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Le radici non solo cristiane dell’Europa

In occasione della celebrazione dei cinquant’anni dei Trattati europei, Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione sul ruolo del Cristianesimo per il futuro dell’Europa. Il Vecchio Continente appare stanco e frustrato, incapace di riconoscere le sue radici: d’altronde la negazione delle radici cristiani nel Trattato costituzionale, poi bocciato da Francia e Olanda, ne è una delle testimonianze più eloquenti. L’esortazione del Pontefice non è solo un giusto e legittimo riconoscimento della religione e della cultura cristiana, ma anche una doverosa sottolineatura della storia del Continente e della sua radice filosofico-concettuale. La lettura che ne danno invece i laicisti è del tutto diversa. Secondo questi ultimi, mettere in evidenza il Cristianesimo come radice di una comune casa europea equivarrebbe a ledere il diritto della libertà dei popoli e dei singoli. Si dice: non tutti sono cristiani, potremmo urtare la sensibilità di alcuni. Ma sarà davvero così? Non sembra, visto che il Cristianesimo si è rifatto alla cultura dei greci e dei romani, all’edificio filosofico dei primi e alla costruzione giuridica dei secondi. Altri laicisti invece obiettano che insieme al Cristianesimo si devono anche “inserire” le radici illuministe dell’Europa. E dove sarebbe lo scandalo? Uguaglianza, libertà e fraternità nella nuova carta costituzionale europea avrebbero rappresentato un richiamo implicito all’insegnamento cristiano secondo cui gli uomini nascono tutti uguali (per dignità), liberi di scegliere (nelle loro azioni) e fratelli (di un’unica famiglia). La fratellanza, a differenza di libertà e uguaglianza non ha contribuito a dare fondamento ad alcuna ideologia politica. Mentre la libertà ha posto l’accento sul singolo e l’uguaglianza invece sui più, la fratellanza può mitigare le tendenze di un liberismo sfrenato ed egoista e di un egualitarismo livellante e “immeritocratico”. Il futuro della politica, e anche della politica europea, deve misurarsi con la fratellanza. Con il riconoscimento dell’altro nella relazione umana, che è anche relazione politica. Per questo il richiamo alle radici cristiane del nostro continente non è un atto di asservimento alla Chiesa o al Papa, ma rappresenta una lettura attenta di quello che siamo stati (ma siamo sicuri che tutti ne sono consapevoli?) e di quello che vogliamo essere, o non vogliamo più essere (vedi gli errori compiuti nel passato). Il richiamo alla nostra storia e alla nostra cultura: greco-romana, cristiana e anche illuminista, nel senso più kantiano possibile è condizione necessaria e sufficiente per fissare un punto fermo di riconoscimento della nostra identità.

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