Rivoluzione in Atac, l’ennesima dall’elezione a sindaco di Virginia Raggi, che dall’inizio del suo mandato ha già cambiato due amministratori unici e due direttore generali. Il Campidoglio ieri ha annunciato il nome del nuovo presidente e amministratore delegato della municipalizzata dei trasporti e il cambio della governance: non più un amministratore unico – com’era stato negli ultimi tempi – bensì il ritorno al consiglio di amministrazione a tre. A presiederlo è stato chiamato Paolo Simioni, un fedelissimo dell’assessore alle Partecipate Massimo Colomban che lo aveva portato in Campidoglio a dicembre come coordinatore del gruppo di lavoro sul riassetto delle municipalizzate. Sempre a Simioni è stata anche conferito l’incarico di ceo, mentre gli altri due membri del cda sono Cristiano Ceresatto – capo staff dello stesso Colomban – e la commercialista Angela Sansonetti.
L’IMPRIMATUR DI CASALEGGIO
La scelta di Simioni segna la vittoria politica di Colomban – a cui sono riconducibili direttamente due dei tre nomi del nuovo cda – e, di conseguenza, di Davide Casaleggio e Beppe Grillo, da sempre molto vicini all’imprenditore veneto, cui Raggi ha affidato da ottobre scorso l’assessorato alle Partecipate. Un successo cui fa da contraltare la sconfitta del responsabile del Bilancio Andrea Mazzillo che, negli ultimi giorni, aveva tuonato a più riprese sui quotidiani contro i manager e i politici venuti arrivati a Roma da Milano. E, quindi, con la regia o su suggerimento della Casaleggio associati (qui l’approfondimento sul tema di Formiche.net e qui la gallery). Un’interpretazione condivisa pure da un giornale non ostile, anzi, al MoVimento 5 Stelle come il Fatto Quotidiano, che ha titolato l’articolo a firma di Luca De Carolis e Andrea Managò: “Repulisti Atac: Casaleggio governa Roma da Milano“.
LA RIVOLUZIONE E’ SERVITA
Un terremoto in piena regola per l’azienda romana dei trasporti, che continua a non trovare pace tra un servizio a dir poco inefficiente, un indebitamento di circa un miliardo e 400 milioni di euro e un turbinio di cambi al vertice. Dopo le fragorose dimissioni dell’ex direttore generale Bruno Rota – durato in Atac quattro mesi scarsi -, ieri è stata la volta anche dell’amministratore unico Manuel Fantasia, indotto al passo indietro da Raggi e dalla sua giunta. In tutto fanno quattro manager che dall’inizio dell’amministrazione pentastellata hanno abbandonato la municipalizzata dei trasporti. A settembre – nel giorno del clamoroso dimissioni day innescato dall’addio di Marcello Minenna e di Carla Raineri – avevano già lasciato l’ex amministratore unico Armando Brandolese e l’ex dg Marco Rettighieri.
LA CARRIERA DI SIMIONI
Padovano, classe 1960, Simioni si presenta in Atac con un curriculum (consultabile qui) in cui non compaiono esperienze specifiche nell’ambito del trasporto pubblico locale. Laureato in ingegneria civile con il massimo dei voti, Simioni ha ricoperto incarichi di vertice in società operanti nel settore ferroviario e aeroportuale. Prima amministratore delegato della società Save Engineering – nella cui veste si è occupato della realizzazione e dell’apertura della nuova aerostazione dell’aeroporto di Venezia – e poi capo azienda di Centostazioni, società nata dalla partnership tra Save e Ferrovie dello Stato per la gestione e la valorizzazione commerciale di 103 stazioni ferroviarie italiane di medie dimensioni. Infine il salto con il ruolo di amministratore delegato di Save, società a capitale misto che gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso, titolare del 27,65% delle quote dell’aeroporto belga di Charleroi e del 40,3% della società che gestisce gli scali di Verona e Brescia.
LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE MUNICIPALIZZATE
Nel mettere le mani sulla disastrata situazione di Atac – per la quale si fa sempre più strada l’ipotesi del concordato preventivo – Simioni non partirà, comunque, da zero. In questi mesi, infatti, ha avuto modo di iniziare a prendere visione dell’azienda in virtù del lavoro svolto come coordinatore del gruppo di lavoro per il riassetto delle municipalizzate. Un impegno che lo aveva portato anche a ipotizzare una road map per cercare di tagliare o ridurre le partecipazioni del Campidoglio. Ecco che cosa aveva detto, a tal proposito, a inizio giugno al Sole 24 Ore: “Delle sei partecipate in liquidazione da tempo, alcune da decenni, siamo riusciti a chiuderne due: Servizi Azionista Roma e Centro Ingrosso Fiori. Per le altre in cui Roma Capitale è unico azionista si sta procedendo con la massima rapidità: Roma Patrimonio Srl, Azienda Comunale Centrale del Latte, Associazione Roma Energia. Per quanto riguarda le dismissioni, Atlantia ha presentato un’offerta vincolante di 48 milioni per l’1,33% di Adr. Stiamo predisponendo i bandi per cedere il 6,72% di Centrale del Latte Spa, e il 3,53% di Acea Ato 2 Spa. Per le altre partecipazioni minoritarie (Centro Agroalimentare, Eur Spa, Investimenti Spa) stiamo valutando economicità e strategicità”.
LE POSSIBILI SINERGIE
Uno degli aspetti su cui potrebbe concentrarsi Simioni è quello delle sinergie tra Atac e altre delle aziende municipalizzate del Campidoglio. O, almeno, è questa una delle strade che teorizzava nelle settimane scorse in un’ottica di efficientamento delle società. Ad esempio il progetto tra Ama e Acea “per il trattamento del multimateriale leggero e della separazione dei polimeri della plastica“. O, ancora, “il progetto di trasferimento della rete elettrica Atac ad Acea, che consentirebbe ad Atac di non occuparsi più di attività non core, e ad Acea di gestire tale tratto di rete“. Il riferimento, in questo caso, pare essere alla rete elettrica di sottoservizio che Atac gestisce per il funzionamento delle linee di tram e di metropolitana.
I DEBITI E IL SERVIZIO
Cosa succederà ad Atac è ancora presto per dirlo: c’è chi scommette sull’ipotesi del concordato preventivo già paventato da Rota e chi ricorda, invece, il danno che ne deriverebbe per le casse del Campidoglio, creditore di 500 milioni nei confronti della stessa municipalizzata. “E’ importante che il risultato economico sia in equilibrio, ma al contempo è indispensabile non azzoppare l’operatività delle società“, aveva dichiarato sempre Simioni al Sole 24 Ore. Prima di aggiungere che la riduzione dell’indebitamento debba avvenire “senza che il prezzo da pagare, come nel caso di Atac, sia troppo pesante e porti alla sospensione sostanziale degli investimenti e conseguente forte calo nella qualità dei servizi“. Una missione quasi impossibile per il nuovo amministratore delegato dell’azienda romana del trasporto pubblico.