Skip to main content

Tutte le ultime baruffe diplomatiche fra Stati Uniti e Russia

Gli Stati Uniti hanno inviato un ordine alla Russia in cui richiedono la chiusura praticamente immediata (entro il 2 settembre) del consolato di San Francisco e di altri due edifici diplomatici, uno a New York e l’altro a Washington, che Mosca usa come sedi di rappresentanza. Si tratta, in forma esplicitata nel comunicato passato dal dipartimento di Stato, di un misura di ritorsione per una decisione simile annunciata a fine luglio dalla Russia. La richiesta formale è stata anticipata personalmente dal segretario di Stato americano Rex Tillerson in un telefonata al suo omologo russo Sergei Lavrov, che si è detto rammaricato dalla decisione americana e ha fatto sapere che la Russia studierà la mossa e poi provvederà a eventuali risposte. San Francisco, dopo quello di New York, è il più importante consolato russo negli States, anche per la prossimità con un’area strategica come la Silicon Valley fa notare il New York Times.

Il 30 luglio Mosca aveva ordinato la riduzione del personale diplomatico americano che lavora nel paese entro oggi, venerdì primo settembre. La richiesta (o l’ordine, per meglio dire), ufficialmente avanzata dal presidente Vladimir Putin in persona durante un’apparizione televisiva, mirava formalmente a bilanciare il numero degli impiegati degli uffici diplomatici dei due paesi – la Russia ne ha 455 negli Stati Uniti, mentre i reciproci americani erano oltre mille, e dunque Putin ha ordinato il rientro in America a 755 membri del personale diplomatico statunitense. In realtà anche quella era un’altra forma di ritorsione. Nei giorni precedenti, infatti, il Congresso statunitense aveva fatto passare in forma bi-partisan il nuovo pacchetto di sanzioni che di lì a breve il presidente Donald Trump avrebbe reso operativo. Si tratta di misure mirate a colpire il fondamentale comparto energetico russo – con conseguenze anche più ampie verso aziende coinvolte in quel business – e per questo il Cremlino adottò una linea piuttosto dura.

Quella annunciata giovedì è una misura di reciprocità “nello spirito di parità invocato dalla Russia”, ha spiegato nello statement ufficiale la portavoce del dipartimento di Stato, Heather Nauert. La chiusura del consolato di San Francisco non comporterà l’espulsione del personale diplomatico: si ritroverà senza una sede formale, ma l’amministrazione americana ha evitato espulsioni per tenere al minimo le tensioni. Queste azioni, che in gergo diplomatico vengono definiti “tit-for-tat“, sono la parte superficiale di un complicato rapporto che Washington e Mosca stanno portando avanti. Sono distanti i periodi della campagna elettorale in cui Trump prometteva di semplificare le relazioni con la Russia: e le distanze, più che temporali (si parla di meno di un anno fa), sono profonde. Trump si trova a dover gestire parti dell’amministrazione che sono allineate sulla necessità di mantenere una postura rigida nei confronti di Mosca, considerata un elemento di destabilizzazione su diversi quadranti, e queste visioni trovano la sponda dei congressisti (sia repubblicani che democratici).

Giovedì è stato il primo giorno a Washington del nuovo ambasciatore russo, Anatoly Antonov, e l’annuncio dell’amministrazione probabilmente ha avuto anche una tempistica studiata per far sommergere dalle news il debutto del diplomatico.

×

Iscriviti alla newsletter