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Così Mohammed bin Salman consolida il suo regno (e tiene Riad ferma contro il Qatar)

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Nella serata di giovedì sono stati diffusi una serie di decreti reali con cui il trono saudita ha stretto ancora la sua presa interna, intestandosi direttamente il controllo dell’intelligence e delle forze speciali dell’anti-terrorismo. È stato creato un direttorato per la Sicurezza comandato dal re, che di fatto bypassa il ministero dell’Interno (a guidarlo sarà il generale Abdulaziz al-Huwairini, storico funzionario militare che ha costruito le relazioni con gli Stati Uniti, ultimamente caduto in disgrazia e ora riqualificato). Una mossa che gli analisti considerano un’operazione di auto-protezione, con un traguardo futuro, con cui il neo erede al trono Mohammed bin Salman (MbS) terrà a freno le opposizioni provenienti proprio dagli Interni.

IL GOLPE CONTRO BIN NAYEF

Il ministero è stato sotto la giurisdizione di Mohammed bin Nayef (MbN) fino a che non è stato esautorato dalla discendenza il 21 giugno, quando con un’azione nemmeno troppo a sorpresa suo cugino MbS s’è fatto nominare dal padre crown prince. Il passaggio di consegne è stato raccontato da fonti interne al regno – ovviamente anonime visto il regime restrittivo che vige in Arabia Saudite, ma tutte diverse – al New York Times, al Wall Street Journal e alla Reuters nei giorni scorsi, descritto come un vero e proprio colpo di Stato. Come scusa formale è stata usata la dipendenza da oppiacei di bin Nayef, che ne avrebbe compromesso la lucidità decisionale – usa regolarmente la morfina per alleviare il dolore cronico derivante dagli shrapnel rimasti all’interno del suo corpo dopo un attentato qaedista che lo ferì del 2009 a Jeddah. Sono state anche diffuse immagini in cui MbN porgeva la propria fedeltà al nuovo erede, ma in realtà gli insider raccontano l’eliminazione del principe dalla linea dinastica come un atto cruento che ha addirittura portato bin Nayef agli arresti domiciliari.

DIVISIONI INTERNE NEL CONTESTO REGIONALE

Questa situazione di dissidi interni – MbN e i suoi fedeli potrebbero minare l’azione di governo saudita – arriva in un momento delicato per Riad. L’Arabia Saudita è il paese che in collaborazione con gli Emirati Arabi ha promosso la formazione di un blocco regionale per isolare il Qatar, incolpato formalmente di sostenere i gruppi terroristici, ma in realtà considerato un attore da mettere alle corde visto che sta costruendosi da anni una postura espansiva e indipendente dalle volontà saudite (espresse tramite il meccanismo internazionale del Consiglio di cooperazione del Golfo). Questo scacco a Doha, secondo molti analisti, è frutto della presa di potere di MbS, che insieme all’omologo emiratino Mohammed bin Zayed, vuol dare una sferzata alle dinamiche del Golfo, anche in un’ottica più aggressiva (e con maggiore contrasto all’Iran).

LO SCONTRO COL QATAR E I DOSSIER REGIONALI…

È uno scontro fatto anche di propaganda quello col Qatar, che coinvolge diversi dossier regionali. Giovedì, per esempio, l’ambasciatore emiratino in Russia, Omar Saif Ghobash, durante un’intervista ad “Hardtalk” sulla BBC ha detto che Doha ha provveduto a informare i qaedisti yemeniti dell’esatta localizzazione delle truppe di Abu Dhabi in Yemen, e questo ha prodotto quattro attacchi terroristici contro le caserme dei militari emiratini. Serve una breve spiegazione: i soldati degli Emirati Arabi e di altre nazioni mediorientali e nordafricane sono in missione in Yemen per combattere i filo-sciiti Houthi, che hanno preso il controllo di una fetta del paese portando mesi fa a un grosso (almeno politicamente) intervento armato a guida saudita – fortemente voluto da MbS – che ha come obiettivo contrastare anche il filo di collegamento che lega i ribelli all’Iran. Lo Yemen è infestato anche dai qaedisti, che detestano le monarchie del Golfo (perché pendenti verso l’occidentalismo) e usano il terreno yemenita per compiere attacchi contro i loro soldati.

… COME QUELLO IRANIANO

Teheran è uno dei punti di contrasto di più ampio raggio. Dietro alle motivazioni dell’isolamento qatarino c’è anche l’apertura necessaria che Doha ha concesso alla Repubblica islamica sciita in pieno contrasto con le politiche oltranziste predicate nei regni sunniti del Persico. Il Qatar condivide con l’Iran il più grande reservoir di gas naturale del mondo (il South Pars): da qui derivano le relazioni tra i due paesi, su questo tesse la trama l’Iran, mentre Riad le detesta e la nuova linea monarchica è intenzionata a non mantenere più il tollerante (e sonnecchiante) status quo – su cui bin Nayef invece era più allineato. Però, scrive Robin Mills, che per la Bloomberg segue i mercati energetici: “Il blocco a guida saudita ha spinto Doha più vicino al suo grande vicino settentrionale, e allo stesso tempo gli iraniani, vedendo la possibilità di dividere i loro vicini arabi, potrebbero essere disposti a rendere la vita un po’ più facile per i qatarini”. Giovedì l’agenzia stampa statale iraniana ha scritto che l’ambasciatore di Teheran in Kuwait avrebbe ricevuto un ultimatum di 48 giorni per lasciare il paese a seguito della crisi: i kuwaitiani, che si occupano per il GCC di mediare la situazione con il Qatar, hanno accusato la missione diplomatica iraniana di ospitare spie e sabotatori. Teheran dice che è tutto frutto dell’influenza, aggressiva, saudita.

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