L’America di Donald Trump ha davvero imboccato la strada del protezionismo. Ma non per forza questa è una brutta notizia per l’Unione europea e soprattutto per l’Italia. È questo lo scenario che emerge da un corposo studio di Ismea, “L’America First di Trump. Scenari globali per il commercio agroalimentare”, che fa un bilancio dei primi 8 mesi di politica economica della nuova amministrazione americana.
Presentato mercoledì 20 settembre al Centro Studi Americani (Csa) dal direttore generale di Ismea Raffaele Borriello, in un dibattito moderato dal direttore del Foglio Claudio Cerasa cui hanno preso parte il professor Dominick Salvatore, il vicepresidente del Csa Marta Dassù e il ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina, il rapporto delinea dati alla mano quattro scenari possibili per l’agroalimentare europeo e italiano a seconda delle prossime mosse della Casa Bianca.
L’EXPORT ITALIANO
Che l’amministrazione Trump abbia deciso di alzare i dazi sulle importazioni per ridurre il deficit commerciale degli Usa è ormai una realtà assodata. La top list dei Paesi con un surplus commerciale presi di mira dal Tycoon vede al primo posto la Cina, seguita da Giappone, Germania e Messico. Al quinto posto c’è l’Italia, che vanta un export nell’agroalimentare verso gli USA da ben 3,8 miliardi di dollari.
“La mia sensazione è che sull’agroalimentare c’è il terreno per vincere una sfida per non subire questa discussione ma attaccare” chiosa il ministro Martina. A suo parere la chiusura del commercio americano rappresenta “una grande debolezza degli Usa”, cui bisogna rispondere rivedendo “le regole fondamentali del Wto per intervenire di fronte ai cali di reddito e ai rischi della questione climatico-ambientale”.
Il made in Italy che più ha successo oltreoceano arriva sulle tavole statunitensi: svettano su tutti l’olio d’oliva (500 milioni di euro) e il vino (più di 1,3 miliardi di euro). Se però si guarda ai saldi normalizzati, spiega il rapporto Ismea, il surplus italiano che fa irritare Trump “registra l’indice più elevato dopo la Cina, sensibilmente maggiore della Germania e pari a più del doppio della media UE”.
SCENARIO WTO: TRUMP RISPETTA LE REGOLE DEL GIOCO
Il primo e più realistico scenario che emerge dallo studio vede Trump e l’amministrazione Usa aumentare i dazi sulle importazioni giocando alle regole del Wto. Per farlo, è però costretto ad abolire qualsiasi trattamento commerciale preferenziale, a partire dai 14 accordi di libero scambio. “I paesi del Nafta (Messico e Canada, ndr) sarebbero i primi a pagarne le conseguenze” puntualizza Borriello. A tutto vantaggio di quegli Stati che non godono di trattamenti preferenziali con Washington, “a cominciare dall’UE e l’Italia, ma anche la Cina, che troverebbe nuovi spazi per il mercato agroalimentare”.
SCENARIO CINA: TRUMP PICCHIA CONTRO PECHINO E L’ITALIA ESULTA
Qualora il Tycoon decidesse di raddoppiare i dazi facendo crollare del 10,3% le importazioni da Pechino, non avrebbe altra scelta che farlo al di fuori delle regole del Wto. L’idea preoccupa Dominick Salvatore, economista di fama internazionale e stretta conoscenza del presidente: “il protezionismo deve essere usato non in quanto tale, ma attraverso le ritorsioni permesse dal Wto”. Violare le regole significa abbassarsi al livello di Pechino, che “anche se le regole del Wto lo vietano espressamente, finanzia sottobanco dal 20% al 40% le sue imprese per sormontare la concorrenza che non riesce a reggere”.
Eppure dall’altra parte dell’Atlantico c’è chi potrebbe gioire di un inasprimento dei rapporti fra Cina e Stati Uniti. A cominciare dall’Italia che, secondo i dati del Centro Rossi-Doria, a prezzo di un calo dell’1,5% dell’export verso il Dragone, vedrebbe levitare le esportazioni in America del 4,7%, con i salumi (+1,8%) e il settore tessile e della moda (+5%) a fare da pivot.
SCENARI 3 E 4: USA E UE SI FANNO LA GUERRA E NESSUNO CI GUADAGNA
Se invece che contro la Cina la Casa Bianca decidesse di raddoppiare i dazi contro le importazioni da Bruxelles, i flussi europei calerebbero del 3,2% e quelli italiani addirittura dell’8%, con gravissimi danni al settore agroalimentare nostrano (-8,9%). Trump ha già tuonato in passato contro il surplus commerciale europeo, e in particolare con la Germania di Angela Merkel. Il presidente americano “non apprezza l’UE perché è un sistema di sharing della sovranità molto più interdipendente dell’ONU” spiega Marta Dassù.
Una ritorsione di eguale misura dell’UE darebbe forma a uno scenario ancora più drastico: quello di una guerra commerciale fra le due sponde dell’oceano. Il rapporto Ismea parla chiaro, nessuno ci guadagnerebbe: l’export agroalimentare italiano calerebbe addirittura del 9,5% e le esportazioni dell’UE negli States del 4,1%, mentre le esportazioni americane in UE scenderebbero del 5,7%.