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Perché mi paiono una farsa le primarie M5s costruite su misura per Luigi Di Maio

Luigi Di Maio e Silvia Virgulti

Ma che roba è questa che hanno apparecchiato i giovanotti e le pulzelle del M5S? Doveva essere la consultazione delle consultazioni, la super prova di trasparenza democratica, la definitiva consacrazione a forza di governo, dieci anni dopo il VaffaDay di Bologna.

Invece questa selezione per il candidato premier (e leader del movimento) si sta rivelando di ora in ora un pessimo surrogato di consultazione democratica.

Succede infatti che oggi alle 12.00 sono scaduti i termini per presentare le candidature al ruolo di aspirante primo ministro per le prossime elezioni di primavera. E succede che si è presentato un solo candidato, cioè Luigi Di Maio, da tutti indicato come il favorito, il predestinato, l’illuminato.

Nessuna traccia di Roberto Fico, meno che meno di Alessandro Di Battista, che hanno spiegato con motivi diversi la loro uscita di scena.

Beppe Grillo è piombato a Roma ieri sera, dicono voci anonime del movimento.

Qualche candidatura minore potrebbe essere stata presentata stamattina, magari ne sapremo di più nelle prossime ore.

I pochi raggiungibili al telefono fanno finta di non sapere, di avere molto altro di cui occuparsi.

Insomma una ridicola commedia degli equivoci, soprattutto per un soggetto politico che ha sempre bombardato di critiche gli avversari per i loro metodi di selezione dei candidati.

Ora sappiamo che Di Maio è il candidato scelto in modo plebiscitario dal movimento, o meglio dai suoi dirigenti.

Non c’è nulla di male, anzi è una piena assunzione di responsabilità da parte di un gruppo dirigente che spesso evita di guardarsi allo specchio, fuggendo dalle proprie responsabilità. 

Il mestiere del dirigente politico è innanzitutto quello di scegliere i candidati per i ruoli elettivi, ben venga quindi questo deciso passo in avanti (che è anche un salutare tuffo nel passato).

In qualche modo oggi finisce la verginità del M5S ed è quindi una gran bella giornata.

La smettano di pontificare, di insultare, di canzonare gli altri.

La lotta politica è una brutta bestia, l’esercizio del potere ancora peggio.

Il movimento sceglie Di Maio come avrebbe fatto il PSDI negli anni ’70, va bene così.


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