Il generale Khalifa Haftar avrebbe dato ordine alle sue forze navali e aeree di attaccare qualsiasi nave italiana entri nelle acque territoriali libiche. Haftar è la principale opposizione alla scommessa di governo voluta dall’Onu, e sostenuta dall’Italia, per pacificare il paese. Scommessa che ha un nome e un cognome, Fayez Serraj, misuratino, che ha un (ipotetico) controllo della fascia occidentale della Libia – Haftar controlla la regione orientale, la Cirenaica – e che in questi giorni ha chiuso un accordo di collaborazione con l’Italia per permettere ad alcune unità della Marina di entrare nelle acque libiche per controllare e fermare le attività degli scafisti che trasportano i migranti attraverso il Mediterraneo.
ANNUNCI NON NUOVI
La “Comandante Borsini” è già da ieri, mercoledì 2 agosto, nella zona costiera di Tripoli: ed ecco il contesto temporale a cui si legano le parole di Haftar. Non è la prima volta che il generale si lancia in certi annunci: mesi fa, quando l’Italia inviò a Misurata un ospedale da campo per sostenere i miliziani fedeli a Serraj che combattevano lo Stato islamico a Sirte, dalla Cirenaica – non impegnata in quell’operazione antiterrorismo – Haftar gridava all’invasione rievocando trascorsi coloniali.
QUANTO È VERO QUEL CHE DICE?
Non è chiaro quanto questa minaccia possa essere realistica, anche perché per Haftar attaccare un (grande) paese occidentale sarebbe un problema enorme, visto per altro che Roma è una delle diplomazie che per prima ha cercato di coinvolgere il generale nel processo di riunificazione del paese. Inoltre, tecnicamente è tutto piuttosto improbabile. Haftar potrebbe aver lanciato uno dei suoi proclami per arringare i suoi e non sentirsi scavalcato da Serraj, che ha chiuso con l’Italia un importante accordo di collaborazione internazionale. Tra i due c’è una concorrenza anche legata all’acquisire consensi da sponsor esterni.
UN POTENZIALE GIRO INTERNAZIONALE…
Ma la diffusione di questa informazione è un argomento che val di per sé essere trattato, perché potrebbe toccare nodi di un giro più largo di quello semplicemente libico. A lanciare il monito haftariano sui circuiti internazionali è stata infatti Al Arabya, network di proprietà del regno saudita e apertamente schierato con attività di propaganda media nella guerra intra-Golfo tra Riad (e un blocco di paesi fedeli) e Doha. Il Qatar d’altronde ha una posizione all’interno del conflitto libico: è schierata sul lato tripolino, e soprattutto misuratino, dove ci sono milizie collegate alla Fratellanza e gruppi islamisti che danno sostegno al governo promosso dall’Onu (e dunque a Serraj). Dietro ad Haftar, è invece noto che si muovono Egitto e soprattutto Emirati Arabi, due paesi che fanno parte del blocco saudita anti-Doha. “Noi siamo impegnati in prima linea nella lotta contro il terrorismo – ha confermato però Haftar dal suo ufficio di Bengasi a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera – Ci stupisce dunque che un Paese amico come l’Italia interferisca tanto indebitamente nelle nostre operazioni. Non posso dunque che confermare che qualsiasi nave militare italiana o di qualsiasi altro Paese che entrerà nelle nostre acque senza la nostra autorizzazione verrà bombardata dalle nostre forze».
… ED EUROPEO
Haftar ha goduto – e certamente gode – anche della preferenza francese, e la Francia in questo periodo ha cercato di intestarsi il timone della crisi libica con un vertice tenutosi la scorsa settimana a Parigi tra il generale e il premier onusiano. In quegli stessi giorni però Serraj ha anche siglato l’accordo bilaterale con Roma, che contemporaneamente ha accelerato la sua diplomazia laterale con una missione operativa a Tripoli dell’ad dell’Eni, la più grande società operativa in Libia. Contemporaneamente, mentre la Francia cercava di muoversi anche nella crisi del Golfo (giocando più sull’asse degli emiratini), là l’Italia ha chiuso definitivamente un’importante: vendita cinque miliardi di euro di navi da fornire al Qatar, una commessa che lo scorso anno Fincantieri ha soffiato ai francesi di Dcns.
Dunque, non c’è da escludere che le minacce di Haftar siano una (classica) mossa propagandistica a doppio effetto, interno ed esterno.