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Cose Turche

Doveva essere il giorno del referendum. E invece è stata una domenica di sangue, per la Turchia. Prima l’agguato dei separatisti curdi al confine con l’Iraq e l’Iran, nella provincia sudorientale di Hakkari, costato la vita ad almeno sedici soldati (ma ci sono anche 17 feriti e una decina di dispersi). Poi la rappresaglia decisa da Ankara, con i bombardamenti dell’artiglieria turca su alcuni villaggi del Kurdistan iracheno: secondo l’esercito, 23 ribelli del Pkk sono stati uccisi. E intanto il Paese viene scosso anche da un attentato compiuto con un ordigno contro un minibus nel sudest: un morto e otto feriti (tra l’altro l’esplosione è avvenuta nella stessa zona dell’agguato ai soldati). Alle morti si aggiungono altri eventi che avranno sicuramente strascichi politici nei prossimi giorni: il Pkk avrebbe infatti catturato alcuni soldati turchi. Potrebbero essere quelli coinvolti nell’agguato avvenuto nella provincia di Hakkari e che risultano ufficialmente dispersi. E migliaia di dimostranti hanno manifestato ad Amadiya, nel Kurdistan iracheno, contro la recente mozione del Parlamento turco sulle operazioni militari contro le basi dei guerriglieri del Pkk nel nord dell’Iraq.

I venti di guerra che spirano in Turchia spingono in secondo piano il referendum sul pacchetto di riforma costituzionale. Cinque i quesiti, ma il più importante è l’introduzione dell’elezione diretta del capo di Stato. Il progetto -che prevede anche una riduzione della legislatura da cinque a quattro anni e del mandato presidenziale da sette a cinque – è stato voluto dal primo ministro, Recep Tayyp Erdogan, alla luce del contrastato iter per l’elezione alla presidenza Abdullah Gul, il primo musulmano a capo dello Stato, cui si opponevano i militari garanti della laicità della Costituzione. Gul è stato poi eletto grazie alla travolgente vittoria nelle elezioni anticipate del 22 luglio del partito del premier, l’islamista-moderato ‘Giustizia e Sviluppò (Akp). La consultazione non suscita tuttavia l’interesse dell’elettorato e l’affluenza dovrebbe essere lontana da quell’85 per cento nelle politiche. A influenzare l’andamento del voto, probabilmente, anche le cattive notizie provenienti dal confine.

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