Il regime nordcoreano sta attuando una strategia razionale, guidata dai propri interessi. Tutti gli attori coinvolti vedono un vantaggio nel mantenere un equilibrio del terrore nell’area. Kim Jon-un difende la continuità del proprio regime massimizzando demonizzazione e dissuasione. Pechino ha la priorità di impedire la riunificazione delle due Coree e per questo sostiene Pyongyang, pur avendo scarsi poteri di condizionamento su di essa. L’America ha il medesimo interesse a giustificare la sua presenza nell’area in veste di garante per gli alleati e in funzione anticinese, nonché per vendere sistemi antimissile che altrimenti avrebbe difficoltà a piazzare sul mercato. Così come l’ha la Russia, che inizialmente aiutò la formazione della capacità nucleare nordcoreana come deterrente anche in funzione anticinese, e forse ancora lo sta facendo per predisporre un proxy nel confronto con gli Stati Uniti e per non perdere influenza nell’area.
Pertanto è bassa la probabilità che in quel teatro abbiano luogo eventi bellici destabilizzanti a livello globale, almeno nel breve-medio termine. Potrebbe tuttavia aumentare nel medio-lungo periodo o per errori, sempre possibili in una situazione di continua ed elevata tensione, o per volontà di qualche potenza di utilizzare strumentalmente il regime nordcoreano. Tutti gli attori coinvolti stanno consolidando l’equilibrio del terrore. Questa postura potrà congelare lo scenario per un po’, ma non ridurre il rischio prospettico. Pertanto chi deve disegnare strategie che preservino la stabilità globale è di fronte al dilemma se scegliere il realismo pragmatico o strategico. Nel primo caso la strategia è congelare e rimandare il rischio nel tempo. Nel secondo, invece, è eliminare il rischio ora per evitare che aumenti e si concretizzi in futuro.
Certamente la politica statunitense è alle prese con questo dilemma e ciò giustifica l’apparente indecisione. Probabilmente lo è anche quella cinese, anche se ha scelto temporaneamente di sostenere Kim Jon-un perché i missili nordcoreani colpirebbero Pechino in pochi minuti, quindi non abbattibili, e ciò frena un cambiamento di regime, concordato con l’America, che metta una Corea del Nord più tranquilla sotto controllo cinese, considerando che la Russia non vuole perdere l’influenza su Pyongyang, utile nelle relazioni con Cina, America e Giappone. In conclusione, la scelta del realismo pragmatico appare la più probabile e ciò comporta il congelamento del teatro nel breve-medio termine, ma anche il suo riscaldamento e scoppio in prospettiva. Il mercato può stare tranquillo per un po’, ma non per molto.
(Articolo pubblicato da MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)