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La Francia – Gulliver laboratorio d’Europa

La luna di miele tra Sarkozy e i suoi concittadini continua. I sondaggi di gradimento lo danno sempre intorno al 60 per cento, come 120 giorni fa al momento della vittoria elettorale. Grande merito di certo va all’opposizione socialista, ancora stravolta dalla sonora sconfitta dovuta all’enorme errore strategico di avere cercato di muoversi dentro la giacca stretta e grigia della ricetta liberista ed europeista imposta da Bruxelles, cedendo così l’agenda del liberalismo – della tutela dei diritti (soprattutto dei più deboli) e dell’imposizione dei doveri (per tutti) – nelle mani di chi ne ha capito la portata rivoluzionaria per l’Europa del XXI secolo: Nicolas Sarkozy.

E’ anche vero che questa luna di miele volgerà ben presto al termine, rimpiazzata o da una grande delusione collettiva o da un rinnovato e più strutturale entusiasmo ed orgoglio nazionale. Il tutto si gioca, anche e soprattutto, sulle riforme economiche e sociali promesse in campagna elettorale, che hanno sedotto la Francia e che dovranno trovare una loro coerenza entro la fine dell’anno all’interno della prima manovra finanziaria proposta dal premier François Fillon.

Meglio sgombrare subito il campo da possibili equivoci: la polemica di Sarkozy con le istituzioni europee, ampiamente ripresa dai giornali italiani, è fenomeno che non scandalizza più di tanto i francesi e che non cattura lo spazio dei giornali transalpini. I francesi, anzi, appoggiano Sarko e la  polemica è da lui sapientemente utilizzata anche per mantenere alta la sua popolarità nei sondaggi, così da affrontare da posizioni di forza l’inevitabile scontro sulle riforme. Quasi nessuno, in Francia, trova disdicevole criticare una Banca centrale europea, che con la sua politica monetaria permette il mantenimento del tasso di cambio col dollaro a livelli astronomici, anche a fronte di un peggioramento delle aspettative cicliche. E viene da sorridere alla nemmeno poi tanto fine ipocrisia di un Eurogruppo che sollecita la Francia a una riduzione del deficit pubblico da accompagnare alle riforme strutturali promesse da Sarkozy, quando negli ultimi anni, a Bruxelles, si è abbondantemente concesso che appunto l’avvio delle riforme giustificava un esonero dal raggiungere immediatamente il pareggio di bilancio. Comunque, al di là delle considerazioni tattiche, va riconosciuto che la pressione che esercita Sarkozy sulle istituzioni europee è un bene pubblico per l’Europa tutta: obbliga queste ultime a riflettere sui propri obiettivi, ne garantisce una loro maggiore responsabilità a fronte di decisioni sbagliate e così facendo le forza a tenere maggiormente in conto gli interessi dei più deboli, come le piccole imprese o i lavoratori, che nei momenti di difficoltà economica hanno meno armi a disposizione per garantirsi un futuro sereno e necessitano di vedere rappresentata vigorosamente l’enfasi delle politiche economiche sulla crescita, piuttosto che sulla stabilità di deficit ed inflazione.

L’uomo che vuole risvegliare l’Europa dal suo torpore tecnocratico viaggia verso Budapest  per recuperare il prestigio perso nei confronti dei paesi recentemente entrati nell’Unione Europea a causa del predecessore Chirac che, in piena crisi irachena, li aveva seccamente redarguiti per la loro posizione filoamericana. Spera così anche di guadagnare alleati preziosi nella sua battaglia contro l’establishment di Bruxelles che non vede l’ora di scavare dentro i conti del suo bilancio per coglierlo in castagna: Sarko appare come Gulliver, circondato da tanti piccoli lillipuziani impegnati quotidianamente nella controversia sul modo più corretto di rompere le uova, se dalla parte più grossa o da quella più piccola. Speriamo che anche lui non sia costretto, come l’eroe di Swift,  alla fuga dopo una condanna esemplare a seguito di una congiura di Palazzo.

Nel frattempo la nave di Sarkozy rischia di infrangersi su ben più acuminati scogli, quelli della sua  non tanto segreta ambizione di fare della nazione francese un laboratorio sociale simile a quello americano, capace di promuovere meritocrazia e incentivi per chi lavora e si afferma, assieme a tutele per gli attori più piccoli del mercato. Il primo pacchetto fiscale di misure recentemente varate dal Consiglio dei ministri va in questa direzione, anche se con misure a volte dal contenuto altamente simbolico. Detassazione dei redditi da straordinari, credito d’imposta sulle spese per interessi sui mutui per la casa principale, imposte sui patrimoni ridotte in caso di investimento in piccole imprese, ricerca o università, abbattimento dell’imposizione fiscale per gli studenti-lavoratori, limiti sia alle liquidazioni milionarie per manager che alle stock options: sono tutte misure che si inquadrano in maniera coerente con quanto dichiarato in campagna elettorale. E che certamente non dispiacciono alla maggioranza della popolazione.

Ma Sarkozy ha promesso ben di più. Proprio oggi esporrà le sue prime proposte di riforme dello stato in una conferenza attesissima. Il menu prevede la già preannunciata abolizione dei regimi pensionistici di favore per speciali categorie di lavoratori (ferrovieri, militari, deputati, ecc.) che, secondo i sondaggi, il 72% dei cittadini condivide ma che sindacati in evidente affanno ostacolano; nonché l’avvio della riforma dello stato con un ridimensionamento per il 2008 di 22.800 posti di lavoro nella pubblica amministrazione, specialmente nella scuola e nella difesa, tramite il mancato reintegro dei posti lasciati scoperti da chi è andato in pensione. Se riuscirà a convincere i suoi interlocutori sindacali avrà fatto un passo di notevoli dimensioni per avviare la Francia verso un nuovo modello di sviluppo, mantenendo intatto il proprio prestigio nazionale e forse riuscendo anche a contenere le inevitabili proteste di piazza che seguiranno.

Quelle inaugurate dal presidente francese sono battaglie e riforme di cui si discute da qualche tempo in Italia, con esiti sempre interlocutori. Chissà che il successo di questo Gulliver non spiani la strada alle riforme anche in Italia. Sarebbe giusto che tutti noi tifassimo per un’altra vittoria di Monsieur Sarkozy.

Il Foglio, 18 settembre del 2007

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