettorale che andrà in scena l’anno prossimo.

Attenzione, però, perché questo schema rischia di essere troppo semplicistico. In mezzo, infatti, ci sono molteplici sfumature e le fibrillazioni dello stesso Alfano. Il quale parrebbe davvero aver fatto pervenire al Cavaliere, tempo addietro, un suo interessamento per rimettere in piedi il centrodestra. Tutto è avvenuto dopo lo strappo di Renzi nei suoi confronti sulla legge elettorale (“se sei stato ministro di tutto e non arrivi al 5%, sono problemi tuoi”). E in quel frangente che Alfano sarebbe tornato a bussare alla porta del leader azzurro. Il quale, se fosse dipeso da lui, gli avrebbe volentieri aperto. Berlusconi, infatti, è uomo di mondo, un tattico eccezionale, che sa fare buon viso a cattivo gioco e, soprattutto, non porta rancore. Il problema, per Alfano, sono stati i dirigenti azzurri, che hanno iniziato a tempestare il Cavaliere di telefonate per protestare contro il possibile ritorno a casa del figliol prodigo. Che si sarebbe portato dietro un nutrito gruppetto di parlamentari in cerca di rielezione. Così Berlusconi, a malincuore, gli ha dovuto dire di no. Questo, però, non significa che la cosa non sia ancora possibile. “Qualcosa c’è tra Alfano e Berlusconi. Silvio lo riaccoglierà”, scrive oggi Vittorio Feltri su Libero. Per il momento, però, questo processo ha provocato i primi smottamenti in casa alfaniana, con i più berlusconiani che ormai sentono di aver le mani libere. Così, davanti a un Costa che se ne va, altri sarebbero con piede già fuori. Ma anche se resteranno dentro, non saranno più disposti a votare tutto quello che Gentiloni mette loro davanti. “Il problema di Alfano è che non controlla più i suoi”, dicevano in tanti ieri alla Camera.

C’è poi anche la teoria, assai verosimile, che sia lo stesso Berlusconi in queste ore a frenare sull’esodo, da Ap e dagli altri, verso Forza Italia, per non indebolire il governo Gentiloni. Che, oltre a godere dell’immensa stima del Cavaliere, fa da argine alle eccessive derive renziane del Pd.

Tutto, insomma, è molto fluido. Tutto si muove. Come è normale prima di elezioni che, al momento, saranno tenute con il sistema proporzionale. Che non obbliga a listoni unici mostruosi dove dentro ci deve stare di tutto e di più. Il proporzionale garantisce a tutti la possibilità di giocare le proprie carte. Resta solo da vedere se quelle nelle mani di Alfano siano un bluff o una scala reale.

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