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Sanità, sanzioni, transgender: tre problemi per Trump in un solo giorno

Giovedì il Senato ha bocciato la proposta repubblicana di abolire il sistema sanitario Obamacare senza prima aver messo in piedi una riforma sostitutiva. È un altro colpo politico subito dalla Casa Bianca che aveva spinto, anche e soprattutto per mano presidenziale, questo genere di azione legislativa. Ci sono stati 3 repubblicani che hanno votato con i democratici contro lo skinny repeal, come lo chiamano in America perché prevedeva un’abolizione non troppo drastica, ossia alcune parti del precedente sistema sanitario sarebbero restate (l’abolizione completa era già stata respinta mercoledì). Decisivo il voto di John McCain, senatore dell’Arizona, star congressuale, eroe del Vietnam, critico del presidente, rientrato in tempi record al Senato dopo un’operazione per un cancro al cervello per garantire la riapertura del dibattito. “Sei un eroe” twittava il presidente quando il suo ok ha permesso di riaprire il dibattito e di avviare l’iter acelerato, ma alla fine è stato lui a bocciare la mossa trumpiana. Non è la prima volta che la Casa Bianca va sotto sulla riforma sanitaria, uno dei pochi grandi progetti di legge messi in discussione in questi primi sei mesi di amministrazione Trump. I sentori non se la sentono di subirne le conseguenze – il rischio è che milioni di persone restino senza copertura – ché potrebbero pesare sulla corsa elettorale per le mid-terms.

LE SANZIONI

Sempre giovedì quello stesso Senato che ha affondato un progetto dello Studio Ovale ha approvato definitivamente il disegno di legge sulle nuove sanzioni alla Russia (e a Iran e Nord Corea) – che non è un progetto della Casa Bianca. La legge imbriglia il presidente in un sistema di controllo grazie al quale non potrà più scegliere autonomamente, attraverso ordini esecutivi, se ammorbidire in futuro tali provvedimenti, ma ogni decisione sulle sanzioni dovrà essere inoltrata al Congresso che poi peserà se accettarla o meno. La limitazioni delle funzioni del presidente è solo il primo dei fardelli: quando il fascicolo approderà nello Studio Ovale, il presidente dovrà affrontare due grossi crucci. Quello interno: non approvandolo potrebbe far infuriare l’intero sistema politico, perché la legge ha il (rarissimo, ormai) sostegno bipartisan; e poi potrebbe dar adito a coloro che lo vedono troppo accondiscendente con Mosca, che secondo militari e intelligence resta la minaccia numero-uno per gli Stati Uniti. Quello esterno: alzare nuove sanzioni – lo hanno già detto da Mosca – significa impedire la ricostruzione di rapporti decenti tra i due paesi, e salterebbe così un’altra linea politica sostenuta da sempre dal presidente Donald Trump fin dalla campagna elettorale. Inoltre c’è l’Unione europea pronta a prendere decisioni di rappresaglia se la legge sanzionatoria americana non si porterà dietro una postilla per specificare che le società europee coinvolte in affari con le controparti russe non saranno punite. (Le nuove sanzioni americane bersaglieranno il comparto energetico di Mosca, che ha link articolati con l’Europa, che per questo chiede tutele).

I TRANSGENDER

Ancora giovedì, il Joint Chief of Staff, il generale quattro stelle Joe Dunford, ha detto che non ci sarà nessuna modifica delle normative vigenti riguardo la possibilità di entrare nelle forze armate per le persone transgender. Dunford risponde direttamente a un annuncio a sorpresa di Trump, che il giorno precedente aveva scritto su Twitter l’intenzione della Casa Bianca di modificare le regole per evitare distrazioni ed essere più concentrati sulla “decisiva e travolgente vittoria”. Il capo di tutti i militari americani sottolinea che finché il presidente non chiarisce cosa vuol fare e non lo comunica formalmente al Pentagono, tutto rimane come prima. Nota: Trump nei tre tweet con cui ha liquidato l’argomento ha detto di essere arrivato alla decisione dopo essersi “consultato con i miei generali”, ma Dunford dice di aspettare chiarezza, ed è evidente la discrepanza (a proposito di discrepanze: Trump dice di essere arrivato alla conclusione per una questione di costi, ma, per esempio, il sito specialistico Military Times ha subito pubblicato un’inchiesta che smentisce questa affermazione e in cui si dimostra che l’esercito spende più per i farmici che curano le disfunzioni erettili dei veterani che per mantenere attive le politiche inclusive verso i trans).

IL MOMENTO

Dire che l’azione di governo americana fila liscia e che Trump viva una stagione feconda in questa fase è argomento da fanatici. Il presidente americano ha fortissime opposizioni all’interno del partito e questo ne rallenta l’operato. E pure parti della sua amministrazione sono piuttosto scettiche su alcuni provvedimenti progettati. “La palude di Washington” come la chiamava in uno dei claim elettorali più famosi (“Drain the swamp!“) ha impantanato la Casa Bianca, o forse il commander-in-chief è davvero “unfit“, inadatto per il ruolo? Da un articolo pubblicato sulla National Review, rivista neocon che non approva sempre il trumpismo: “Trump è un boss scadente, a capo di un’Amministrazione scadente. Quanto manca prima che gli Stati Uniti stessi si trasformino in una potenza scadente?”.

(Foto: White House Official Flickr)


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