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Ma il modello tedesco non è neo-Dc

Caro direttore, l’estate è tradizionalmente la stagione in cui si pronosticano nuovi scenari e disegnano nuove leggi elettorali. Come un orologio svizzero ecco quindi tornare in auge il dibattito sulla tentazione neo-centrista. Ugo Magri dalle colonne de La Stampa ha voluto mettere in guardia i lettori e la classe dirigente dal Pd: gli ammiccamenti su una legge elettorale tedesca nasconderebbero il tentativo – da non sottovalutare, secondo Magri – di una rifondazione della Balena bianca. Poiché il sogno proporzionale agitò anche l’agosto di due anni fa, prendendo poi la forma del Porcellum, è comprensibile il terrore di un bis. Ma proprio la memoria di quel che accadde alla fine della scorsa legislatura può aiutare a riflettere oggi, senza pregiudizi. Allora, il segretario dell’Udc Follini rinunciò alla battaglia campale sulla leadership di Berlusconi chiedendo il varo di una legge proporzionale. Scritta con l’obiettivo di superare questo bipolarismo, non determinò alcuna novità sullo schema delle alleanze. Morale: non è sufficiente una legge elettorale ‘affine’ per rivoluzionare il quadro politico.

Il modello che caratterizza la Germania può piacere o no, ma non merita di essere demonizzato. Se non taroccato con trucchi italici, può consentire alternanza, polarizzazione del consenso, stabilità. L’equivalenza con la ‘palude neo-dc’ è francamente una forzatura. Allo stesso modo, e per le stesse ragioni, va detto che far dipendere dal sistema di voto una migliore sorte per i partiti di centro è una pia illusione. La Dc – pur in un contesto irripetibile (Guerra fredda, democrazia bloccata) – aveva un progetto di governo abbastanza omogeneo e soprattutto un consenso robustissimo. Si capisce quindi il sorriso scettico di Magri quando sottolinea il paradosso che a parlare di ‘grande centro’ sia uno come Mastella che di voti non ne ha proprio tantissimi. Per questo, credo occorra distinguere i due piani del ragionamento, quello relativo alla legge elettorale e quello relativo alla sintesi delle forze politiche. Su quest’ultima, ciò che è prevalente sono i consensi.

Perché Forza Italia si può permettere un allegro slalom fra i modelli tedesco, francese e inglese? Semplice: non ha nulla da temere. Quale che sia la legge elettorale, Berlusconi sa di avere la maggioranza relativa dei voti. La sfida dei centristi, e dell’Udc in modo particolare, è come rafforzare la propria identità, il proprio programma e – non da ultimo – il proprio radicamento elettorale. Un mese fa a L’Espresso Casini ha detto “d’ora in poi prometto di querelare chi dice che noi siamo di centro, io voglio essere percepito come modernizzatore”. Eccellente premessa: invece di improbabili Armate Brancaleone e di vani tormentoni sulla leadership, un progetto politico più solido. C’è da sperare che questo salto di qualità per l’Udc avvenga, così come c’è da augurarsi che riesca la costruzione del Pd. Partiti più solidi (e meno numerosi) possono aiutare tutta la politica e il suo difficile rapporto con i cittadini.

Cordialmente,

Paolo Messa – curatore della rivista mensile ‘Formiche’

La Stampa, 11 agosto del 2007

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