Il terzo congresso dell’Udc si è concluso ma la sfida di Casini e Cesa è appena iniziata. L’organigramma del partito non è cambiato ma la sua missione sì, e in profondità. Non si può dire se questa riuscirà o meno, o con quali risultati. Di certo c’è che questo congresso è stato utile a cambiare pelle alla formazione nata sei anni fa dall’unione di più cespugli post-dc. Bastava essere presenti alla nuova Fiera di Roma per percepire l’aria nuova. Non solo un allestimento ed una scenografia che hanno fatto provare invidia persino a Berlusconi ma anche un pubblico di delegati e di curiosi meno “dc” del passato. Giovani e donne hanno riempito una platea in cui il tentativo di coniugare modernità e passato è apparso meno difficile. Per la prima volta, poi, c’è stato il voto. Sia sul segretario che su mozioni tematiche. Cesa ha (stra)vinto: qualcuno dirà che era scontato. Sarà, ma la sua linea politica era meno accomodante del previsto e il fatto che Giovanardi arrivasse alla conta è un successo sia per Casini che per Cesa. La novità più importante appare però il voto sulle mozioni. Gli oltre 1500 delegati hanno confermato la loro preferenza per il modello tedesco ma hanno anche sostenuto qualificanti ordini del giorno in materia ambientale e di pensioni. Quest’ultimo, un documento preparato da quello che si può considerare un vincitore del congresso: Bruno Tabacci. La relazione di Casini ha infatti sposato in pieno le tesi economiche e di modernizzazione del ‘grillo parlante’ del partito. Che, avendo elaborato con Baccini, un manifesto politico accolto dalla segreteria, da ieri è molto meno isolato nell’Udc. L’altro vincitore morale dell’assise centrista è Gianni Letta. Presente tutti e tre i giorni del congresso, si è confermato quel leader del partito dell’Armonia come l’aveva definito Tatarella. La sua non è stata una testimonianza di cortesia, ma qualcosa di più e di più grande. Il migliore consigliere del Cav. ha sempre tessuto la tela di un dialogo con la parte moderata della coalizione. Se non c’è stato uno strappo definitivo è anche merito suo. Lo stesso ancoraggio di FI alle posizioni più tradizionali del Ppe sono un risultato cui Letta ha contribuito. Insomma, il congresso dell’Udc ha sancito ancora una volta il suo ruolo centrale e insostituibile nel centrodestra. E nel futuro dei moderati non mancherà Casini, il cui intervento ha avuto il pregio della chiarezza anche rispetto al futuro che lo attende: intercettare il consenso dei delusi del Pd e allargare l’orizzonte dell’Udc. Andare oltre il presente, sfidare la logica asfissiante di questo bipolarismo: questa la difficile partita dell’ex presidente della Camera. Da ieri è ufficialmente in campo, con tutti gli onori e gli oneri.
Il nuovo stile dell’Udc e il rilancio del centro
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