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Ecco provocazioni e minacce della Corea del Nord

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Alle sei di mattina (ora locale) di martedì 29 agosto, un missile balistico è partito da una base di lancio a Sunan, dove si trova l’aeroporto internazionale della capitale nordcoreana, Pyongyang, e ha sorvolato ovest-est la porzione inferiore dell’isola giapponese di Hokkaido, lo stretto di Tsugaru, prima di finire in acqua. La traiettoria, tracciata dai sistemi antiaerei sudcoreani, giapponesi e americani, è più o meno quella ricostruita dall’esperto Joshua Pollack, analista del Middlebury Institute of International Studies di Monterey, in California. Allargando l’ottica geografica, sulla stessa direttiva c’è l’Alaska, il territorio degli Stati Uniti che secondo gli analisti, a questo punto del programma missilistico, è raggiungibile dalle tecnologie a disposizione del Nord.

IL MISSILE

Sulla base dei dati finora disponibili, si è trattato di un Hwasong-12 (KN17), un missile balistico a media gittata. Ha viaggiato per 2700 chilometri raggiungendo una quota di 550km, inferiore agli ultimi ICBM (acronimo di Intercontinental ballistic missile) sparati nel mese di luglio. I sistemi radar giapponesi pare abbiano tracciato tre oggetti volanti, ma questo non significa necessariamente che il missile si sia distrutto in volo: anzi, secondo gli esperti è possibile si sia trattato di un vettore a tre stadi, ossia quelli che nel corso della rotta perdono via via componenti. Non ci sono informazioni sull’utilizzo del sistema AEGIS di intercettazione missilistica giapponese.

LA TRAIETTORIA

Il missile ha tagliato lo stretto (Tsungaru) che separa l’isola settentrionale dell’arcipelago giapponese appena a sud del distretto di Hokodate, che è un’area densamente popolata. È possibile che la traiettoria imposta, sopra il tratto di mare, sia stata scelta dai tecnici missilistici nordcoreani per minimizzare il rischio di danni accidentali. Un’eventualità che si sarebbe portata dietro conseguenze notevoli. Il missile è poi caduto in mare a a 1180km ad est di capo Erimo.

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Il ministero della Difesa di Tokyo ha fatto sapere che secondo i propri calcoli il missile avrebbe potuto tranquillamente raggiungere Guam: l’isola, che si trova su una traiettoria molto più sud, è finita la centro della cronaca le scorse settimane perché Pyongyang ha fatto sapere di aver già pronti i piani di attacco per colpire le postazioni americane ospitate (quei piani prevedevano che i missili nordcoreani attraversassero i cieli giapponesi, ma ovviamente seguendo un’altra rotta rispetto a quella testata).

LA REAZIONE 

In Giappone hanno suonato le sirene dell’allarme anti-atomico. Appena tracciato il lancio alla popolazione è stato richiesto di trovare rifugio in edifici sicuri secondo il protocollo del programma J-Alarm. Il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, ha parlato per bocca del suo capo dello staff ed ha definito il test nordcoreano una provocazione “scriteriata senza precedenti”: l’affermazione è data dal contesto, visto che, come fa notare il New York Times, già nel 1998 e nel 2009 altri due missili nordcoreani aveva tagliato i cieli del Giappone, sebbene in quel caso erano stati giustificati con operazioni per la messa in orbita di satelliti.

IL CONTESTO

Però la tensione attuale è talmente alta che il test di Pyongyang assume un valore esponenziale. C’è la sfida diretta agli Stati Uniti, che dall’inizio della presidenza Trump hanno inquadrato il Nord in cima alla lista delle minacce; c’è la disubbidienza alle volontà di Pechino, che sia formalmente sia in modo più velato è impegnata in un’operazione di contenimento, e che detesta i gesti che attirano attenzione internazionale sul regime nordcoreano (che la Cina vuol mantenere sotto la propria dipendenza come cuscinetto strategico di separazione dalla Corea del Sud americanizzata).

KIM È NERVOSO

Da alcuni giorni sono in corso esercitazioni congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud. Si tratta di wargame annuali, che puntualmente mettono il Nord in agitazione. Kim Jong-un detesta queste manovre, le vede come una preparazione a un attacco contro il suo regime, e per diffondere tra la popolazione una sensazione di forza, reagisce muscolarmente. Ha già lanciato tre Scud in mare sabato, come fatto lo scorso anno: ora arriva il test provocatorio sopra i cieli giapponesi. Queste azioni istintive e imprevedibili sono una delle problematiche che la Comunità internazionale incontra nell’affrontare la crisi nordcoreana.

TUTTE LE OPZIONI SUL TAVOLO

Il presidente americano Donald Trump – che è molto concentrato sulla gestione del disastro naturale dell’uragano Harvey che sta colpendo il Texas – ha diffuso uno statement di commento, in cui condanna il test nordcoreano, e annuncia che “tutte le opzioni sono sul tavolo”. Dopo gli ultimi lanci di luglio il presidente americano Trump aveva preso una postura molto severa nei confronti di Pyongyang, minacciando “fuoco e furia” contro il Nord se non avesse mollato il programma nucleare e quello missilistico. La retorica, che dalla Corea del Nord trovava risposta nelle minacce di attacco all’isola/base statunitense di Guam, man mano è scemata in posizioni meno rigide. La scorsa settimana Trump aveva detto che Kim “comincia a rispettarci”.


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