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Cosa penso dei sandali di Agnese Renzi

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Non soddisfatti degli argomenti che Matteo Renzi offre di suo ai loro attacchi sistematici, da sinistra e da destra, ma spesso anche dal frastagliatissimo centro, gli avversari del segretario del Pd hanno incautamente deciso di usare contro di lui anche i sandali della moglie Agnese. Incautamente, perché il troppo stroppia sempre. E può diventare un boomerang.

I sandali della signora Renzi, fotografati e sbattuti in prima pagina come corpi di reato, hanno il torto di costare poco meno di cinquecento euro, alla faccia – si è detto e scritto – della sobrietà imposta alla famiglia di un politico in vista dalle difficoltà di tanta parte della popolazione italiana. Che di quella cifra deve accontentarsi per cercare di campare per un mese. E magari è costretta a camminare scalza, o ad usare scarpe malandate, con le suole bucate.

Tutto questo modo di ragionare e di gridare allo scandalo, o solo di storcere il naso e fare solo battute sarcastiche o allusive, lo trovo francamente rivoltante.

La moglie di Renzi, col suo stipendio di insegnante, avrà pure il diritto di permettersi il lusso di acquistare e mettere ai piedi un paio di sandali di poco meno di cinquecento euro. Che peraltro impallidiscono, come prezzo, rispetto a certi sandali che recentemente ho visto esposti in alcune vetrine romane di Piazza di Spagna.

La signora Renzi avrà pure il diritto, magari, di accettare un regalo del genere dal marito che col suo libro un po’ incautamente titolato Avanti, visto che in parecchie pagine l’autore guarda piuttosto indietro, sta guadagnano un bel po’ di soldini. E ha già riscosso un meritato e usuale anticipo dall’editore.

Moglie e marito Renzi, per non parlare dei figlioli, avranno pure il diritto di usare i piedi per camminare calzandoli come vogliono, e non usandoli per prendere a calci i loro critici o avversari di turno, che pure se li meriterebbero quando usano certi argomenti per le loro guerre e guerricciole di politica o, più banalmente, di malanimo e invidia.

Va bene che a suo tempo, quello degli anni d’oro dell’ascesa politica, quando era difficile immaginarne la rottamazione praticatagli da un giovanotto toscano, Massimo D’Alema cominciò ad avere problemi, diciamo così, di comunicazione con le sue scarpe da un milione delle vecchie e mai abbastanza rimpiante lirette della nostra già seconda Repubblica. Un milione delle vecchie lirette pari peraltro ai quasi cinquecento euro dei sandali della moglie di Renzi in questa torrida estate del 2017. Ma, pur non standomi molto simpatico, difesi allora le scarpe di D’Alema, come mi sento di difendere oggi i sandali di Agnese Renzi.

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