Sta assumendo i connotati di una spy story la vicenda romana sul presunto dossieraggio orchestrato prima delle elezioni capitoline ai danni dell’allora capogruppo pentastellato in Aula Giulio Cesare, Marcello De Vito.
Gli ultimi aggiornamenti – riportati con dovizia di particolari dal Fatto Quotidiano – chiamano in causa anche il possibile ruolo che in quel frangente avrebbe giocato Raffaele Marra – oggi in carcere – ma nei mesi scorsi dirigente di punta del Campidoglio e soprattutto braccio destro del sindaco Virginia Raggi.
Sull’ipotesi stanno lavorando i pubblici ministeri che stanno cercando di ricostruire esattamente che tipo rapporti esistessero tra il primo cittadino e Marra.
Una storia ancora lontana dall’essere chiarita che, però, la dice lunga su quale fosse il clima che si respirava all’interno del MoVimento 5 Stelle prima del voto romano. Secondo la ricostruzione di Marco Lillo – del giornale diretto da Marco Travaglio – ci sarebbe stata un’autentica campagna all’interno del movimento per delegittimare De Vito e azzoppare la sua candidatura a Roma. Attacchi che sarebbero stati orchestrati da Raggi e dagli altri due consiglieri comunali pentastellati dell’epoca: l’attuale vicesindaco Daniele Frongia e il presidente della commissione Mobilità Enrico Stefàno.
L’accusa – poi rivelatasi falsa mossa a De Vito – sarebbe stata quella di aver effettuato un accesso agli atti che avrebbe potuto configurare il reato di abuso di ufficio. Lo stesso De Vito – secondo quanto scrive sempre Lillo – avrebbe anche pensato di denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine: “Dopo essere uscito acciaccato dall’accusa, l’allora capogruppo ha preparato con i suoi consulenti legali un esposto. Voleva consegnarlo ai pm ma poi ha preferito non puntare il dito contro i suoi tre colleghi. Il Fatto ha visionato la bozza di esposto con le accuse ipotizzate allora con i suoi consulenti legali nel momento di rabbia: diffamazione, calunnia e falso, questi erano i reati ipotizzati a fine febbraio dall’avvocato De Vito a carico del suo sindaco e degli altri due compagni“.
Il fatto politico più saliente risale invece ai primi giorni del 2016: è il 7 gennaio – ricostruisce Lillo – quando Raggi, Frongia e Stefàno organizzano una riunione con alcuni dei principali esponenti pentastellati cui partecipa anche De Vito: “Quel giorno ci sono anche i deputati Carla Ruocco e Alessandro Di Battista , Roberta Lombardi, Paola Taverna e i responsabili della Comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi. E’ in questa sede che De Vito viene accusato di abuso di ufficio per l’accesso agli atti del 19 marzo 2015. Frongia – sempre secondo la ricostruzione fatta allora da De Vito – sventola anche un parere legale. De Vito nella bozza di esposto chiede di appurare chi fosse l’avvocato che voleva inchiodarlo. Il suo nome resta un mistero. Comunque dopo questa riunione, De Vito invia una mail alle 20,30 nella quale spiega che l’accesso agli atti era stato fatto dopo una richiesta proveniente dal M5S della Regione Lazio e allega la mail dell’avvocato Paolo Morricone, vicino alla Raggi tanto che a maggio ha poi scritto a Il Fatto una lettera di lamentele per un nostro articolo“.
Bisogna ricordare come De Vito sia tradizionalmente vicino a Roberta Lombardi, mentre Alessandro Di Battista – insieme anche a Luigi Di Maio – a Virginia Raggi.
Le accuse contro l’attuale presidente del consiglio comunale di Roma furono smontate, ma anche quell’episodio contribuì ad affossarne la candidatura a sindaco della Capitale.
Frongia – come riporta lo stesso Fatto Quotidiano – ha sempre smentito questa ricostruzione: “Non è vero niente. Marra non aveva nessun contatto con noi in quel periodo. E’ documentabile e l’accusa si può smontare facilmente. Non è vero nemmeno che io abbia sventolato un parere contro De Vito. Non c’è nessun esposto contro di noi“.
Nella gallery i protagonisti dei tramestii romani dei Cinque Stelle.