Il tragico delitto di Cogne continua a tenere banco in cronaca. Una madre che uccide il proprio figlio non passa certo inosservata, a maggior ragione quando la omicida punta alla spettacolarizzazione del delitto, senza pietà e senza cuore. Oggi la sentenza di appello che dichiara (anche se non ce ne era bisogno) “l’efferatezza” dell’atto che portò alla morte del piccolo Samuele Lorenzi, e tuttavia constata le “attenuanti per conflitto psicologico” della madre insana e parla di “scontro di testardaggini”, ossia di un bimbo iperattivo e di una mamma stressata che lo uccide. Vengono i brividi, soprattutto perchè ci si chiede come mai nessuno fino ad oggi abbia accusato il padre di Samuele di tacita complicità con sua moglie; colui che ha persino fatto un altro figlio con quella stessa donna che gliene aveva già tolto uno, con la stessa leggerezza di un acquisto all’ipermercato il sabato pomeriggio.
Cogne: quel dolore che non ha fine
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