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L’anomalia italiana

L’Italia non è mai stata considerata davvero un benchmark internazionale fra i sistemi politici. Eppure, da Machiavelli in poi, l’arte della politica è stata considerata una nostra specialità, ancorché interpretata con un piglio di fantasia a volte non intelligibile dagli stranieri. Da qualche tempo non è più così. Il nostro Paese è sempre più frequentemente considerato ‘anomalo’. Negli anni del governo di Silvio Berlusconi, gli osservatori internazionali hanno più volte messo sotto accusa il ruolo di leadership di un importante tycoon televisivo. Non è bastata la successiva ascesa di Bloomberg per eliminare quel (fastidioso) atteggiamento di scetticismo nei confronti del Cavaliere. Niente di paragonabile però con la sorpresa di tutti i più incalliti sostenitori della causa dell’anomalia di Forza Italia quando si sono resi conto che in Italia si era nel frattempo affermata un’anomalia ancora più grande, e più preoccupante. Il nostro è l’unico Paese occidentale in cui l’estrema sinistra, comunista, è al governo e con un ruolo di guida del processo politico. Mentre in tutta Europa, la sinistra è sconfitta o è comunque impegnata in una seria ‘autoanalisi’ per aggiornare le proprie categorie, da noi scende in piazza con la bandiera rossa, falce e martello, e arriva ad occupare i gangli del governo. Con risultati di eccezionale portata. Negativa.I fenomeni legati alla globalizzazione impongono una competizione assai più dura e larga di quella conosciuta in passato. La stessa dimensione del mercato si è estesa oltre confini che apparivano impensabili fino a pochi anni fa. Questo ha determinato uno ‘shock’ nel Vecchio Continente. Subito però tutti i governi hanno preso le contromisure. Dalla Spagna all’Irlanda, dal Portogallo alla Germania è scattata una gara a rafforzare i propri campioni nazionali e attrarre gli investimenti stranieri. La politica economica è diventata il terreno su cui le principali forze politiche europee collaborano nell’interesse generale. Esempio formidabile è la Spagna: Zapatero ha introdotto numerose novità rispetto al precedente governo di Aznar ma non ha cambiato di una virgola le grandi scelte economiche e industriali. In Germania c’è addirittura una grande coalizione che, per quanto foriera di molte critiche, ha fatto tornare quel Paese ad essere considerata la locomotiva d’Europa. Gli esempi sono numerosi e possono continuare tanti sono i Paesi europei. Con una sola eccezione: l’Italia. Da noi, si è scelta una strada opposta.Altrove si favoriscono le imprese? In Italia accade che il presidente della Confidustria deve denunciare in più occasioni le politiche anti-industriali del governo. Anti industriali: solo pensarlo fa venire i brividi ma è così, purtroppo. Non c’è progetto o riforma varata nella legislatura precedente che non sia oggetto di un contro-riformismo. Sembrerà legittimo che un governo dimostri le proprie differenze con quello cui si è opposto negli anni passati. Sembrerà, appunto. Perchè un Paese in cui ogni volta che cambia la maggioranza cambiano le regole non è un Paese in cui sarebbe saggio investire. Come se non bastasse, poi, la sinistra italiana è intervenuta retroattivamente. Già! Esistevano contratti e impegni dello Stato nei confronti di aziende, banche ed enti finanziari, parliamo di Cip6, di convenzioni con le Autostrade, di convenzioni con le imprese per l’Alta Velocità. Su tutti questi impegni – tutti per la verità assai discutibili – il governo è entrato a gamba tesa cambiando le regole del gioco a partita iniziata. Risultato? Investitori internazionali rimasti a bocca aperta, e asciutta.Non solo. L’ambiente è motivo di grandi dibattiti in tutti i Paesi occidentali. Cresce infatti la consapevolezza di uno sviluppo ecosostenibile. E se la sinistra fatica ad aggiornare il proprio vocabolario verde, ecco che anche a destra questi argomenti diventano oggetto di approfondimento e di battaglia politica. Provare a chiedere a Cameron e Schwarzenegger per credere. In Italia invece la sinistra è sinonimo di catastrofismo e di potere di veto. Da noi pianificare investimenti industriali risulta solo un atto di incomprensibile arroganza. Come fare ad avere le autorizzazioni da tutti i numerosi decisori? Non c’è opera significativa cui non si richieda una valutazione d’impatto ambientale. Bene, se non fosse che questo strumento è diventato un’arma politica in mano agli ambientalisti per bloccare iniziative industriali. Da un anno non c’è più una Via autorizzata. Il Paese è bloccato ed ogni euro non investito nel Belpaese finisce per alimentare le economie dei nostri vicini. Con il risultato di essere sempre più poveri e senza futuro.La sinistra ovunque nel mondo è in crisi di identità. Alcuni partiti socialisti o socialdemocratici hanno fatto passi in avanti molto significativi (in Inghilterra ad esempio), altri languono (in Francia per restare ad un esempio). In nessun Paese accade però quel si è determinato da noi: la prevalenza della cultura comunista e radicale e l’identificazione della propria ragione d’essere con la ‘missione’ di sconfiggere il Nemico (in questo caso, Berlusconi). Una volta battuto (d’un soffio) il centrodestra, la sinistra italiana ha rivelato – anche ai suoi stessi elettori – tutte le sue contraddizioni. La vocazione anti-industriale, l’incapacità di progettare un welfare finanziariamente e socialmente sostenibile, la tendenza ad un approccio anti-clericale che non tiene conto delle radici culturali del Paese. A partire dal numero record dei ministri e dei sottosegretari, il governo della sinistra ha brillato solo per le sue gaffes e i suoi errori. Una finanziaria tremenda di oltre mille commi (quando arrivò alla Camera, i tecnici denunciarono pure gli errori banali di aritmetica), un indulto mal scritto, una legge sulla droga bocciata dal Tar, una proposta sui Pacs che ha visto la Chiesa scendere in campo senza mezze misure. Per non parlare dell’interventismo in economia (altro che liberalizzazioni) e della politica estera. Nonostante un ministro di enorme valore come Massimo D’Alema, con la scusa di recuperare la tradizione democristiana, il governo si è arzigogolato lungo frontiere che l’hanno allontanato dagli Americani e – beffa delle beffe – anche dalle grandi scelte europee. Non era mai accaduto che ambasciate e cancellerie straniere intervenissero così pesantemente nelle scelte italiane di politica estera. Eskimo e grisaglia è il paradigma che piace al comunista chic Fausto Bertinotti, terza carica dello Stato che non raramente si imbatte in ‘incidenti diplomatici’. E’ un paradigma incomprensibile nel resto nel mondo e forse neppure in Italia.Ovunque, lo scontro politico tende ad essere polarizzato in due o poche più forze politiche. E’ inevitabile quindi che la divisione nelle categorie tradizionali di destra e sinistra resisteranno. E’ altrettanto evidente che queste categorie sono in costante aggiornamento perché in costante aggiornamento è la politica e i problemi che questa deve affrontare e cercare di risolvere. La sinistra dunque è destinata a cambiare pelle e a resistere, dappertutto. La destra (e il centro) sembrano essere in una fase più propizia. In generale, l’approccio liberale consente di interpretare meglio, più agevolmente, i cambiamenti economici e sociali del pianeta. L’Italia da questo punto di vista è in clamoroso ritardo. Lo è in parte il centrodestra, lo è in maniera drammatica la sinistra. Con l’aggravante che mentre nei cinque anni della Casa delle Libertà ci si può lamentare di non essere riusciti a fare alcune riforme, in questi mesi di governo della sinistra il saldo dei disastri economici e politici è enorme. Il prezzo che hanno pagato i cittadini per la mancanza di coraggio del centrodestra è stato minimo. Il conto che la sinistra offre al Paese è altissimo, troppo. Continuando così, il risultato sarà che la sinistra non avrà più un futuro in Italia. E che sia la stessa Italia a compromettere il suo futuro con questo governo ‘anomalo’ di comunisti.

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